I “primi passi” verso l’eresia digitale
di Giacomo Onorati
Di fronte al progresso delle comunicazioni, oggi chiunque è in grado di diffondere immagini e informazioni intempi ridotti, condizione che ha condotto al fenomeno del giornalismo partecipativo. Tuttavia, anche la stessa rete, come spazio di libera espressione, è sottoposta ad una duplice minaccia: da una parte lo strapotere degli intermediari (come i portali di ricerca), dall’altra la mancanza di punti saldi e di regole di comportamento da parte degli stessi cittadini del web.
Solamente un approccio “eretico”, che metta in discussione i dogmi del giornalismo e di internet, potrà salvare entrambe le realtà. Questa è la tesi sostenuta da Massimo Russo e Vittorio Zambardino, giornalisti per Kataweb e Repubblica, autori del libro Eretici Digitali (edito da Apogeo, ma anche liberamente consultabile su www.ereticidigitali.it), risultato finale di un manifesto in dieci punti, ampliato da un processo di conversazione aperto a tutti, orientato all’analisi realistica dei meccanismi della rete e alla formulazione di nuovi modelli di cambiamento.
Nell’ambito del Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia, questa spinta propulsiva è stata tradotta nel premio giornalistico “Eretici digitali 2010”, un riconoscimento per gli autori di inchieste giornalistiche che hanno saputo sfruttare le potenzialità della rete in termini di multimedialità e modalità di realizzazione.
In quest’edizione del premio, ben due sono stati i progetti vincitori ex aequo: After Jugo -Sarajevo the life of a generation- di Marco Pavan e ELEVEN Catania, inchiesta collettiva a 11 voci, coordinata da Step1, il periodico telematico realizzato dagli studenti dell’Università di Catania. Il lavoro dei ragazzi di Catania, visibile su www.step1.it, ha colto gli aspetti principali della filosofia “eretica”, presentando un dossier, realizzato in appena sette giorni, che fonde linguaggi comunicativi diversi (filmati, foto gallery, audio).

-
I redattori di Step1 ritirano il premio giornalistico “Eretici digitali 2010”.

I redattori di Step1 ritirano il premio giornalistico “Eretici digitali 2010”.
La premiazione, avvenuta giovedì 22 aprile all’Hotel Brufani di Perugia, è stata anche l’occasione per una discussione sulla salute attuale del web e sulla sua progressiva commercializzazione per mezzo di compagnie come Google, rappresentata dal suo direttore relazioni istituzionali per l’Italia, Marco Pancini, in alcuni momenti costretto nei panni dell’avvocato del diavolo.
Al termine della consegna dei premi, Massimo Russo si è fermato a discutere sulle ultime cronache dell’era digitale.

- Massimo Russo

Inchiostro: Nei primi mesi dell’anno abbiamo assistito ad una diatriba tra Google e il governo cinese. In proposito, le diverse riflessioni sono state principalmente incentrate sul sistema di censura operato sul web cinese, il cosiddetto Great Firewall. Perchè non ci si è soffermati anche sull’enorme ruolo che oggi Google ricopre?
Massimo Russo: Questo aspetto è stato trattato da alcuni. Il problema è che l’informazione che passa nelle radio e nelle televisioni è composta da bit, unità informative minime e molto semplici, e quindi tutto va semplificato, azzerato e sminuzzato. In realtà questo aspetto esiste; tanto è vero che ogni parte dell’iniziativa di Google è stata preventivamente concordata con il Dipartimento di Stato americano, o almeno comunicata, e di questo diversi giornali americani hanno scritto e dato conto. Sarebbe bello se invece di fermarsi all’epifenomeno si cominciasse ad entrare nei meccanismi più nascosti e meno scontati. Detto questo, va anche sottolineato che in questa vicenda nessuno sano di mente potrebbe pensare di solidarizzare col governo cinese.
Altro esempio dello strapotere di Google è stata la questione dei diritti di riproduzione riservati a Google Libri per i testi fuori pubblicazione.
Lì la cosa è sempre duplice. Da una parte, chi non vorrebbe la possibilità di avere a disposizione una cosa straordinaria come una biblioteca universale a portata di dito? È il sogno di Alessandria che si avvera. Il problema è quando questo viene fatto da una corporation, che quindi non risponde a logiche democratiche, ma di tipo economico, ovviamente lecitissime, ma che diventano un problema nel momento in cui nessun altro può fare la stessa operazione.
Cosa pensa delle potenzialità che un supporto come l’iPad potrebbe avere nel ridefinire le testate giornalistiche? Si arriverà ad una fusione tra l’interfaccia digitale e la grafica classica del giornale?.
L’aspettativa intorno al prodotto è molto alta. Di certo è un prodotto è straordinario, molto promettente. Io ho avuto occasione di provarlo e sicuramente cambierà la fruizione dei media, ma come questo avverrà, in quale direzione, è ancora difficile da dire. L’ipotesi espressa è quella più probabile.