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Fischia ancora il vento?

di Andrea Gobbato

 

Sessantasette anni fa il CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) proclamava l’insurrezione nazionale e l’occupante nazista veniva scacciato dal suolo italiano dalle bande partigiane, le quali entravano trionfanti nelle città liberate di Milano, Genova e Venezia dopo due lunghi anni di Resistenza, iniziata l’8 settembre 1943 in seguito all’armistizio del governo Badoglio con le forze anglo-americane.

Contemporaneamente, sulle sponde del fiume Elba (nell’attuale Repubblica Ceca), le truppe americane si incontravano con quelle sovietiche, abbracciandosi e scambiandosi piccoli regali simbolici, mentre negli USA venivano buttate le fondamenta delle Nazioni Unite. Il 25 aprile fu un giorno storico, che segnò ufficiosamente la fine della Seconda Guerra Mondiale  in Europa (la Germania capitolò poi definitivamente il 7 maggio) e la fine della Guerra di Liberazione italiana.

La Resistenza fu forse il vero momento in cui l’Italia si dimostrò per la prima volta un paese unito, ancor più che nelle trincee del Carso durante la Prima Guerra Mondiale; movimenti spontanei di partigiani nacquero un po’ ovunque nel nord Italia con un unico, grande obiettivo comune: scacciare l’usurpatore dalla patria. Le bande riunivano comunisti, democristiani, repubblicani, anarchici, badogliani, socialisti, cattolici e liberali. Tante bandiere di diverso colore politico riunite sotto il tricolore, per la prima e probabilmente ultima volta dai tempi del Risorgimento.

Si ha però il sentore che questo avvenimento sia stato ormai svuotato del proprio significato e della propria importanza, e che le generazioni più giovani nemmeno si ricordino di che cosa avvenne nel biennio 1943/1945. Quasi come se si trattasse solo di una vecchia pellicola in bianco e nero da dimenticare in solaio lasciando che si ricopra pian piano di polvere. Bisognerebbe anche chiedersi cosa potrebbero pensare in questi istanti i giovani partigiani di allora, vedendo in che situazione si trova oggi a ristagnare il paese per cui hanno lottato e sono morti. Non voglio dilungarmi su fatti già ampiamente dibattuti, ma almeno questo glielo dobbiamo, altrimenti veramente il loro sacrificio sarà stato vano.

Forse, in questa Italia derelitta e in ginocchio, ci sarebbe bisogno di un nuovo vento di Resistenza, questa volta pacifica ma che dimostri, a noi stessi e al mondo intero, che gli italiani non sono i soliti calciofili menefreghisti, ma una vera nazione con un proprio orgoglio e pronta a non abbassare servilmente la testa di fronte ad una classe dirigente senza scrupoli che ha tradito le speranze di milioni di persone.

Solo per oggi, almeno per questa volta, allontanatevi dai social network, dalle televisioni e dal tutto il resto per passare (se ancora avete la fortuna di averli al vostro fianco) una giornata coi vostri nonni. Domandategli cosa significava vivere sotto l’oppressione nazi-fascista e ascoltate quello che hanno da dirvi, perché nessun professore universitario potrà mai insegnarvi una lezione più utile di questa.

Per non dimenticare, per fare in modo che il vento continui a fischiare.

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