Musica

Fryderyck Chopin: il musicista dell’anima conteso tra due popoli

Appena entrati a Łazienki Królewskie, il più importante parco pubblico di Varsavia, splendida e storicissima capitale della Polonia, se si accede da ulica (via) Stefana Batorego ci si trova davanti a un laghetto artificiale dietro al quale si staglia un gigantesco monumento in bronzo. Il soggetto della statua, realizzata nel 1926 dallo scultore Wacław Szymanowski, distrutta durante la Seconda Guerra Mondiale e ricostruita negli anni Sessanta, è niente meno che il celebre compositore e pianista Fryderyck Franciszek Chopin (conosciuto dai più con il nome francesizzato Frédéric Chopin). Nello stesso parco, tra propilei greci, un tempio egizio, padiglioni e lanterne cinesi, un suggestivo palazzo sull’acqua e un teatro all’aperto, si trova anche un busto del musicista. A lui sono dedicati un museo in centro città e l’aeroporto principale, e ancora, passeggiando per il centro di Varsavia, lungo le vie che portano alla piazza del Castello, tra limonate allo zenzero e tipici coni gelato bicolore, è possibile sentire a un certo punto un notturno o un valzer di Chopin echeggiare nell’aria. Merito delle cosiddette panchine musicali, le quali una volta seduti fanno partire la registrazione di opere chopiniane che si diffondono per le strade.

Una delle “panchine musicali” del centro di Varsavia (Foto di Claudia Agrestino, 2015)

Un genio musicale “conteso”

Per alcuni potrà sembrare un’ovvietà, per altri meno, ma questo forte attaccamento della capitale polacca alla figura di Chopin ha una ragione tanto semplice quanto significativa: è stata la sua città natale. Nonostante la convinzione di molti che il compositore fosse francese, complici il cognome, dato che il padre aveva origini lorenesi, e il fatto che Fryderyck abbia vissuto metà della sua vita fino alla morte in Francia. Polonia e Francia si sono a lungo contese, platonicamente, quel genio musicale inimitabile (il corpo del musicista si trova a Parigi ad esempio), e quella doppia appartenenza, un po’ al suolo francese, un po’ a quello polacco, ha in vita sempre tormentato il cuore dello stesso Chopin. Nato nell’allora Ducato di Varsavia nel 1810, Chopin si trasferì a Parigi a vent’anni per inseguire passione e sogno della musica, ma per farlo dovette abbandonare la sua numerosa famiglia e il suo paese a cui era profondamente attaccato. Un paese in quegli anni in pieno subbuglio: nel 1830 a Varsavia si verificò infatti quella che è passata alla storia come la Rivolta di Novembre contro i russi che occupavano la città e che fu poi repressa nel sangue. Proprio la situazione in cui versava la sua madrepatria provocò in Chopin sentimenti di grande preoccupazione, oltre che di tristezza e nostalgia per la mancanza di ciò che aveva di più caro in vita. E la sua musica di questi stati d’animo è letteralmente e visibilmente impregnata.

Centro di Varsavia (Foto di Claudia Agrestino, 2015)

L’opera musicale: il poeta del “malinconico”

Se si dovesse stilare una lista dei più grandi compositori della storia, dei cosiddetti “geni musicali”, comparirebbe anche Chopin. Anzi, senza dubbio una lista già esiste e Chopin ne fa parte, anche se forse non con tutti i meriti che gli si dovrebbero attribuire. Genio del pianoforte romantico, innovatore, ma anche bambino prodigio. Benché si nomini sempre Wolfgang Amadeus Mozart come enfant prodige della musica classica, non va dimenticato che Fryderyck a sette anni compose due polacche che, essendo lui troppo piccolo per riuscire a trascriverle sul pentagramma, furono scritte dal padre.
La sua non fu una vita facile fin dagli inizi: il piccolo Fryderyk iniziò ben presto a soffrire di problemi di salute, in particolare di una tubercolosi polmonare che lo accompagnò fino alla morte, a soli 39 anni. Tuttavia, nella sua breve esistenza diede vita a un’opera musicale ampia, variegata e soprattutto innovativa. A generi come il valzer e le sonate aggiunse un tocco tutto suo, inventò le ballate strumentali, diede grande importanza a pezzi come polacche e mazurke, tipici del folklore polacco. Tra quelli che si ricordano di più vi sono senza dubbio i notturni, anch’essi diventati popolari grazie a lui come simbolo della sua continua ricerca delle più intime verità dell’animo umano.

Busto di Chopin nel parco Łazienki (Foto di Claudia Agrestino, 2015)

Notturno in Do diesis minore: un filo rosso, tre pianisti, due epoche

Tra tutte le composizioni di Chopin ne esiste una che ha assunto un valore e un significato importanti nella cultura popolare: il Notturno in Do diesis minore, composto nel 1830, ma reso pubblico postumo solo nel 1870. Uno di quei brani emblematici che già dalle prime note di attacco riportano alla mente dei ricordi ben precisi. Per molti di certo uno di questi sarà il pluripremiato agli Oscar film di Roman Polański Il pianista (2002) il cui protagonista, il realmente esistito pianista polacco Władysław Szpilman, è un talentuoso esecutore del repertorio di Chopin che si esibisce per la radio polacca. In seguito all’invasione di Varsavia nella cornice della Seconda Guerra Mondiale da parte dei tedeschi e al rastrellamento degli ebrei già segregati nel ghetto, Szpilman riesce a sfuggire alla deportazione e a vivere per anni, fino alla liberazione, da latitante nascondendosi in città grazie all’aiuto di alcuni amici. Il brano viene eseguito dal musicista solo una volta durante il film e non in una scena particolarmente importante, eppure ne è diventato decisamente il simbolo complice la struttura e l’andatura stessa del pezzo. Quel “Lento con gran espressione” indicato da Chopin al principio della partitura di questo notturno soprannominato Reminescenza. In effetti la sensazione che scaturisce dalle sue note è quella di una profonda, delicata, angosciosa nostalgia che si interrompe, a tratti, con piccoli passaggi di apparente e momentanea gioia danzante. Il brano sembra riuscire a collegare attraverso un invisibile filo rosso due epoche, quella in cui visse il suo compositore, e curiosamente quel periodo di metà Novecento scosso e afflitto dalla guerra e dalla tragedia della Shoah. Esso fu suonato infatti anche dalla pianista polacca Natalia Karp durante il periodo di detenzione nel campo di concentramento dove si trovava su richiesta del comandante austriaco Amon Göth, il quale la risparmiò da morte certa. Proprio come il comandante tedesco che ne Il pianista fa passare la bellezza dell’arte sprigionata dalle mani di Szpilman sopra ai suoi doveri di funzionario pubblico deputato a uccidere. Difficile quindi non percepire un legame sospeso fra i tre musicisti: polacchi in qualche modo strappati alla loro famiglia e alla loro patria (nel caso di Władysław e Natalia pur rimanendo al suo interno), e in grado di smuovere con la propria sensibilità e malinconia qualunque animo.

Bach è un astronomo alla scoperta delle stelle più meravigliose. Beethoven sfida l’universo. Io cerco solo di esprimere l’anima e il cuore dell’uomo.

Fryderyck Franciszek Chopin

Foto in copertina: monumento a Chopin nel parco Łazienki, di Claudia Agrestino (2015)

Claudia Agrestino

Sono iscritta a Studi dell'Africa e dell'Asia all'Università di Pavia. Amo viaggiare e scrivere di Africa, Medioriente, musica. Il mio mantra: "Dove finiscono le storie che nessuno racconta?"

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