Cultura

I sommersi e i salvati: giornali a rischio

di Erica Gazzoldi
Ha fatto discutere, in questi giorni, l’annuncio di Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’editoria, nel corso della sua audizione in commissione Cultura alla Camera. Ossia, stando alle sue dichiarazioni, a partire dal 2012, saranno avviati tagli dal 30% al 50% sul fondo per l’editoria.

Il Fondo per le agevolazioni di credito alle imprese del settore editoriale fu istituito dalla legge del 7 marzo 2001, n. 62: Nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla L. 5 agosto 1981, n. 416. La quale trattava di Disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l’editoria, prevedendo anche contributi per la stampa italiana all’estero (art. 26) e un fondo per i contributi in conto interesse a carico del bilancio statale, istituito presso la Presidenza del Consiglio, al fine di promuovere la stampa quotidiana e periodica (art. 29). La L. 7 marzo 2001, n. 62 confermava sostanzialmente ciò, almeno fino alla riforma dell’organizzazione del governo (decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 e 303). Affermava anche che al Fondo sarebbero affluiti: le risorse finanziarie stanziate a tale fine; il contributo dell’1% trattenuto sull’ammontare di ciascun beneficio concesso; le somme non corrisposte su concessioni effettuate; le somme disponibili all’entrata in vigore della suddetta legge. Il Fondo avrebbe finanziato ristrutturazioni ed ampliamenti degli impianti, l’informatizzazione, la distribuzione e la formazione professionale, a patto che le imprese editoriali interessate presentassero dettagliati progetti in merito.

Il sostegno all’editoria è una voce presente nella legge di stabilità 2011, approvata dal Senato il 7 dicembre 2010 su un disegno di legge presentato dal ministro Giulio Tremonti. La sera del 2 novembre 2011, una riunione straordinaria del Consiglio dei Ministri ha dato il via libera all’esecuzione. Essa mira, appunto, a mantenere stabile la crescita del PIL per il triennio 2011-2013.
All’editoria, secondo la legge di stabilità, sarebbero destinati 194 033 000 euro di stanziamenti (Tabella C, pag. 93). Pertanto, se le parole di Bonaiuti dovessero realizzarsi, già nel 2012 la cifra si ridurrebbe a meno di 136 000 000, per poi calare fino a poco più di 97 000 000. Bisogna ricordare anche che 50 000 000 sono destinati alla convenzione tra Stato e RAI, mentre altrettanti pagheranno il rateo dovuto alle Poste italiane. Siffatti tagli –ha precisato Bonaiuti – riguarderebbero tutti i ministeri, non solo i finanziamenti all’editoria. In ogni caso, essi interesseranno anche le minoranze linguistiche nella televisione pubblica e RAI International. I tagli saranno pesanti soprattutto per quelle testate che non hanno alle spalle editori particolarmente facoltosi. Giornali di idee, politici, cooperativi e non profit, di svariati orientamenti: fra gli altri, Liberazione, Il Manifesto, Il Secolo d’Italia, La Padania, L’Unità, Avvenire, Il Riformista, Nuova Ecologia, Rassegna Sindacale, i settimanali diocesani in genere. Complessivamente, sono a rischio circa 100 testate, per un totale di 4000 posti di lavoro fra giornalisti e poligrafici.
Data l’entità della questione, alla fine di ottobre 2011 è stato sottoscritto un appello al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, affinché venissero bloccati i tagli al fondo per l’editoria. Esso era firmato da 69 direttori di giornali, fra cui quelli delle testate già nominate. La questione ha mosso anche enti come Federcultura – Confcooperative, la Federazione italiana settimanali cattolici, Mediacoop, Cgil, Cisl, Uil, la Federazione nazionale stampa italiana (Fnsi). Il Comitato per la libertà e per il diritto all’informazione ha indetto una conferenza stampa presso il Senato (27 ottobre 2011). In detta occasione, gli enti nominati hanno chiesto di eliminare eventuali sprechi non riducendo l’ammontare del fondo, ma introducendo più rigorosi criteri per accedere ad esso. Criteri quali il numero delle presenze nelle edicole e le vendite, nonché il numero di personale impiegato, per evitare il parassitismo di “testate fantasma”. Gli emendamenti proposti sono stati presentati da due senatori del Pd, Vincenzo Vita e Luigi Lusi, ma sono stati firmati anche dal Sen. Alessio Butti del Pdl. L’impegno contro i tagli all’editoria, pertanto, è politicamente trasversale.
Il presidente Napolitano ha accolto con rispetto e compartecipazione il messaggio dei direttori editoriali. Ha condiviso la loro preoccupazione per i posti di lavoro messi a repentaglio e per il pluralismo dell’informazione, che uscirebbe mortificato dalla manovra finanziaria.
Nel frattempo, si rimane in attesa di vedere se vi saranno “sommersi” e “salvati”, se testate storiche riusciranno a sopravvivere o se –come temono- saranno sommerse da un’editoria dalle maggiori possibilità economiche, invulnerabile alla diminuzione dei finanziamenti pubblici.

2 pensieri riguardo “I sommersi e i salvati: giornali a rischio

  • Osservatore Romano

    Dovrebbero eliminarli e basta. Per il 5% che ne fa buon uso ci magna il 95% di pescecani truffatori (Lavitola il n°1)

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