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After Hours: Tag (Sion Sono, 2015)

Il Torino Film Festival torna a riservare uno spazio importante della sua programmazione alla figura di Sion Sono. Tre i film girati quest’anno dal regista giapponese scelti per la sezione After Hours. Oltre a Love & Peace e Shinjuku suwan anche Tag (Riaru onigokko), commedia dell’orrore dall’intelaiatura tipicamente postmoderna nella quale a dominare è la verve registica dell’autore di Love Exposure (2007). La studentessa liceale Mitsuko, spaurita protagonista in fuga dalla minaccia mortifera di un vento assassino, ricopre un ruolo triplicato, spartito nella dimensione ludica di una onanistica macchinazione virtuale. I continui e repentini cambi di scena dettano il ritmo forsennato a una narrazione esile e ondivaga, la cui corretta interpretazione è fornita soltanto da un finale sospeso tra la fiaba e lo sprofondamento in nuovo sogno. Oltre al sangue (in quantità copiose) e alle parossistiche dosi di azione, fanno capolino nel film diversi momenti di rarefatta e delicata visionarietà, ennesima acrobatica dimostrazione della capacità tecnica alla quale ad oggi ha sempre abituato la febbrile produzione di Sono. Un esito che, per l’abbondanza di contenuti e trovate spiazzanti, accontenta il pubblico dei più affezionati, senza tuttavia lasciare un segno indelebile nella memoria di chi avverte in questo pandemonio di visioni assurde, più che la necessità di un discorso inedito, il desiderio sfrenato dell’autocompiacimento.

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