EuroArab: Cooperazione possibile?
di Clara Galeazzi
Education is the most powerful weapon which you can use to change the world.
Nelson Mandela
“EuroArab goes Europe: understand each others’ challenges” è il nome, e soprattutto l’intento, di un progetto promosso da AEGEE Europe in collaborazione con le ONG “Better World Foundation” Egitto e “Student Forum Institute’” Betlemme, Palestina.
La prima parte del Case-Study Trip svoltosi tra Colonia, Aachen, Bruxelles e Maastricht, si è concluso il 15 novembre dopo due settimane di confronti, dibattiti e conferenze con professionisti e professori.
Lo scopo del progetto è stato quello di interrogarsi e informarsi in modo diretto riguardo a temi contemporanei scottanti come: immigrazione/integrazione (che seppur usati spesso come termini paralleli, legalmente e culturalmente a volte sono purtroppo una dicotomia), differenze tra uomo-donna e diseguaglianze socio-economiche.
Le diverse tematiche sono state affrontate, intelligentemente, su due diversi piani di confronto. In primis, tutti i partecipanti, (un gruppo di giovani europei, egiziani, palestinesi e turchi) hanno partecipato a iniziative locali che mettevano in luce la situazione odierna delle varie realtà nelle diverse città visitate. In secondo luogo, i partecipanti sono stati caldamente invitati a condividere le strategie tramite le quali i loro Paesi affrontano le stesse problematiche. Così facendo, partendo prima da situazioni e casi concreti, per poi continuare in dibattiti “delocalizzati”, il confronto si è rivelato molto efficace e stimolante.
Durante i primi giorni a Colonia, si è approfondito il tema dell’immigrazione/integrazione prendendo come riferimento le politiche tedesche del dopo guerra in merito ai flussi migratori. La visita guidata a Mülheim, il quartiere turco nella cintura periferica di Colonia, è stata parecchio utile ai fini di comprendere come la minoranza culturale turca viva ora nella città tedesca e le conseguenze delle politiche migratorie promosse dal governo negli ultimi 50 anni. Oggi Mülheim è un angolo di Turchia: camminare tra le strade di quel distretto, non è poi così differente dal passeggiare tra quartieri popolari di Ankara o Istanbul. La lingua turca prevale nettamente su quella tedesca; le insegne, gli annunci per la ricerca delle case, i menu dei ristoranti e la lista dei prezzi dei barbieri sono unicamente in turco. Le persone che abitano nelle case attorno sono immigrati turchi di seconda e terza generazione, educati in scuole nazionali, che parlano tedesco fluentemente.
Ci si chiede allora: una scelta o una necessità quella di abitare e vivere a Mülheim? Desiderio di mantenere quasi intatto un pezzo di Turchia o difficoltà culturali e burocratiche nello spingersi altrove?
Addentrandoci in discussioni con persone locali dal background turco, si è chiesto loro come percepissero le manovre del governo in merito alla politica migratoria e se si sentissero più tedeschi o più turchi. Domanda complessa, poco risolutiva e apparentemente banale, tuttavia molto utile se si pensa che in passato gli emigrati in Germania erano chiamati a scegliere se abbandonare la propria cittadinanza originale (turca, italiana, indiana…) e passare alla cittadinanza tedesca, o rimanere fedeli alle proprie origini senza beneficiare dei vantaggi di essere cittadino del Paese in cui si abita.
Un decreto legislativo stabiliva che non era possibile avvalersi di due cittadinanze, e prevedeva che ai “nuovi tedeschi” fossero concesse abitazioni e soldi. Metodo democratico? Necessario? A distanza di tempo ci sono ancora pareri contrastanti.
Tuttavia, la maggior parte degli immigrati di seconda o terza generazione residenti in Germania, si sente sufficientemente integrato, vista anche la disponibilità di spazi pubblici riservati a luoghi di culto adibite a diverse religioni. Una realtà, ben diversa dalla situazione italiana contemporanea….
Ad Aachen e Bruxelles, il fulcro delle discussioni si è spostato verso la percezione delle differenze tra i due sessi. In Europa, nonostante, si pensi a una parità raggiunta, non è tutto rose e fiori. Ci sono ancora differenze marcate per quanto riguarda l’inserimento di persone di sesso femminile nei settori lavorativi più redditizi e nella politica. Interessante notare anche le diverse leggi che regolarizzano i periodi di maternità (ed eventualmente paternità) nei Paesi europei. In questa sezione, poi, i contributi degli amici arabi sono stati particolarmente chiarificatori. Nei confronti dei legami coniugali e della possibilità di divorziare, gli amici egiziani hanno spiegato come negli ultimi anni soprattutto nelle grandi città il numero di divorzi e separazioni sia aumentato. Tuttavia, a livello culturale determinate pratiche sociali rimangono molto più soggette al modo di vivere e pensare piuttosto sedimentato tra le varie generazioni. Sebbene la donna, nelle proprie scelte, sia tutelata dalla legge, l’approccio consuetudinario continua a prevalere.
Senza ombra di dubbio, queste progetto è stato una grande esperienza di condivisione, insegnamento e apprendimento allo stesso momento. Tutti i partecipanti hanno accolto con curiosità le tematiche affrontate. Il case-study trip è stato come trovarsi in un microcosmo, dove il rispetto, la comprensione e il desiderio di conoscere vicini e meno vicini hanno reso la nostra convivenza entusiasmante. Tuttavia, divergenze di opinioni non sono mancate, ma la chiarezza e l’attenzione al dialogo, hanno reso anche situazioni più problematiche oggetto di crescita personale e collettiva.
Tutti i partecipanti hanno aderito all’idea di tenere quotidianamente un blog durante i giorni del progetto. Un membro europeo e un membro proveniente da un Paese arabo erano invitati a scrivere un resoconto e riflessioni sulla giornata trascorsa, ottenendo sempre un doppio punto di vista. Il risultato di questo esperimento, a mio avviso ben riuscito, lo trovate all’indirizzo:
http://cst-euroarab.blogspot.com/2010/10/welcome-to-euroarab-blog-here-it-starts.html