Attualità

“Guardone” chi legge

C’era un tale in treno che per tutto il viaggio non ha fatto altro che fissare lo schermo del suo cellulare, dando un’occhiata probabilmente alla bacheca di Facebook o guardando qualche video, che ne so, e fin qui non c’è nulla di strano. Ma la storia si fa più intrigante, attenzione. Non ci sarebbe stato nulla di strano se non che, mentre Tizio si faceva beatamente i fattacci suoi, un Caio a caso lì di fianco fissava lui e lo schermo del suo cellulare insistentemente. E voi direte, embé? Stava facendo qualcosa che tutti hanno fatto almeno una volta nella vita: chi non ha mai dato una sbirciatina alla chat di Whatsapp del vicino di posto o tenuto per lui il conto dei punti della partita a Candy Crush? “Chi è innocente scagli il primo smartphone” direbbe qualcuno. Ebbene, la pura verità è che nessuno può dire di esserlo e, che lo abbia fatto volontariamente o incoscientemente, non lo riterrà un peccato capitale. E poi tra l’altro, penserete sicuramente, anche io per potermi accorgere di ciò, ho osservato quei due individui attentamente. Questa situazione, però, mi serve da espediente per aprire una riflessione più ampia.

Siamo un popolo di guardoni. Eggià. La nostra società si basa sul principio dell’apparire, del guardare e del farsi guardare. Fin dalle piccole cose. Dal classico esempio degli ossessionanti selfie, a quello delle dirette Facebook, perché tutti devono poter guardare cosa una persona sta facendo proprio nel momento in cui la fa, to keep in touch in ogni dove. Ma questi esempi sono banali e forse nemmeno tanto esplicativi e forse nemmeno tanto sensati. Però ce n’è uno che calza a pennello perché, neanche a farla apposta, da qualche settimana sulle reti Mediaset è stato piazzato un nuovo programma che si potrebbe definire come il raggiungimento dell’apogeo del “voyeurismo” (metaforicamente e simpaticamente inteso, sia chiaro). E non sto parlando dell’occhio gigante del Grande Fratello, che ormai da anni ne vede di cotte e di crude, ma di un nuovo format, scopiazzato dagli inglesi, che ha dato origine a un progetto astruso di nome GoggleBox. Una definizione semplice e concisa? Gente che guarda gente che guarda la tv. In prima battuta ci sono gli spettatori da casa, il popolo di Mediaset, i quali guardano la televisione. Ma ciò che guardano al piccolo schermo non sono nient’altro che altre persone le quali, a loro volta, dal salotto di casa, guardano la televisione. E pensate se anche nel programma guardato da questi ultimi ci fosse, che so, l’attore di un film che guarda la tv. Una vera matrioska mediatica. Ma perché, vi chiederete, uno dovrebbe passare del tempo a osservare altre persone che in fin dei conti stanno facendo la stessa cosa che sta facendo anche lui? Lo scopo del programma, definito esperimento sociale (mi sa che questa storia degli esperimenti sociali è un po’ sfuggita di mano), si presume sia quello di analizzare le reazioni del pubblico da casa nell’entrare a contatto con generi e format televisivi diversi per trarne, probabilmente, la conclusione di un qualche studio psicologico di analisi comportamentale. Così alle cavie da salotto vengono propinati film, serie tv, talent show, reality, documentari ecc. e la telecamera le filma in cerca di reazioni e comportamenti interessanti, dalla lacrima di commozione, all’indignazione, alla risata. E poi? E poi boh, cosa succede dopo non lo sappiamo, ognuno guarda il programma e tira le fila delle proprie conclusioni, non senza porsi alcuni legittimi interrogativi, soprattutto riguardanti la veridicità del programma (insomma, non so voi, ma io mi sentirei leggermente influenzata nel commentare con una telecamera puntata in faccia e sapendo di essere guardata da centinaia, se non migliaia, di sconosciuti). Certo è che al di là dell’essere più o meno interessante, più o meno fake, ci mette davanti a qualcosa di cui non ci rendiamo conto, ma che rappresenta l’interesse morboso alla vita, in questo caso privata, degli altri e quello, altrettanto morboso, dell’essere guardati dagli altri. Nella sua prima puntata di esordio, GoggleBox ha attirato circa 66mila spettatori.

In fin dei conti ormai non possiamo fare nulla senza guardare ed essere guardati, siamo tutti in parte “guardoni” e in parte “vittime”.

Ma siamo sicuri che ci dispiaccia così tanto?

Claudia Agrestino

Sono iscritta a Studi dell'Africa e dell'Asia all'Università di Pavia. Amo viaggiare e scrivere di Africa, Medioriente, musica. Il mio mantra: "Dove finiscono le storie che nessuno racconta?"

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