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Hollywood: Come nasce una leggenda

Dopo essere stato sul palco del Teatro Parenti dal 13 al 18 Febbraio, lo scorso 3 Marzo al Teatro Besostri di Mede è andato in scena Hollywood: come nasce una leggenda, brillante commedia scritta da Ron Hutchinson che, dopo aver conquistato milioni di spettatori nelle rappresentazioni negli Stati Uniti e nel resto dell’Europa, arriva per la prima volta in Italia per la regia di Virginia Acqua e interpretato da ottimi attori quali Gigio AlbertiAntonio Catania, Gianluca Ramazzotti e Paola Giannetti.

Dopo due anni di preparazione e con le attività sul set cominciate già da cinque settimane e nonostante le pressioni del suocero George Mayer proprietario della Metro Goldwyn Mayer, David Selznick decide di interrompere le riprese di Va dove ti porta il vento: ritiene la sceneggiatura scritta da Sidney Howard inadatta e decide persino di licenziare il regista George Cukor, suo amico fraterno, perché insoddisfatto del suo lavoro. Qui inizia la commedia di Ron Hutchinson, che si innesta sulla realtà dei fatti.

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Selznick convoca nel suo ufficio lo sceneggiatore Ben Hecht, già scrittore di grandi successi tra i quali Scarface e capace di scrivere una sceneggiatura in brevissimo tempo, e il regista Victor Fleming nonostante il suo impegno nelle riprese de Il mago di Oz. Il produttore si rinchiude con loro nel suo ufficio per cinque giorni e cinque notti per scrivere la nuova sceneggiatura. C’è solo un problema: Hecht non ha mai letto il lunghissimo romanzo di Margaret Mitchell dal quale dovrebbe trarre la sceneggiatura, Selznick e Fleming dovranno mimargli personaggi e scene del libro per riuscire a portare a termine l’impresa.

Così, guidato dalla caparbia determinazione di Selznick, inizia il processo di creazione: alla creazione, alla scrittura, corrisponde la distruzione della curatissima scenografia: le parole sgorgano dalla macchina da scrivere mentre i quadri cascano dalle pareti, la carta e le pagine strappate ricoprono il pavimento della stanza, gli oggetti diventano un’arma da usarsi nei divertenti litigi; gli stessi personaggi, costretti a mangiare solo noccioline e banane, si consumano durante la permanenza nell’ufficio e la scrittura, tra gli infiniti scontri verbali e fisici e gli eleganti vestiti che si sgualciscono e vengono indossati in modo da diventare una sorta di “vestito da battaglia”, dando vita a scene esilaranti.

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Ma sono la passione e il sogno a guidare il processo creativo e a permettere che questo venga portato a termine, Antonio Catania che gentilmente ci ha concesso una breve chiacchierata alla fine dello spettacolo, ha sottolineato proprio come questi elementi siano fondamentali: il testo omaggia il cinema e racconta aneddoti reali nascosti dietro la realizzazione di quel capolavoro che è Via col vento, ma soprattutto mostra quella passione, quell’idealismo che porta alla realizzazione del film e che animavano il cinema di quegli anni, quasi una vicinanza tra il cinema e un sogno che ora invece, nelle produzioni contemporanee, viene a mancare.

Gianluca Ramazzotti, altrettanto disponibile, pone l’attenzione sulla scrittura del testo e su quanto sia ben scritto e elaborato. Infatti, dietro una superficie di commedia esilarante e di comicità assoluta, per altro ottimamente interpretata dagli attori energici e divertenti, si celano argomenti di grande serietà: in primis l’antisemitismo di cui è vittima David O. Selznick da parte dell’alta società americana che: «non permetterà ad un ebreo di entrare al Country Club» correlati ai preoccupanti e inquietanti echi nazifascisti che giungono sempre più pressanti dall’Europa.  Ma anche lo stesso Via col vento viene dissacrato: si discute sulla protagonista Rossella (Scarlett) O’Hara, sulla sua “complicata” figura di sudista e schiavista che in una scena del romanzo s’avvicina persino al Ku Klux Klan, si discute sulla scena dello schiaffo alla povera Prissy, si discute sul finale.

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Ma la caparbietà di David O. Selznick nel perseguire la propria intuizione permette la riuscita del lavoro e la realizzazione di uno dei più grandi successi della storia del cinema americano: quella trasposizione cinematografica in cui solo Selznick credeva e dalla quale ha raccolto tutti i giusti meriti.

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