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Giovani scrittori in Unipv: intervista ad Alessia Palumbo

Io e Alessia siamo sedute in fondo alla sala della libreria, così da poter parlare meglio. Molte persone affollano la stanza, tanti la cercano per congratularsi e, nel frattempo, allietano il palato con i dolci che la mamma ha preparato per l’occasione. Alessia Palumbo ha 21 anni, studia lettere moderne qui a Pavia, vive a Pavia, ma questa volta nella sua città indossa una veste nuova. E’ una scrittrice esordiente e oggi ha presentato, presso la Libreria C.L.U., il suo primo romanzo: I Due Regni – La Città Intera, il primo di una trilogia. E’ molto emozionata ma nulla ha compromesso la sua performance, brillantemente ha risposto a domande e del suo libro ha raccontato quanto basta per incuriosire il pubblico.
I Due Regni – La Città Intera, edito da EKT Edikit, è un fantasy fedele al genere ma dal taglio originale. Racconta un mondo segnato dalla continua lotta tra maghi e guerrieri dove domina La Città Intera, una fortezza nata per eliminare chiunque possegga sangue magico. La storia della protagonista, la maga Farwel, si intreccia alle storie di altri personaggi, tutti così poco canonici e tutti protagonisti di un mondo che per tante cose ricorda il nostro.

Alessia, raccontaci qualcosa su di te, per iniziare.
Difficile rispondere, ho sempre amato scrivere, più o meno fin da quando avevo otto anni, l’ho sempre considerato come qualcosa di necessario, una giornata in cui non posso scrivere è per me una giornata vissuta a metà. Mi piacciono molto inoltre i videogiochi e i giochi di ruolo, ma non saprei cos’altro aggiungere, mi sono sempre dedicata alla scrittura più che a qualsiasi altro passatempo, voglio dedicarle quanto più tempo posso.

Come hai cominciato a scrivere?
Sinceramente non saprei dirlo con esattezza, ricordo che abbozzavo qualche storiella sulle pagine delle agende o sui diari. Da bambina scrivevo perlopiù poesie, era il mio modo per esprimere ciò che sentivo e pensavo.

Ci sono libri e scrittori a cui devi l’ispirazione?
Non ho letto in realtà tanti fantasy, ho sempre apprezzato molto i classici, la grande letteratura dai suoi inizi fino al ‘900. Il mio scrittore e libro preferiti sono George Orwell e 1984. Leggendolo ho capito che era tutt’altro che un libro di genere distopico, era piuttosto una finestra sul nostro mondo, un mondo pieno di assurdità e elementi irreali e irrealizzabili, che sembrano aderire perfettamente allo schema del romanzo distopico. La verità è che sono più aderenti alla nostra realtà, piuttosto che ad una paradossale.

Mi sembra, leggendo il tuo romanzo, che tu abbia molto apprezzato quindi questo modo di concepire e raccontare la realtà.
Esatto, è proprio quello che ho cercato di comunicare con il mio libro. La Città Intera, il baluardo contro la magia che la mia protagonista combatte, è un paradosso: odia la magia ma se ne serve per distruggerla. E’ un sistema in contraddizione con se stesso e la protagonista se ne renderà ben presto conto. Non serve addurre molti esempi per dimostrare quanto la nostra realtà si fondi spesso su paradossi simili.

Com’è nata quindi la storia che racconti nel tuo libro? Come ha preso forma il tuo romanzo?
Questa era all’inizio una semplice storia che avevo scritto come tutte le altre, e pensavo sarebbe rimasta lì, nel cassetto, come gli altri miei racconti. Questa in particolare però continuava a tornarmi in mente e non riuscivo a liberarmene. Scrivendo, ad un certo punto si avverte il bisogno di avere un pubblico di lettori: qualcuno che possa apprezzare o meno ciò a cui si lavora per tanto tempo, qualcuno con cui parlare di cosa gli sia piaciuto e ciò che invece avrebbe preferito fosse diverso, di cosa ha soddisfatto le sue aspettative e cosa invece lo ha deluso.

Immagino tu sia molto orgogliosa del tuo risultato: sei una studentessa e sei già una scrittrice esordiente.
Sono molto emozionata, ci sono stati tanti momenti in cui ho creduto di non farcela, momenti in cui arrivavano i primi “no”, o le prime proposte da case editrici a pagamento, un’ipotesi che non sceglierei assolutamente. In questo momento non so dire come mi sento, sono di certo molto contenta ma non riesco ad abituarmi all’idea, come se tutto dovesse ancora accadere.

La scelta del fantasy mi ha molto incuriosito, come mai hai deciso di raccontare una storia attraverso questo genere di romanzo?
Ho cominciato a scrivere un racconto fantasy quasi per gioco, alla fine però ho scoperto che mi piaceva così tanto da continuare e non smettere più. Questo è stato il primo di molti racconti fantasy che ho scritto, prima scrivevo tanti racconti distopici perché è il genere che più amo. Quando avrò concluso questa trilogia, o quadrilogia, penso che scriverò proprio qualcosa di questo genere, un distopico autoconclusivo magari, o un’antologia di racconti, mi piace molto scrivere racconti brevi.

I tuoi personaggi sono molto complessi, non sono i classici personaggi fantasy che trovano se stessi o compiono il proprio destino assieme allo svolgersi della trama. I tuoi personaggi conoscono già se stessi, sono loro la trama del tuo racconto.
Si esatto, già solo la scelta di raccontare tutto in prima persona è indicativa, volevo dare molto spazio all’interiorità dei personaggi. Tutti gli accadimenti sono filtrati, non si vedrà mai la realtà per quella che è. E’ un po’ come guardare il mondo con le lenti kantiane, senza le quali è impossibile vedere, ma con le quali si vedrà sempre un mondo parziale. Ci sono molte cose che quindi la protagonista non conosce e che man mano scoprirà, e il lettore lo scoprirà con lei e sarà sgomento quanto lei.

Nel tuo romanzo sembra che in fin dei conti tutti lottino contro se stessi piuttosto che contro un nemico reale o un destino crudele.
Si, volevo creare personaggi veri e sfaccettati, non personaggi statici come “il buono”, “il cattivo”, “il coraggioso”, “l’amico”. I personaggi cambiano, anche repentinamente così come accade nella vita reale, non rimangono mai gli stessi e il lettore può osservare i loro cambiamenti passando da un capitolo all’altro.

C’è molto di te nella tua storia e nei tuoi personaggi?
Ho sempre voluto creare personaggi che fossero lontani da me, ma è un obiettivo impossibile da raggiungere completamente. C’è per forza un po’ di me in ogni personaggio e nella storia, ma non in maniera intenzionale. Ci sono personaggi che amo di più e altri che amo di meno, personaggi che condividono molte cose con me e altri che sono a me completamente opposti: uno dei narratori delle vicende è un uomo dall’animo perverso, per esempio.

Com’è creare dal nulla, descrivere ciò che non conosci, come la natura della magia, o dare vita a ambientazioni e meccanismi così dettagliati?
Ho attinto molto dai videogiochi per rendere il “serbatoio magico” più concreto. Nei videogiochi ad ambientazione fantasy, per esempio, ogni mago possiede una certa quantità di magia utilizzabile, nel mio libro funziona allo stesso modo. Questo concetto di “mana”, o barra di energia, è comune anche ai giochi di ruolo. Desideravo qualcosa che fosse specifico e calcolabile, pur non riducendolo ad un mero calcolo. Per il resto, nasce tutto poco alla volta e con dettagli sparsi, quelli necessari per raccontare le vicende. Mi sono resa conto che il lettore fantasy vuole un’ambientazione ben fatta, un mondo costruito nei minimi dettagli. Scrivendo nasceva prima una strada, poi un villaggio, poi aggiungevo una religione, e così tutto cresceva a poco a poco e si arricchisce ancora oggi mentre scrivo il secondo romanzo.

Parlami ora della vera e propria fase tecnica che porta poi alla pubblicazione di un racconto. Hai lavorato bene con la tua casa editrice? Ho capito che apprezzi molto il loro modo di lavorare.
A livello strutturale nulla del mio romanzo è stato toccato: trama e personaggi sono rimasti sempre così come li avevo pensati. La mia casa editrice è una casa editrice no eap, quindi non chiede contributi per la pubblicazione di un manoscritto e reputo questa una scelta molto giusta. Per me una vera casa editrice è quella che pubblica un romanzo in cui crede. I collaboratori della Edikit nutrono un rispetto per la mia opera che davvero non so ripagare. Avevo ricevuto varie proposte che ho poi rifiutato, tendevano spesso a voler ridurre, tagliare, modificare il mio manoscritto per renderlo più fruibile per il lettore. A mio parere un editore che lavora sui manoscritti solo per il pubblico non è più un editore ma una fabbrica, qualcosa che produce oggetti di consumo. L’editore serio, invece, è colui che apprezza un’opera e la rispetta per come è. Io inviavo le mie stesure al mio editore che a sua volta me le rimandava con leggere correzioni o chiarimenti da apportare, c’era e c’è collaborazione continua ed è questo che poi porta alla pubblicazione di un buon libro.

Guidaci nelle varie suddivisioni del tuo romanzo: ogni libro è diviso in parti e ognuna di queste ha un suo narratore, giusto?
Sia il primo che il secondo sono divisi in parti, ognuna delle quali ha un proprio narratore. Non vi è contemporaneità tra queste, Farwel ad esempio racconta la vicenda due volte in diversi momenti della sua vita, passato e presente quindi si intersecano continuamente, anche di capitolo in capitolo. La storia non comincia dall’inizio seguendo una linea temporale tradizionale, si entra subito nel vivo della vicenda dove tante cose sono già accadute e il lettore le scoprirà pagina dopo pagina. Il terzo libro penso di impostarlo diversamente e di ambientarlo esclusivamente nel presente, a quel punto il passato sarà già tutto raccontato e la protagonista potrà lasciarselo alle spalle.

Hai molte aspettative? E’ questo ciò che vuoi diventare nella tua vita, una scrittrice?
Si, spero di poter continuare a scrivere molto, vorrei poter scrivere una ventina di libri nella mia vita, se potessi scriverne di più sarebbe anche meglio. Soprattutto però voglio poter avere un continuo contatto con il pubblico; i soldi per uno scrittore sono abbastanza insignificanti, a parer mio. Quello che sogno è andare alle fiere, alle presentazioni, come oggi, e incontrare il lettore che mi dice di aver letto i miei libri, che mi racconti cosa gli è piaciuto e cosa no, che torni per comprare il prossimo libro, magari. Questo è quello che davvero mi renderebbe felice. Sono molto contenta in questo momento, ma avverto l’ansia per quello che verrà. Prima potevo smettere di scrivere per mesi se volevo, ora no, sento di avere una responsabilità diversa, è come un vero e proprio lavoro, in un certo senso. Non posso dire di essere una scrittrice di professione perché non vivo di questo, ma diventarlo è stato sempre il mio sogno e mi sto impegnando per realizzarlo.

Il libro è disponibile in formato cartaceo su IBS, su Amazon invece in versione digitale. Sul sito della casa editrice è acquistabile tramite ISBN ed è inoltre presente in alcune librerie pavesi come la Libreria C.L.U.

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