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Fight for Pink, la volata finale

di Andrea Cereda

Al nostro ultimo appuntamento mancavano tre tappe alla fine, quelle in cui ci si giocava il tutto per tutto. Vediamo come si è concluso questo Giro d’Italia 2012, edizione numero 95.

La diciannovesima tappa, da Treviso all’Alpe di Pampeago di 198 km, è stata un importante banco di prova per capire chi davvero, tra gli uomini di classifica, poteva dire la sua.
Dopo una partenza veloce, il gruppo ha concesso a diciassette uomini di andare in fuga e ha permesso loro di accumulare un massimo di 10’ di vantaggio. In prossimità della terzultima delle cinque importanti salite di giornata, prima il Katusha Team, poi la Liquigas – Cannondale, hanno iniziato a tirare alzando l’andatura del gruppo maglia rosa e riducendo il ritardo sui fuggitivi.
A 25 chilometri dal traguardo, Kreuziger (Astana Pro Team) si è staccato dagli uomini di classifica andando a riprendere i fuggitivi per dimostrare a tutti che la disfatta di Cortina è stata un caso e che, senza quella giornata no, sarebbe stato anche lui tra i contendenti per la vittoria finale. A 3,5 chilometri dall’arrivo il giovane ceco è rimasto da solo in testa alla corsa.
Dietro, nel gruppo maglia rosa, Hesjedal (Garmin – Barracuda) ha prontamente e brillantemente risposto all’unico scatto di Basso (Liquigas – Cannondale) e ai tre attacchi di Scarponi (Lampre – ISD). L’ultimo dei tre attacchi del vincitore dello scorso Giro è andato in porto e ha permesso a Hesjedal e Scarponi di staccare Rodriguez (Katusha Team). Basso e Uran (Sky Procycling), vittime delle accelerazioni, hanno perso contatto dagli altri.
A un chilometro dal traguardo Hesjedal è riuscito a staccare Scarponi che è stato beffato anche da Rodriguez. Al primo posto si è classificato Kreuziger.
In classifica generale, al vertice non è cambiato nulla con Rodriguez sempre in rosa, tuttavia Hesjedal si è avvicinato al primo posto, Scarponi è avanzato al terzo posto a scapito di Ivan Basso, arrivato al traguardo con 55’’ di ritardo e con un ghigno di sofferenza stampato in volto.

La penultima tappa, Caldes/Val del Sole – Passo dello Stelvio, 219 km, è stata probabilmente la giornata più dura del Giro, con il Passo del Tonale, l’Aprica, l’ascesa verso Teglio, il Mortirolo, 1718 metri sul livello del mare e pendenze che sfioravano il 22%, e, infine, la lunghissima salita verso il Passo dello Stelvio che, con i suoi 2757 metri è stata la Cima Coppi del Giro 2012, cioè il punto più alto toccato dalla corsa rosa.
Dopo le prime tre salite la situazione vedeva un drappello di uomini in fuga seguiti da un nutrito gruppo maglia rosa. Nel tratto più duro del Mortirolo, il belga De Gendt (Vacansoleil – DCM Procycling Team), ottavo in classifica generale, ha preso l’iniziativa ed è andato a rimontare sugli uomini in fuga tra i quali c’era un compagno di squadra, il bergamasco Carrara, che è risultato essere un ottimo gregario.
Rodriguez (Katusha Team), sempre sul Mortirolo, ha provato ad accelerare qualche volta per valutare lo stato di forma degli avversari e ha constatato che Hesjedal (Garmin – Barracuda) era sempre pronto e scattante. Durante la discesa Cunego (Lampre – ISD) ha raggiunto il gruppo maglia rosa ed è riuscito a staccarlo andado a prendere De Gendt e Nieve (Euskaltel – Euskadi). Questi tre uomini a 28,5 chilmetri dal traguardo hanno preso le redini della corsa staccando tutti e arrampicandosi da soli sullo Stelvio. Dietro, nel gruppo maglia rosa si è dovuta dar da fare la Garmin – Barracuda, poiché nessuna delle altre squadre ha voluto prendere l’iniziativa di tirare.
De Gendt, quando mancavano 11 chilometri alla sommità dello Stelvio, ha staccato i compagni di fuga e ha iniziato ad imprimere alla propria marcia un ritmo forsennato, arrivando ad accumulare un vantaggio superiore ai 5’ e sfiorando di pochi secondi la maglia rosa virtuale.
Hesjedal, nonostante fosse secondo in classifica, spaventato dal vantaggio del belga in testa, ha accelerato per limitare i danni e per presentarsi alla cronometro di Milano con un vantaggio sufficiente da non temere De Gendt, ottimo nella gara contro il tempo.
Quando mancavano 2 chilometri all’arrivo, Scarponi (Lampre – ISD) ha attaccato senza che Hesjedal e Rodriguez riuscissero a rispondere. Basso (Liquigas – Cannondale), invece, ha patito l’accelerazione è ha perso contatto dai primi.
Sul traguardo sono arrivati, nell’ordine, De Gendt, che è passato dall’ottavo al quarto posto in classifica generale (ritardo di 2’18’’), Cunego, Nieve. Rodriguez, con una grande rimonta è arrivato quarto davanti a Scarponi (+1’51’’ in classifica generale) e a Hesjedal (+31’’ in classifica generale), mentre Basso ha salutato ogni speranza di vittoria arrivando decimo e passando al quinto posto in classifica a 3’18’’.
Questi distacchi, in vista della cronometro conclusiva, davano come favorito Hesjedal.

Ventunesima e ultima tappa, la cronometro di Milano ha chiuso e deciso il Giro d’Italia 2012. Il tracciato originale di 30,9 km, con partenza da Piazza Castello e arrivo in Piazza Duomo, è stato accorciato la mattina della gara fino a 28 km. Il percorso non era per niente semplice, molto tecnico, e alternava rettilinei a tratti con molte curve dove, chi voleva far bene, doveva osare parecchio.
Ad aggiudicarsi la vittoria di tappa è stato il bergamasco Pinotti (BMC Racing Team) che ha viaggiato ad una media di 51,117 chilometri orari, superiore di quasi un chilometro all’ora rispetto a Thomas (Sky Procycling), secondo classificato a ben 39’’ dall’ingegnere, già cinque volte campione nazionale nella prova contro il tempo.
Grandi cambiamenti in testa alla classifica. Ivan Basso (Liquigas – Cannondale) è riuscito a mantenere la quinta posizione e, nonostante il risultato non troppo soddisfacente, ha voluto comunque ringraziare i suoi gregari che sono stati eccezionali durante tutte le ventuno tappe. De Gendt (Vacansoleil – DCM Procycling Team) è arrivato quinto al traguardo di giornata ed è riuscito a scalzare dal podio Scarponi (Lampre – ISD), non soddisfatto della sua prestazione al Giro. Hesjedal (Garmin – Barracuda), favorito su Rodriguez (Katusha Team), ha osato, rischiando e correndo sempre al limite e questo gli ha permesso di rispettare i pronostici, nonostante lo spagnolo nell’ultimo anno sia migliorato molto a cronometro. Il canadese della Garmin – Barracuda ha guadagnato 45’’ su Rodriguez ed è salito, quindi sul gradino più alto del podio.
La classifica finale ha visto dunque Hesjedal al primo posto, seguito da Rodriguez a 16’’, De Gendt a 1’39’’, Scarponi a 2’05’’ e Basso a 3’44’’.
La maglia rossa (classifica a punti) è andata a Rodriguez, quella azzurra (classifica dei GPM) è stata vestita da Rabottini (Farnese Vini – Selle Italia) e quella bianca (classifica under 25) è adnata ad Uran (Sky Procycling).

È stato un Giro ricco di sorprese, un podio che non parla italiano (non accadeva dal 1995), un vincitore che non era dato tra i favoriti, maglia rossa che non finisce al velocista più forte del Mondo, Cavendish (Sky Procycling), maglia azzurra ad una giovane promessa del ciclismo. Il tracciato e l’altimetria, che in sede di presentazione avevano destato dubbi e perplessità sulla difficoltà della corsa, si sono rivelati adatti allo spettacolo e a continui colpi di scena che hanno reso questo Giro indeciso fino alla fine.
Hesjedal ha meritato questa vittoria, conquistando a sorpresa la maglia e non mollando mai la presa quando si trovava ad inseguire. Sulle grandi salite non si è fatto spaventare dagli attacchi avversari, ha anzi risposto prontamente e, dove necessario, è stato lui stesso a muoversi in prima persona. Infine, con la cronometro milanese, ha dato prova di grande forza e intelligenza, ha attaccato e rischiato nel limite, senza andare oltre per non distruggere un successo costruito rincorrendo giorno per giorno la maglia rosa. A lui, primo canadese nella storia del Giro a conquistare la vittoria finale, vanno dunque i complimenti degli appassionati di ciclismo per la sua grande prova.
Un dato importante che emerge da questi ventuno giorni di corse è che l’Italia ciclistica ha nuove leve molto promettenti; Ferrari, Rabottini, Guardini e Caruso su tutti (ma non sono i soli), che fanno ben sperare per le gare a tappe che verrano, per le grandi classiche e le gare di un giorno in cui l’Italia ha una grande tradizione da portare avanti, basti pensare che negli ultimi dieci anni sono stati quattro i titoli Mondiali vinti da nostri ciclisti, un’Olimpiade, tre Coppe del Mondo e un UCI Pro Tour (nuovo nome assegnato alla Coppa del Mondo).
Con questa bella speranza per il futuro si chiude questa rubrica sulla corsa rosa.

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