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Gli indignados di Puerta del Sol

di Stefano Colombu

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Da Piazza Tahrir a Puerta del Sol il passo non è affatto breve. Queste due piazze sono divise da diversi livelli di occupazione, ricchezza e soprattutto democrazia, ma se le condizioni politiche ed economiche dei due Paesi non sono certo paragonabili, è vero che, in un altro continente, l’Europa, in un’altra piazza, Puerta del Sol, sono sempre loro, i giovani, a farsi sentire e a chiedere cambiamento.

E’ quello che è successo a Madrid, e in altre sessanta città spagnole, sull’onda del Movimento del 15 Maggio, “alla fine di una manifestazione, un piccolo gruppo ha deciso di occupare la piazza, stufi dei politici corrotti, della mancanza di lavoro e di nessuna certezza per il futuro” è stato ciò che mi ha detto Ismael, anche lui, insieme con altre migliaia di giovani in piazza, anche lui, indignato. Da un piccolo gruppo a migliaia di persone, quelle che oggi occupano la Puerta del Sol, e vi è davvero di tutto, girando, tra le varie tende vi ho trovato, una biblioteca, un asilo per i bambini, l’infermeria e addirittura un orto.

Si respira un’aria pacifica e distesa, ma le attenzioni non sono poche, da qualsiasi parte mi giro vedo cartelli con la scritta  “no botellòn ” che invitano a non bere e a ricordare a tutti che questa non è una festa, ma una lotta.

Cammino, osservo e scruto tra le varie tende, tutti si sono organizzati, ognuno ha la propria opinione da esprimere e da condividere, si raccolgono firme: a favore del popolo siriano, della causa palestinese, contro l’omofobia.
Si parla di diritti: dei lavoratori, delle persone e degli animali, è presente, tra le tante, anche la tenda dei vegani.

Yes We Camp! E’ questo l’obamico slogan dei giovani. Parlo con Amin che mi spiega come tutto ciò che vedo sia autogestito e organizzato: “ in questi giorni ho coperto diversi ruoli, una sera ho fatto el respecto, una sorta di vigilante; un altro giorno ancora mi sono occupato dell’infrastruttura, gestendo le tende, i cartoni per dormire la notte e i vari servizi per l’accampamento; mi sono occupato anche dell’organizzazione interna, per gestire i vari interventi durante l’assemblea.”

Anche il modo in cui si dialoga ha molto d’innovativo: durante il pomeriggio si raccolgono le adesioni, la sera inizia la discussione. Chi si è prenotato prende la parola, si rispetta l’opinione di chiunque e per non sovrapporsi alla voce di chi parla la folla utilizza il linguaggio dei segni. Le mani si alzano al cielo e vibrano in segno di applauso, per esprimere consenso, a mani alzate, ma questa volte incrociate, si esprime dissenso.

Anche gli slogan sono di quelli che mettono i brividi, quando sento la folla che intona “el pueblo unido jamas sera vencido” è difficile non scomporsi o rimanere indifferenti. Tra gli altri, la folla grida què no, què no, què no nos representan (che no, che no, che non ci rappresentano) rivolto alla classe politica e “lo llaman democrazia y no lo es”(la chiamano democrazia ma non lo è) rivolto al sistema politico spagnolo.

Cala la sera e ci si prepara a passare un’altra nottata in piazza, parlo con Simone, lui tra i tanti italiani a Madrid, mi spiega cosa chiede la folla: “la critica principale è rivolta al bipolarismo, al sistema dei partiti in Spagna, le recenti elezioni hanno confermato questo fatto, vedendo un ribasso dei consensi ai partiti maggiori a favore di quelli più piccoli”, c’è anche il problema delle banche aggiunge Omar: “ lo Stato ha speso milioni per salvare le banche, sacrificando l’intero sistema di protezione sociale”.

E’ notte ormai, torno verso casa, gli indignados rimangono li.
Oggi l’assemblea ha deciso di non ubbidire all’ordinanza di sgombero e di continuare a occupare la  piazza sino a data da destinarsi.

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