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Fiabe – In memoria di W. K. Grimm (e J. L. Grimm)

24 febbraio 1786 nasceva ad Hanau (Germania) Wilhelm Karl Grimm (1786 – 1859). Il nome a molti forse non suggerirà nulla di già sentito, ma se a questo aggiungiamo quello del fratello Jacob Ludwig Grimm (1786 – 1863), e poniamo l’accento sul cognome ‘Grimm’, forse che ci sia almeno uno che si ricorderà dei due famosi (a giudicare dalle premesse qui collocate difficile dire quanto!) narratori di favole. Più che scrittori ex nihilo, il loro lavoro li fa apparire come studiosi che si sono affaccendati a raccogliere ed elaborare il patrimonio favolistico della loro nazione, spesso tramandando varianti locali di racconti già pubblicati, come nel caso della fiaba Cenerentola contenuta nell’opera di Giambattista Basile (1566 – 1632), Lo cunto de li cunti.

kIl perché della loro opera è facile a comprendersi: negli anni del Romanticismo raccolgono il frutto di un’esperienza popolare (quella dei Märchen, per dirla alla tedesca) che è espressione dello spirito di popolo sul quale si vuol costruire l’identità della nazione tedesca in formazione. Non è un caso, a proposito, che la prima edizione della raccolta veda la luce alla fine del 1812, vale a dire alla vigilia della battaglia di Lipsia. In totale si contano ben sette edizioni (l’ultima del 1857) che videro un continuo ampliamento del materiale, oltre che una continua revisione di quanto già pubblicato. In quest’operazione il ruolo di Wilhelm fu prezioso al punto che potremmo definirlo l’anima del lavoro. Naturalmente era sempre vigile il consenso del maggiore dei Grimm, Jacob, personalità dal temperamento più intransigente e austero di contro alla meno ascetica e più vivace visione di vita che nutriva l’agire del più giovane. Comunque in entrambi fu sempre attivo il senso della loro missione: approfondire quel movimento di studi che nel passato della propria patria vedeva la libertà del presente (Giuseppe Cocchiara, Prefazione a Fiabe, Jacob e Wilhelm Grimm, Einaudi 1951).

kForse quel che può avvicinare il lettore moderno a un’opera – la quale non fu concepita, nonostante il significato che il suo titolo può suscitare oggi, per un pubblico di età infantile – è la quantità di novità con cui si può trovare ad interagire, perché i due fratelli non furono solamente autori dei fin troppo conosciuti racconti quali Biancaneve, Cenerentola, Hänsel e Gretel, Raperonzolo, ma anche di storie quali La figlia della Madonna, Il fedele Giovanni, I figli d’Eva. In un mondo che si rivela pieno di “illustri sconosciuti”, il lettore dei tempi nostri non si annoierà di certo, coinvolto in avventure la cui tragicità spesso stupisce. Ed anche il noto riserva sorprese! Infatti, se la Disney ha inscenato che furono i nani a far fuori Grimilde, nel racconto dei Grimm le cose andarono diversamente: invitata al matrimonio fra il Principe e Biancaneve proprio da quest’ultima, la matrigna è costretta ad indossare calzature di ferro arroventate da carboni ardenti e a danzare fino alla morte.

É evidente che l’immagine classica del racconto è giunta a noi falsata da molteplici riletture. Rimanendo al caso di Biancaneve, è interessante notare come numerose serie tv e trasposizioni cinematografiche ne abbiano rappresentato i protagonisti che da “tipi” sono diventati “personaggi”. É il caso di Grimilde che nella serie televisiva Once Upon a Time prende il nome di ‘Regina’ – curioso nome di battesimo, è vero, ma icastico nell’evocare il carattere forte e autoritario del personaggio -, la quale ha un vissuto che ne fa un personaggio contraddittorio, complesso e non archetipico come quello di una fiaba e, dulcis in fundo, precorritrice di un cammino di redenzione che la porterà fin sulla via del bene. Ma possiamo ricordare anche il serial Grimm che vede per protagonista nientemeno che la discendenza dei fratelli tedeschi impegnati, nell’odierna Portland, in una lotta contro creature sovrannaturali la cui genesi trae spunto dalla raccolta di favole. E ancora la serie animata Simsalagrimm ed anche il film I fratelli Grimm e l’incantevole strega sono prove dell’uso e riuso dell’opera e della vita dei due.

La psicanalisi, che ha preso in esame il contenuto dei vari racconti, probabilmente non sarebbe troppo felice di questi mutamenti del contenuto originale, benché crediamo sia più dispiaciuta dalla poca importanza che venga data alla fiaba, nella sua veste originale, all’interno della nostra società. Infatti le riletture di cui abbiamo parlato tendono a far del racconto un prodotto per un pubblico adulto oppure (vedi il caso della Disney) ad addolcirlo, a smussare gli angoli di una narrazione a volte cruenta. Bruno Bettelheim (1903 – 1990), illustre psicologo infantile, nel suo saggio Il mondo incantato (Feltrinelli, 1984) ha analizzato come la fiaba permetta al bambino di risolvere i suoi problemi psicologici nel processo di crescita fornendo paradigmi all’inconscio per superare le fratture che caratterizzano il suo sviluppo senza che esse debbano per forza ricomporsi in un quadro armonico di soli aspetti positivi, bensì in un insieme che comprenda luci e ombre della vita. In altre parole la fiaba insegna al bambino che la vita è dura, ma nel far ciò, attraverso la prospettiva del lieto fine, lo pone in una condizione di serena accettazione di quel che dovrà affrontare conscio della possibilità che fallire è umano e che riuscire è possibile. Interessante è il caso di quell’insieme di favole che per Bettelheim va sotto la categoria delle fiabe dello sposo-animale, le quali avrebbero il ruolo di consentire al bambino d’istruirsi sul sesso in un modo adatto alla sua età e al grado di sviluppo del suo intelletto (da Il mondo incantato, pag. 266 – 269). Un limite di una simile lettura dell’opera dei Grimm potrebbe essere quello che valorizza la fiaba in senso unidirezionale, come prodotto ad esclusivo uso e consumo dei bambini. Del resto un’opera viene letta anche secondo le categorie interpretative di un’epoca e nel Novecento la psicoanalisi fornì materiale in abbondanza.

Non stupisce che le fiabe dei Grimm abbiano ispirato in abbondanza la mente dell’uomo moderno, in parte grazie alla loro folkloristica ed incantata natura, in parte attraverso la catena di interpretazioni che ne sono state date nel tempo. Nel commemorare la nascita di uno dei Grimm, non possiamo non sottolineare che un dialogo con il testo dei due fratelli sarà sempre necessario in una società che vorrà educare i suoi membri più giovani ed esso rimarrà comunque il frutto maturo di un lavoro durato una vita che risplende in molteplici modi ancora oggi. Sperando di aver invogliato alla lettura delle fiabe, auguriamo un felice compleanno a W. K. Grimm e che la sua opera possa essere ricordata in futuro.

Tommaso Romano

Redattore per «Inchiostro». Studente di «Antichità Classiche e Orientali» presso l’Università di Pavia, è appassionato di troppa roba. Cento ne pensa, cento ne fa, cento ne scrive (o vorrebbe).

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