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Il mondo femminile e lo sport: il completino non è per la tribuna

Sei una donna. Non puoi stare seduta qui, queste sono le nostre regole.” Sono le parole con cui il 24 maggio Gianluca Pecchini, direttore generale della Nazionale Cantanti, si è rivolto ad Aurora Leone, comica appartenente al gruppo The Jackal, durante la cena svoltasi il giorno precedente alla Partita del Cuore. Si tratta di un incontro organizzato ogni anno a scopo di beneficenza. Aurora era l’unica figura femminile seduta al tavolo della Nazionale Cantanti. Si trovava lì insieme al collega Ciro Priello, nonostante entrambi facessero parte in realtà del team avversario, ovvero i Campioni per la Ricerca; pertanto i due attori hanno pensato inizialmente di doversi spostare entrambi in quanto membri dell’altra squadra. Subito dopo però Pecchini ha ulteriormente specificato: Aurora doveva andarsene, Ciro invece poteva restare.

Appare evidente, dunque, che il requisito per poter rimanere seduti al tavolo era esclusivamente il genere, come ha ancora sottolineato lo stesso direttore: la Leone ha infatti tentato di spiegare che non si trovava lì come accompagnatrice di Ciro, bensì in quanto regolarmente convocata. Pecchini, tuttavia, ha continuato a insistere. “Non farmi spiegare perché non puoi stare seduta qui, alzati.” L’attrice ha ancora provato a ribattere dicendo che le erano pure state richieste le misure per il completino. La risposta di Pecchini è stata che poteva indossarlo in tribuna. “Da quando in qua le donne giocano.”

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Aurora Leone
Crediti: profilo Instagram di Aurora Leone

Un fenomeno diffuso

La vicenda lascia senza dubbio sgomenti e spinge a una riflessione: lo sport è una realtà che riesce a unire le persone a prescindere da distinzioni di razza o sesso, in quanto si fonda unicamente sul fatto di condividere tutti la medesima passione. Qualunque sia il proprio ruolo: atleta, tifoso o allenatore. O così almeno dovrebbe essere, ma l’evento di pochi giorni fa ci trasmette sensazioni preoccupanti.

Nonostante questo, esiste un lato positivo della questione, ovvero l’impatto mediatico che le storie su Instagram di Aurora Leone possono avere; l’attrice è infatti una figura piuttosto nota nel mondo dello spettacolo e del web, specialmente fra i giovani. La speranza è dunque che il problema non passi inosservato, ma venga discusso e posto davanti agli occhi di un ampio numero di persone.

Non tutte le ragazze hanno infatti le stesse opportunità di esposizione e visualizzazione e ciò impedisce di rendersi conto della portata del fenomeno. La discriminazione di genere nello sport è infatti un fenomeno ancora molto diffuso, come si può osservare, ad esempio, nel calcio femminile. Uno studio dell’ottobre 2020 di Women in football associazione inglese volta a supportare tutte le donne che lavorano nel mondo del calcio – rivela che il 66% delle ragazze ha subito discriminazioni di vario tipo, per la maggior parte battute. Tuttavia solo il 12% di loro ha segnalato i casi. Il 34% delle intervistate ha dichiarato di aver assistito ad attacchi in terza persona. L’82% di aver incontrato ostacoli nella loro carriera a causa del genere.

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Ebru Koksal, direttrice dell’associazione Women in Football
Crediti: Stuart Franklin – FIFA/FIFA via Getty Images

In Italia

La situazione in Italia non è florida. Molti ignorano il fatto che fino a pochi mesi fa lo sport femminile non era incluso nell’ambito del professionismo – a differenza di quello maschile – a causa di una norma risalente al 1981. Ciò si concretizzava in una serie di svantaggi pratici consistenti, come il mancato pagamento di contributi per la pensione o l’assenza di congedi per la maternità. L’unico modo per godere di tali diritti era essere ammesse all’interno delle Forze Armate e dell’Ordine.

Chi si è impegnata particolarmente per denunciare tale condizione è stata Sara Gama – capitano della nazionale di calcio azzurra e della Juventus – fin dal 2018. Era il periodo in cui la squadra italiana femminile si era riuscita a qualificare per i Campionati Mondiali, impresa che invece sfuggì ai colleghi uomini. Ricordiamo in particolare il discorso che la Gama pronunciò al Quirinale davanti al presidente Mattarella nell’ottobre 2018, in occasione dei 120° anniversario della fondazione della FIGC.

Con le sue parole l’atleta evidenziò il lungo percorso di sviluppo e affermazione del panorama femminile del calcio, di cui lei e le sue compagne si erano rese testimoni al fine di “fare conoscere il nostro splendido mondo a tutti gli italiani, soprattutto alle bambine italiane, creare per loro dei nuovi modelli”. La svolta si è verificata lo scorso 18 marzo. Con un Decreto legislativo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale si è finalmente deciso di stanziare un fondo volto a favorire il passaggio delle varie Federazioni sportive nazionali al professionismo anche per il settore femminile. È previsto che il processo si concluda entro dicembre 2022.

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Sara Gama sollevata in aria dalle compagne di squadra ai Campionati Mondiali del 2019
Crediti: Robert Cianflone / Getty Images

Un caso all’estero

Anche sul fronte internazionale si sono verificati pesanti casi di discriminazione verso le donne in ambito sportivo. Un esempio eloquente è la storia di Charlotte Girard-Fabre, francese, oggi arbitro nazionale di pallamano, ma con un lungo passato nel campo dell’hockey su ghiaccio. Dopo i Giochi Olimpici di Pyeongchang del 2018, infatti, Girard-Fabre venne rimossa dal suo ruolo di giudice internazionale di hockey perché aveva denunciato una serie di discriminazioni di cui era stata oggetto in ambito sportivo e lavorativo. Discriminazioni cominciate addirittura durante l’infanzia, quando, ad appena nove anni, le dissero che bambini e bambine non avevano diritto di stare sul ghiaccio contemporaneamente. “A partire da quel momento si è strutturata una cortina d’omertà. Mi è stato chiaramente detto che non ero io la vittima, ma l’istituzione che accusavo.

Non sono serviti i sei match arbitrati ai Campionati Mondiali e le due Olimpiadi affrontate – oltre a quella coreana, anche l’edizione di Sochi 2014 – per permetterle di mantenere la sua posizione.

L’episodio che ha coinvolto Aurora Leone è pertanto solo l’ultimo di una striscia negativa di discriminazioni che le donne ogni giorno subiscono nel momento in cui decidono di dedicare una parte della loro vita allo sport. Riprendendo il discorso di Sara Gama menzionato in precedenza, bisogna lottare affinché eventi di questo genere diventino sempre meno frequenti e, soprattutto, non siano solo portatori di uno scandalo passeggero, ma motore di un’azione costante e risolutiva. Si deve dare vita a un vero cambiamento nella mentalità di chi si affaccia al mondo dello sport. Il nostro sguardo deve essere rivolto ai ragazzi e ragazze delle prossime generazioni, in modo da “tracciare una strada meno impervia per il loro futuro”.

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