Attualità

Football Leaks: le folli spese del calcio

di Barbara Palla e Luca Tantillo

Un terremoto giornalistico ha investito il mondo del calcio, a quanto pare senza scalfirlo nemmeno un po’. A inizio dicembre, una enorme fuga di notizie, un leak, ha rivelato i più torbidi segreti dei giocatori, allenatori, procuratori e società. Dei segreti che provengono sia dall’analisi delle clausole ambigue dei contratti, ma anche dalle cassette postali dei paradisi fiscali internazionali. Sì, proprio quegli stessi lidi vergini del Pacifico che avevamo imparato a conoscere con i Panama Papers. Purtroppo, anche questa volta non c’è tempo di crogiolarsi all’ombra delle palme, nelle acque cristalline e con un Mai Tai incollato alla mano: le notizie sono tante e sono assurde. C’era da aspettarselo però, in un gioco al rialzo come il calcio, con così tanti soldi che girano, era naturale che ad un certo punto qualcuno andasse a guardare oltre la superficie patinata.

29224880014_0775b40253_zMa effettivamente cosa contengono i documenti del leak? Ci mostrano un mondo, quello del calcio, che ormai con lo sport ha poco o nulla a che fare. Si passa dalla ormai famosa “clausola anti-sputi” imposta a Balotelli (una risposta più che valida alla sua domanda “Why always me?”), a Neymar che viene pagato 50mila dollari per fare su delle figurine quello che normalmente fa gratis: gli autografi. Senza parlare degli ingaggi stellari di Hugo Lloris, premiato anche quando perde; del Pocho Lavezzi, che con i suoi 56,7 milioni di dollari spalmati in 23 mesi è il calciatore più pagato al mondo. Ma anche dei poco chiari trasferimenti di calciatori sudamericani (tra cui Alex Sandro, Gonzalo Higuain e Carlos Tevez) in squadre in cui, di fatto, non hanno mai giocato; fino all’incredibile e intricato giro d’affari dietro al giocatore che detiene la palma di più costoso della storia, Paul Pogba.

Una storia dunque di giornalismo investigativo 2.0 e di uno sport che ha perso il senso del gioco ed è diventato solo business.

Come nel caso dei Panama Papers, anche per i nuovi Football Leaks tutto parte da un whistleblower, una talpa, o per dirla all’antica una “gola profonda”, e da un consorzio internazionale di giornalisti che indaga per rivelare la verità dei torbidi affari. All’inizio Football Leaks era un sito internet, pubblicava sostanzialmente dei link per un sito di download, sui quali erano in accesso pubblico i contratti, gli ingaggi, email private, credenziali bancarie et alia trafugati da fonti anonime. Nell’aprile del 2016, un articolo annunciava l’interruzione dell’attività di condivisione e i motivi sarebbero stati riportati il mese successivo nel settimanale tedesco «Der Spiegel». Tutto il materiale dei Football Leaks è stato trasferito al consorzio giornalistico internazionale EIC, European Investigative Collaborations, composto da dodici testate periodiche (non quotidiani) di dodici paesi. Il cambio radicale è stato giustificato sulla base del fatto che John, il misterioso fondatore del sito, ricercando il marcio ne aveva trovato così tanto che non bastava più rendere pubblico solo qualche contratto, voleva far vedere come ogni biglietto, ogni merce certificata, ogni pallonata fosse in realtà parte di un enorme sistema corrotto. Così si è avvalso della capacità analitica dei giornalisti per tracciare, identificare e sopratutto rivelare il grande schema nascosto.

imageHa scelto il EIC per esigenze di trasparenza. Il consorzio dichiara nei suoi intenti di voler analizzare principalmente argomenti legati all’Europa per dimostrare come i rapporti di potere influenzano la politica e le comunità dell’Unione, per questo gli ambiti di indagine principali riguardano il crimine (sia organizzato che non), lo sport, spese pubbliche, la corruzione, lobby, gruppi religiosi, affari militari e servizi segreti, banche e finanza, ecc. Può partecipare un’unica testata per paese in modo da garantirgli l’esclusività nazionale delle informazioni. Nonostante ognuno porti il proprio contributo, la redazione del «Der Spiegel» si occupa di sviluppare i nuovi strumenti informatici che servono all’analisi dei documenti che il EIC riceve o trova. Infatti nuovi strumenti di analisi si sono resi necessari in questo caso, come nei Panama Papers, dato che la mole dei documenti ricevuti dall’anonimo creatore del sito Football Leaks eccedeva il terabyte e i giornalisti, anche se avevano un’idea di quello che gli hard disk contenevano, non sapevano cosa dover cercare.

Ma tornando a “John”, la domanda su chi sia e come abbia ottenuto i documenti sorge spontanea. L’unica redazione ad aver avuto contatti frequenti è quella del «Der Spiegel». Tramite quest’ultima, anche la redazione di «The Black Sea» lo ha incontrato. John prende le incerte sembianze di un giovane bon vivant, festaiolo e bevitore di birra, nato in Portogallo ma capace di parlare cinque lingue diverse, e come se non bastasse ne studia altre due. Lo si può trovare tra i fan del Hamburg SV, uno dei tanti ululanti tifosi che spinge la squadra verso la Seconda Divisione , in incognito tra i sostenitori mentre tutti i principali club europei chiedono la sua testa. Sì, perché con i suoi leaks ha creato il più grande terremoto della storia del calcio per club, considerata anche la sospensione di Blatter e Platini a capo di FIFA e UEFA. Tutto è iniziato nel 2015, quando nella lega portoghese si sono verificati dei dubbi trasferimenti di giocatori che vedevano coinvolti gli stessi tre-quattro procuratori e i presidenti corrotti delle principali squadre. Da quel momento, ha iniziato (anche se nei messaggi criptati che ha mandato si riferiva a se stesso al plurale) ad indagare. Ma sulle modalità di ottenimento dei documenti rimane enigmatico, non sono stati trafugati informaticamente “non siamo hacker” sostiene, ma assicura comunque che provengano da fonti sicure. Nonostante ciò, egli stesso è risultato sufficientemente convincente dato che le testate partner del EIC stanno rivelando ognuna un aspetto del problema, facendo crollare il puzzle un pezzo alla volta.

Ma il puzzle sembra particolarmente resiliente dato che solo qualche giorno fa, l’ambito premio della FIFA, il Pallone d’Oro, è stato consegnato a Cristiano Ronaldo, uno dei giocatori spagnoli “di adozione” che, insieme Gareth Bale e Lionel Messi, sono stati l’oggetto prediletto delle rivelazioni dei Football Leaks. Sono chiaramente in buona compagnia, non solo di altri calciatori, ma anche dei propri procuratori e allenatori, nonché Presidenti di club, ma le loro tre storie sono particolarmente esplicative.

Il trasferimento, dalla corte del Tottenham al Real Madrid, di Mr. 100 milioni, cifra (allora) record della cessione, ha sempre destato numerosi dubbi e sospetti riguardo la legalità dell’accordo. Già nel 2013, leggendo il contratto di Bale, si era scoperto come i due club si fossero accordati per rivelare al pubblico una cifra inferiore rispetto a quella pattuita: 91.5 milioni di euro dichiarati contro i 100.7 realmente sborsati dai Blancos.

Col tempo, però, sono emersi particolari decisamente più inquietanti rispetto a “qualche” milione in meno dichiarato nel contratto. Il club madrileno, infatti, si era accordato con la società inglese per pagare il cartellino di Bale in quattro rate tramite promissory notes, uno strumento finanziario attraverso cui il debitore si impegna a pagare la cifra stabilita ad una data decisa precedentemente. Queste promissory notes furono successivamente acquistate da alcune banche spagnole, tra cui Bankia, che quindi si sono prese carico del debito nei confronti del Tottenham. Qual è il problema? Che l’istituto bancario in questione era da poco stato salvato dal cosiddetto “fondo salva-stati” dell’UE: in poche parole, i soldi che Bankia avrebbe rigirato al Tottenham erano, in parte, soldi provenienti dei contribuenti di tutta Europa. Un caso che ha colpito nel profondo l’Unione Europea, che proprio all’inizio del 2016 ha dato via ad un’interrogazione parlamentare dal titolo “Possibile caso di aiuto di Stato sul trasferimento di Gareth Bale al Real Madrid finanziato da banche salvate”.

Fabio_Capello_2012Passando all’ erede di Maradona”, qualcuno si ricorda il “Messi & Friends Tour”? Nessuno? Tranquilli, non siete i soli. Dal nome che ricorda quello di una band dello Zecchino d’Oro (e anche un po’ sfigata), è stato un tour a dir poco fallimentare, svoltosi tra 2012 e 2013, in cui le maggiori stelle del calcio mondiale si sarebbero dovute affrontare sul campo per raccogliere dei fondi a scopo benefico. “È tutto molto bello” direbbe Bruno Pizzul. E invece no, perché sono ben due i casi di marcio provenienti da questo tour.

Il primo riguarda Fabio Capello, uomo ormai abituato agli scandali per essere stato l’allenatore della Juventus coinvolta in Calciopoli. L’allora CT della Russia era stato ingaggiato per fare da allenatore agli “amici” di Messi per, ricordiamolo, un evento benefico. Dai documenti leakati risulta che Capello abbia ricevuto una “mancia” di ben 75mila dollari. Soldi, per altro, arrivati con un complesso sistema finanziario in cui è coinvolto in prima persona il fondo Doyen, purtroppo ben noto a chi mastica un pochino di calcio sudamericano (ma non solo).2015_UEFA_Super_Cup_64_crop

L’altro caso riguarda, naturalmente, il tour stesso e colui che ci ha messo la faccia, Messi in persona. Come già detto, la tournée andò malissimo, arrivando addirittura a cancellare una delle gare a meno di 24 ore dal fischio d’inizio, provocando l’ira degli sponsor. Complicatissimo fu anche trovare i componenti della squadra che componevano il “Resto del mondo”, attirando calciatori di scarso spessore. Inoltre, lo stesso Messi non si comportò benissimo, non scendendo nemmeno in campo in una delle partite organizzate e costringendo gli organizzatori a rimborsare i biglietti di coloro che erano andati allo stadio per poter ammirare le gesta de La Pulga.

Tutto ciò porta a pensare che in realtà questo “Messi & Friends Tour” non è stato altro che un mezzo per riciclare del denaro: ci sono stati addirittura sospetti sul coinvolgimento di bande di narcotrafficanti colombiani, ma queste accuse sono state rigettate dai giudici.

Ronaldo_vs._FC_Schalke_04_(16854146922)Finiamo con l’ultima stella, la nemesi di Messi, Cristiano Ronaldo. Per lui le accuse sono più “banali”: una “semplice” evasione fiscale di 150 milioni di euro, dirottati in paradisi fiscali. Quello che stupisce, però, è l’incredibile ed inquietante decisione del giudice Arturo Zamarriego, già noto per la sua curiosa concezione di “libertà di stampa”, che ha proibito ai giornali spagnoli (primo tra tutti «El Mundo», quotidiano facente parte dell’EIC) di pubblicare le informazioni uscite dal leak sul campione portoghese. Un tentativo di censura che non ha comunque fermato il lavoro dei giornali sportivi di tutto il mondo, dato che ormai le accuse a CR sono note a tutti. Accuse che tuttavia non hanno impedito, come precedentemente accennato, al numero 7 del Real di vincere il suo quarto Pallone d’Oro.

La speculazione sui giocatori come si vede non si concentra sulla bravura o il merito sportivo, passa invece ai diritti di immagine, alla pubblicità, il valore mediatico. Così entrano in campo i procuratori e le loro agenzie. Per ognuno di questi i giocatori sono tanti i proventi sui diritti, sulle vendite, in generale il guadagno cresce, lievita . Un giro di soldi che inizia sul campo, passa dall’Olanda (dalle agenzie) e finisce in Argentina (terra madre della maggior parte dei procuratori). Somme che passano di tasca in tasca ed ad un certo punto spariscono e vanno a nascondersi offshore sotto il sole dei Caraibi.

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