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Racconto di Federico Angriman – terzo classificato al Concorso Letterario “Blu” 2021

Il Signor P prese delicatamente il foglio dalle mani del Segretario che glielo stava porgendo e fece un timido cenno di ringraziamento col capo. Cominciò poi a palpare una ad una le tasche della giacca, alla ricerca di una penna.
– Potrebbe passarmi quella penna, gentilmente? – chiese al Segretario che davanti a lui attendeva la consegna dell’autocertificazione.
– Guardi purtroppo non ne ho, dovrebbe provare a vedere alla cartoleria qui di fianco, sono mortificato.
– Sta scherzando?
– No, assolutamente. Mi scuso di nuovo e se posso fare altro per lei mi dica pure.
– Certo, potrebbe passarmi quella penna che vedo esattamente davanti a lei. Gliela prendo due secondi, giusto il tempo di firmare l’autocertificazione e poi gliela ridò.
– Sta scherzando lei, ora?
– No, perché mai? Voglio solo firmare il foglio, salutarla e continuare la mia giornata.
– Con questa penna?
– Sì, gentilmente.
– La penna blu?
– Sì, grazie.
– Non posso, mi spiace.
– In che senso non può? Guardi, è davvero una questione di pochi secondi e poi la lascio in pace, mi passi la penna e buona giornata.
Il Segretario guardò la penna intensamente, come se stesse dialogando telepaticamente con l’oggetto chiedendone il consenso. Poi annuì e con un improvviso piglio, quasi seccato, si rivolse al Signor P.
– Non posso, non esiste proprio. Mi permetta di dirle, senza offesa, che da lei non me lo sarei proprio aspettato.
Il signor P fece un passo indietro, come per estraniarsi momentaneamente da quella surreale conversazione, cercando di cambiare punto di vista e carpire la bizzarra logica del Segretario. Guardò la penna, guardò il segretario e poi di nuovo la penna. Il segretario guardò il Signor P, la penna e poi lentamente mosse la mano preparandosi ad afferrarla.
– Signor P, la prego, non faccia nulla di cui si potrebbe pentire
– Signor Segretario, non credo proprio di intenderla
Il signor P mosse la mano verso la penna, con la calma di chi sa di non star facendo nulla di male, ma la tensione di chi non sa più cosa aspettarsi, rivolgendo sempre, nel mentre, lo sguardo al segretario. Di tutta risposta il Segretario si lanciò sulla penna, con un gesto sgraziato e inutilmente ampio,
afferrandola a due mani e tirandola a sé, come se pesasse decine e decine di volte il normale peso di una biro.
– Cosa sta facendo Segretario?
– Lei ha mai visto qualcuno firmare un documento con una penna blu, Signor P?
– Francamente non ho ricordi precisi a riguardo, immagino di aver incrociato certamente qualche occasione simile nella mia vita.
– Mi permetta di dirle Signor P che non mi aspettavo da lei che frequentasse certi circoli di ribelli e individui talmente disprezzanti l’ordine civile.
– Ribelli? Ma di cosa sta parlando? Credo che questo sia lo scherzo più complesso a cui abbia mai assistito. Mi permette di dirle che trovo improbabile che riesca a strapparmi una risata dopo una scenata del genere.
– Ah, è tutto una barzelletta per lei? Immagino che sia per questo che tratta documenti ufficiali come dei fogli da colorare. Vuole che le disegni pure dei puntini da unire?
Il signor P fece un ulteriore passo indietro. Non aveva ancora deciso come rispondere, se offendersi o risparmiare, per pietà sua e del povero Segretario, un litigio inutile nel bel mezzo della mattinata. Guardò l’orologio: erano solo le nove e mezza. Avrebbe avuto un’altra ora prima del meeting. Rialzò lo sguardo verso il Segretario.
– Mi ascolti, mi dia quella penna e mi faccia firmare. Blu, nera, verde non cambia assolutamente nulla. Faccia l’adulto e abbia un po’ di rispetto.
– Lei si immagina cosa sarebbero questi scaffali- disse indicando la montagna di cassetti traboccanti di fogli alle sue spalle – se ognuno utilizzasse il colore che più gli piace per firmare questi documenti. Le sembra forse l’ufficio di un pagliaccio questo? Crede che ai piedi abbia delle scarpe taglia 84 solo per divertire lei? Io ho studiato per questo lavoro, lo sa?
– Non ho dubbi a proposito ma non capisco cosa questo possa avere a che fare con quella penna blu.
Il Segretario sbuffò, esasperato. Come scosso da una folata di inquietudine si ricompose. Riportò lo sguardo al Signor P.
– Mi ascolti – disse- lei ha mai sentito parlare del “mare”?
_ Lei è davvero pazzo, mi scusi. Certo che ho sentito parlare del mare, degli oceani, dell’acq…
– No, no, mi ascolti: io le sto parlando del “mare”. È il posto dove finiscono tutti i fogli che voi punk o artisti, o come volete chiamarvi, scarabocchiate con le vostre penne blu. È stato creato dal Ministero dell’Interno alla fine degli anni 70’ per combattere i disordini civili. Mi segue?
Il signor P si passò una mano in fronte allibito. Ogni voglia di litigare era prontamente sfumata a fronte di un sopravanzante desiderio di chiudere quella conversazione e scomparire. Alzò lo sguardo e vide che il Segretario lo stava ancora fissando muovendo il capo alla ricerca di un cenno di assenso. Basta, si disse il Signor P. Allungò all’improvviso il braccio e carpì dalle mani del Segretario la penna blu.
– Si fermi, folle. Non faccia pazzie – gridò quello cercando di montare sulla scrivania per lanciarsi sull’uomo che, a pochi passi, si era ripiegato su se stesso e, poggiandosi sulla propria coscia, scriveva freneticamente i propri dati. Nel giro di un secondo il Segretario gli fu addosso. Le braccia e le gambe si aggrovigliavano attorno ai corpi come in un gomitolo, mentre i due rotolavano battendo prima contro le pareti e poi contro la scrivania
– Fatto! – gridò il Signor P; e tutto si fermò.
I due a terra si staccarono lentamente. Il Segretario si sospinse indietro lungo il pavimento con le mani, quasi si stesse allontanando impaurito. Il Signor P gli allungò il foglio compilato, scrollandosi la polvere di dosso, soddisfatto di quel gesto che sarebbe sicuramente valso mille storie al bar.
Ma il segretario era ancora lì, ora fermo a pochi metri, assolutamente ipnotizzato dall’uomo che davanti a lui, tenendo una penna blu in mano, gli porgeva un foglio. Tenga su, facciamola finita – gli disse il Signor P.
Il Segretario si alzò con la cautela di chi fronteggia un animale selvatico. Con la stessa velocità si stirò approssimativamente i vestiti e allungando il braccio prese il foglio. Io l’avevo avvertita – disse con fare minaccioso e sconfortato mentre tornava dietro alla sua scrivania.
– Ora che ha il suo foglio posso andare?
– Lo timbro ed è tutto suo – rispose il segretario – Buona fortuna, Signor P.
Il Signor P prese il foglio, fece un cenno di saluto al bizzarro Segretario e si avviò oltre la porta.
Chissà cos’era accaduto all’uomo che l’aveva accolto per giustificare un comportamento simile. Certo, anche il Signor P fin da piccolo aveva creduto nell’importanza delle norme non scritte di cortesia ed eleganza, ma sicuramente non fino al punto da farne una questione di confronto fisico. D’altronde un po’ di blu ogni tanto per spezzare la monotonia della lettura dei documenti non gli pareva una così cattiva idea, una toccata di vita in una giornata in scala di grigi.
“Ciaff ciaff”.
Il Signor P si fermò. Fece un ulteriore passo: “ciaff”.
Guardò per terra e vide una distesa di fogli che si muovevano attorno alle sue caviglie ondeggiando come acqua e causando quel buffo rumore ad ogni movimento. Provò a coglierne uno per curiosità ma, proprio come acqua, non gli rimase nulla in mano, se non una sensazione di umidità e una vivace tinta blu. Il Signor P si girò verso la porta.
“Ciaff ciaff”.
I fogli erano ora alle sue ginocchia. Il buffo rumore si coprì rapidamente con i battiti del suo cuore che mentre il “mare” inghiottiva le gambe del Signor P, ne afferravano la gola, con la mano dell’angoscia più profonda.
Ma sul muro, all’improvviso, notò una piccola scatola in vetro. “In case of emergency break glass”, leggeva la scritta sopra di essa, e, al suo interno, una copia intonsa del foglio e una penna nera.
Con le copie firmate in blu ormai all’ombelico, il Signor P si lanciò verso la parete, trattenuto però da quell’inchiostro viscoso che ne ancorava i piedi al pavimento, permettendogli solo di agitare le braccia e stirarsi, quanto più almeno la paura e il dolore gli permettessero.
Infine, tutto divenne blu.

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