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I vaccini: corsi di formazione per il nostro sistema immunitario

Stiamo vivendo la pandemia di COVID-19, è un periodo orribile e, più che migliorare, la situazione ci ha obbligati ad adattarci ad essa. Sono due anni che continuiamo a combattere, sembra non finire mai. In due anni un bimbo inizia a parlare e sa già camminare. In due anni (utopisticamente parlando) si consegue una laurea magistrale. In due anni si capisce se presumibilmente una persona che prima ci era estranea sarà adatta per accompagnarci per il resto della nostra vita. Insomma, due anni sono tanti: com’è possibile allora che, nonostante i vaccini, siamo ancora qui ad indossare la mascherina per andare a comprare due chili di banane? Semplicemente bisogna essere pazienti ed avere fiducia nella scienza, dopotutto i vaccini funzionano, la prova? Se nomino il vaiolo non vi vengono in mente immagini atroci, ma solo una parola connessa ad una malattia generale.
Il vaiolo è una malattia infettiva così antica che non si sa nemmeno per certo quando possa essere comparsa, si stima che il primo caso certo risalga a tremila anni fa. Questo virus ha iniziato a diffondersi considerevolmente solo nel XVI secolo (non prima, a causa della scarsa popolazione umana presente all’epoca; siamo arrivati al miliardo solo nei primi dell’Ottocento) e ha causato la morte di 300-500 milioni di persone durante tutto il suo lungo soggiorno. Ma ormai non se ne sente nemmeno più parlare: è stato eradicato a livello mondiale nel 1979 grazie ai vaccini.

Ma i vaccini non erano un’arma di distruzione di massa?
Proprio no. Sono stati scoperti proprio grazie al vaiolo nel 1796 e non è una coincidenza che, a soli 150 anni da questa grande scoperta, questa malattia infettiva sia stata cancellata dalla faccia della terra, letteralmente. Ma vediamo come si sono sviluppati: ai tempi della scoperta dei vaccini, c’erano diverse versioni del vaiolo. Tra queste, una bovina molto leggera e una umana molto più grave. I contadini dell’epoca, avendo a che fare con le mucche, contraevano la prima di queste versioni. Si ammalavano, guarivano e magicamente non contraevano più la malattia, nemmeno la versione umana. A un certo punto a Edward Jenner, osservando questo fenomeno, venne un’idea: prelevò da una donna che aveva contratto il vaiolo bovino del materiale presente all’interno di una pustola e, senza troppi scrupoli, la iniettò in un bimbo di otto anni. Dopo alcuni mesi allo stesso bimbo venne iniettato anche del materiale contenente del vaiolo umano, ma essendo ormai immune, questo non contrasse la malattia. Questa è la base di tutti i vaccini, né più né meno, ma cerchiamo di capire meglio come funziona.

Edward Jenner vaccina un bambino (E.E. Hillemacher, 1884). 

Il nostro sistema immunitario combatte gli agenti estranei attraverso due modalità.
Immunità aspecifica: è la prima barriera dell’organismo nei confronti di un patogeno. Questa è rappresentata ad esempio dalla cute, dalle mucose o ancora dalla nostra temperatura corporea. Superata questa, la situazione viene lasciata nelle mani della seconda modalità.
Immunità specifica: quando ormai l’agente infettivo è all’interno del nostro organismo, deve essere debellato. Se il nostro sistema immunitario ha già incontrato una volta questo agente allora nessun problema, troverà ad accoglierlo una squadra specializzata che lo accompagnerà all’uscita, i cosiddetti linfociti T della memoria. Se invece si tratta di un primo appuntamento, il nostro sistema immunitario ha bisogno di creare un piano d’attacco perché non sa chi sta affrontando. Recluta una task force ad hoc al fine di studiare, conoscere e quindi sconfiggere il nemico, e questo come si può immaginare è un processo che richiede tempo. Tempo che può essere usato dal patogeno per crescere, diffondersi e varcare quella linea di confine tra una situazione ancora recuperabile ed una situazione di prognosi nefasta.

Fatte queste premesse, è intuibile il funzionamento dei vaccini in questo processo: attraverso la somministrazione di un vaccino si fornisce al nostro sistema immunitario un fascicolo completo di tutte le informazioni riguardanti uno specifico patogeno, in modo tale che quando questo si presenterà, troverà ad aspettarlo dei nuovi linfociti T della memoria, non impreparati questa volta, che potranno combatterlo con un’efficienza molto maggiore e in un tempo molto minore rispetto a come accadrebbe se si trattasse invece di una prima volta, perché un vaccino non è altro che un corso di formazione accelerato che il nostro sistema immunitario deve seguire per non essere colto alla sprovvista al primo incontro con un nuovo agente infettivo.

La scoperta dei vaccini è stata una vera manna dal cielo, e se ogni giorno non malediciamo l’esistenza della poliomielite, della pertosse, del tetano, della meningite, del morbillo e tanto altro è solo grazie ad Edward Jenner, che a 199 anni dalla sua morte ci permette di stare tranquilli, seduti come dei gamberetti alle nostre scrivanie a lamentarci della presenza del 5G nei vaccini mangiando patatine gusto paprika.

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