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Festa Mobile: The Assassin (Hou Hsiao-hsien, 2015)

A otto anni dall’ultimo lavoro Hou Hsiao-Hsien torna a dare lustro alla sua filmografia con The Assassin (Nie yin niang), miglior regia all’ultimo Festival di Cannes nonché iridescente incursione nel wuxiapian (sorta di corrispettivo cinese del “cappa e spada”). Si tratta della personalissima esplorazione di un immaginario, ennesima prova autoriale di un maestro formalista capace di superare il livello di compattezza stilistica, già proibitivo, raggiunto con molti dei suoi titoli maggiori (Città dolente, Goodbye South, Goodbye, Millennium Mambo per citarne alcuni). Pur mantenendosi ottemperante alle prescrizioni del genere, il regista taiwanese non smette di rinunciare a rigore ed eleganza inusitati per scene d’azione al fulmicotone, talvolta accompagnate dal ritmo trascinante di una musica elettronica minimale che ne asseconda e definisce prontamente lo sviluppo. I conflitti esteriori (fra la provincia e l’Impero) e quelli dell’interiorità (fra le ragioni del cuore e la ragion di Stato) conoscono una sovrapposizione tale da portare a rilevare in ogni sequenza di apparente stasi il veicolo di una tensione sempre palpabile. Ma soprattutto, a una combinazione superlativa di fotografia e messinscena, ammanto minuzioso che lascia a bocca aperta, viene affidato lo scandaglio di sentimenti inconfessati, la cui resa visiva rapisce e confina l’occhio destinato a perdersi fra le mille cromie di uno dei film più intriganti dell’intero festival.

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