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Ghosting: intervista alla Psicoterapeuta Giulia Giorgi

Esiste da sempre e i social l’hanno reso notevolmente diffuso: il ghosting è un fenomeno preoccupante su cui tutti dovremmo porre attenzione. Psicologa, Psicoterapeuta e Consulente dell’Orientamento Professionale, la Dottoressa Giulia Giorgi ha gentilmente accettato l’invito a rispondere ad alcune domande per fare chiarezza sull’argomento.

Per chi desidera approfondire l’argomento può contattare la Dottoressa tramite il sito web www.giuliagiorgi.it, la pagina di Facebook (@giuliagiorgipsicologa) o di Instagram (@giuliagiorgi_psicologa).

La Psicologa, Psicoterapeuta e Consulente dell’Orientamento Professionale Giulia Giorgi

Innanzitutto, cosa si intende con il termine ghosting?

«Il termine ghosting significa “sparire come un fantasma”, è una strategia relazionale che può avvenire in una relazione amorosa, di amicizia o anche in una relazione di lavoro. Nella mia pratica clinica mi capita di osservare che può succedere sia per frequentazioni molto frivole sia per storie lunghe.

A un certo punto succede che uno dei due partner decide di sparire, di interrompere la relazione senza dare alcuna spiegazione all’altro. Sparisce, ad esempio, bloccando improvvisamente l’accesso ai propri social o non risponde più alle telefonate. Alcune persone raccontano, addirittura, di temere che dall’oggi al domani sia successo qualcosa a chi sparisce.

È una strategia relazionale molto aggressiva, manipolatoria e passivo aggressiva. Tutti possiamo decidere di interrompere una relazione, il darne ragione all’altro permette però di trovare dei significati che altrimenti la vittima di ghosting non riuscirebbe a darsi».

Possiamo individuare dei tratti di personalità comuni nelle persone che fanno ghosting o dei campanelli d’allarme?

«Certo. Nei loro tratti si individuano aspetti di disturbo narcisistico di personalità. Sono persone che potrebbero avere dei vissuti di sofferenza probabilmente a livello degli stili relazionali, ad esempio nella storia di attaccamento familiare o in storie precedenti dove potrebbero aver subito un abbandono. Essendo emotivamente instabili, spesso nel momento in cui si stanno legando tanto a una persona, per paura di essere abbandonati, decidono di lasciare per primi (senza dare spiegazioni). Proprio per questi motivi sono persone che dovrebbero essere aiutate.

Tra i campanelli d’allarme possiamo includere che spesso sono persone che non coinvolgono più di tanto l’altro nella propria cerchia di amicizie o famiglia. Infatti, far entrare il meno possibile chi viene abbandonato nella propria vita permette di lasciare più velocemente, senza giustificazioni e senza aver coinvolto troppe persone. Preferiscono incontrare nei luoghi della vittima piuttosto che nei propri o in luoghi frequentati da conoscenti, inoltre potrebbero essere già sparite magari per 1-2 giorni senza motivazioni chiare. Tra le altre avvisaglie, c’è la tendenza nei loro racconti a passare all’idealizzazione di un amico o collega alla sua svalutazione nell’arco di qualche giorno. Quindi sono un po’ contradditori nel modo in cui vivono e descrivono le loro relazioni».

Che conseguenze a livello psicologico potrebbe subire una vittima di ghosting?

«Le vittime subiscono dei vissuti di sensi di colpa perché spesso si attribuiscono la responsabilità di questa sparizione. Vanno a ricercare i minimi dettagli nella storia per indagare attentamente su ciò che possono avere sbagliato; più volte durante le consulenze mi sento raccontare gli stessi episodi e mi viene chiesta conferma o meno della propria colpa. Subentrano delle vere e proprie ossessioni. Questa è una delle conseguenze su cui bisogna fortemente lavorare a livello psicologico. Non possiamo essere colpevoli di una sofferenza che un altro ci reca, se ci fosse stato amore e interesse, questa persona si sarebbe presa cura di noi e del nostro vissuto di dolore a fine della relazione.

C’è poi la tendenza nella vittima, spesso, a non riuscire a bloccare a sua volta le chat, i social. Dico sempre che l’allenamento migliore è il no contact. Prendere le distanze e non cercare più di contattare il ghoster è importante perché, altrimenti, a ogni tentativo di contatto rischia di arrivare la non risposta. E ciò attiva di nuovo il dolore.

Infine, il vissuto di abbandono rischia di minare fortemente la propria autostima, il senso di essere degni di amore e di persone che ci rispettano. Di conseguenza, è opportuno fare un lavoro anche su questo».

A questo punto, come reagire davanti a questo comportamento e come superarlo?

«A seconda dell’entità della storia o comunque di quanto disagio e sofferenza ha provato la vittima, è importante rivolgersi ad un professionista che si occupi nello specifico di questo argomento, in modo da poter rielaborare. Ci sono tre fasi.

Prima di tutto, rinarrare nel dettaglio la storia percorsa con qualcuno che ci ascolti in maniera più oggettiva, la narrazione diversa è terapeutica. Poi, come dicevo, lavorare sui sensi di colpa, cercando di essere razionali.

Successivamente è importante lavorare sul no contact. Anticipavo che è importante bloccare l’altro sui social, resistere al tentativo di scrivere o di visualizzare la chat di WhatsApp per vedere l’orario di ultima connessione. Occupandomi anche di connessione digitale do delle strategie per trattenere la voglia di guardare le storie su Instagram dell’altro: la visualizzazione si può vedere e non si sa cosa potrebbe riattivare. Viceversa, la vittima quando visualizza si aspetta che il ghoster veda e prenda contatto e nel momento in cui non avviene ricomincia un circolo vizioso.

Infine fortificare la propria autostima, imparare ad amarsi perché se non ci amiamo per primi non avvicineremo mai qualcuno che ci ama, ma persone che ci mancano di rispetto e non ci amano. Dobbiamo renderci conto che l’altro non ci ha rispettati e amati, che ha una bassa autostima e bassa empatia dato che non è stato in grado di mettersi nei nostri panni. Cerchiamo di capire perché siamo diventate vittime di ghosting, quali sono le storie precedenti e se c’è qualcosa in comune».

Al ghosting si ricollega l’orbiting, un fenomeno diffuso negli ultimi anni. Può spiegarci in cosa consiste e le principali differenze tra i due?

«Il termine orbiting è stato coniato da Anna Iovine, una blogger che l’ha descritto come il comportamento con cui “un ex ti tiene nella sua orbita”. L’orbiting viene attuato da un ex o da chi non vuole rendere una frequentazione più seria. Sono persone che interrompono la relazione, ma ogni tanto si palesano con delle interazioni: like, condivisioni, commenti e visualizzazioni, lasciando così l’altro in stand-by, in uno stato di confusione. Chi fa orbiting di solito lo fa per tre motivi.

Primo, per mantenere il controllo sull’altro. Anche in questo caso si tratta di personalità un po’ disturbate, con tratti narcisistici e manipolatori. Secondo, perché non si accorge che l’altro può soffrire di questa presenza, per poca empatia. Terzo, per paura di un coinvolgimento troppo intenso, infatti non spariscono del tutto, mettono un piede dentro e un piede fuori.

La differenza con il ghosting è abbastanza netta. In quel caso c’è una sparizione definitiva, qui c’è una presenza assenza che fa rimanere sospesi. In entrambi i casi, suggerisco di cercare di non alimentare il contatto. Dico sempre di non prendere per certa la nostra interpretazione di un’interazione, perché non sappiamo perché l’altro l’abbia fatto. Potremmo rischiare di non riuscire a coinvolgerci in un’altra storia per questo, ma in realtà qual è il vero significato?».

Elisa Santangelo

Classe 1998, sono laureata nella magistrale Comunicazione Digitale dell'università di Pavia. Nei miei articoli parlo di attualità e ricopro il ruolo di Social Media Manager per Inchiostro.

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