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“Football Clan”: la fine del calcio?

di Simone Lo Giudice

Perché il calcio è diventato lo sport più amato dalle mafie? Lo abbiamo chiesto a Raffaele Cantone giovedì scorso nell’Aula Magna del nostro ateneo. Il magistrato napoletano, coadiuvato dal giornalista Luigi Ferrarella de “Il Corriere della Sera”, ha preso parte all’incontro “Mafie 2012: legalità e istituzioni” (organizzato dal Coordinamento per il diritto allo studio e dall’Osservatorio antimafie Pavia, con il patrocinio della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pavia e dell’Ente per il diritto allo studio universitario). Al termine dell’incontro abbiamo avvicinato Cantone per parlare del libro-indagine “Fooball Clan” (Rizzoli, 2012), scritto insieme al giornalista Gianluca Di Feo de “L’Espresso”.  Le parole del magistrato non lasciano dubbi sul precario stato di salute del calcio di oggi.

Inchiostro – Partiamo dal sottotitolo del libro: “Perché il calcio è diventato lo sport più amato dalle mafie”. Se ce lo dovesse spiegare, lei ha una risposta?

Raffaele Cantone – Sì, è molto semplice. Il calcio è uno sport popolarissimo e movimenta i due poli che interessano maggiormente le mafie: consenso e denaro.

Quando è cominciata la fascinazione della malavita nei confronti di questo sport?

Ma io credo che sia più o meno contestuale alla nascita del calcio. Io penso che c’è un momento nel quale si comprende che questo sport può essere un grande strumento di potere. Noi lo individuiamo nel libro con il Mondiale del 1978, ma è solo un tentativo di datazione. Così come ci furono le famose Olimpiadi ai tempi del Nazismo e del Fascismo, in cui lo sport in generale venne usato come instrumentum regni. Io dico che quella vicenda ha dimostrato che il calcio può essere uno strumento di potere formidabile. Un Mondiale di calcio fu utilizzato per fare grande pubblicità a una dittatura. Quello secondo me ha cambiato la percezione mondiale di questo sport. Poi in Italia si è capito, in particolare con l’avvento delle presidenze alla Berlusconi, che il calcio ti poteva portare a essere conosciuto in mondi nei quali un imprenditore normale non sarebbe mai stato noto. In Italia, oltre Agnelli, quali erano gli imprenditori conosciuti? Nessuno!

Il fenomeno del calcio-scommesse rappresenta l’ultima deriva della mafia nello sport. Quali possono essere i rimedi per arginarlo?

I rimedi per arginarlo vanno in controtendenza con la legislazione. Perché bisognerebbe avere il coraggio di intervenire su una serie di tipologia di scommesse, che sono per loro natura criminosa. Però oggi apprendiamo dalla legge di stabilità che viene fatto l’ennesimo emendamento con cui vengono introdotti nuovi giochi di azzardo. Il problema è che lo Stato dal gioco d’azzardo, ormai legalizzato in modo assolutamente indecente, guadagna cifre per le quali non ha nessun interesse a regolamentarlo per ridurlo. Per evitare di buttare il giocattolo, io credo che bisognerebbe intervenire su una serie di scommesse che sono criminogene: le scommesse live, le scommesse sulle squadre minori e le scommesse su alcune tipologie di partita sono pericolosissime. Se noi pensiamo che queste rendono più di quanto sia utile, allora questa è una scelta del fisco. Però io vorrei invitare chi non ha la memoria lunga a vedere quello che è successo nell’ippica, dove il mondo delle scommesse ha distrutto uno sport che era comunque popolare. Oggi gli ippodromi chiudono perché non va più nessuno, perché le corse hanno perso completamente credibilità. Che è la stessa fine che rischia di fare il calcio. Questo è il punto.

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