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Imparare a essere uomini, secondo la Cina

Cosa vuol dire essere maschi? Difficile dire che esista una risposta univoca, ma il Ministero dell’Istruzione cinese sembra averla trovata. Poche settimane fa ha approvato un programma di implementazione dello spirito yang, l’energia maschile, nelle scuole primarie e secondarie. Il provvedimento è motivato dalla “crisi di mascolinità” evidenziata da media e funzionari di governo cinesi, secondo cui i bambini sono diventati più deboli, mortificati dall’influenza delle donne (insegnanti e madri) e della pop culture.

Sarebbe poco utile considerare la Prevenzione della femminilizzazione degli adolescenti maschi –  così recita il nome del programma educativo – in prospettiva meramente occidentale. Uno sguardo alla storia e alla cultura della Cina possono aiutare a comprendere le motivazioni e i processi che hanno portato a questa decisione.

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Un poster di propaganda risalente alla Rivoluzione Culturale cinese (foto via Getty Images)

Innanzitutto, bisogna considerare l’enorme impatto che hanno avuto sulla demografia cinese le politiche di controllo delle nascite. Se agli albori della Cina comunista avere una famiglia numerosa era considerato elemento fondamentale della tradizione, dagli anni Sessanta in poi è diventato materialmente insostenibile e nel 1979 la pianificazione familiare nazionale ha sancito il limite di un figlio per coppia. Fino al 2015 questa politica è stata sostenuta da una massiccia propaganda, ma ha generato numerose violazioni dei diritti umani: potendo avere un solo figlio, molte coppie finivano per abbandonare – in certi casi in mezzo alla strada e nei cassonetti – le neonate per tentare di concepire un primogenito.

Il risultato è che oggi la demografia cinese è sbilanciata a favore degli uomini, almeno fino ai 60 anni di età, poiché le donne si dimostrano più longeve. Nel 2019 la preferenza ad avere un figlio rispetto a una figlia persisteva ancora, poiché a fronte di 114 nuovi neonati maschi le bambine erano solo 100: è il rapporto tra sessi alla nascita più sbilanciato al mondo.
Questo surplus di giovani maschi single ha molte conseguenze socio-economiche. Per esempio, i risparmi sono in crescita a discapito dei consumi, infatti uno scapolo ha meno spese rispetto a una famiglia. Ancora, alcuni settori sono saturati da lavoratori, portando le lavoratrici a dover accettare ruoli minori a condizioni svantaggiose.

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(Foto di Yan Cong per The Times)

La tendenza quindi è quella a voler circoscrivere, delineare chiaramente i ruoli sociali di genere. Il programma del Ministero dell’Istruzione cinese è perfettamente in linea con questo pensiero, ma non definisce chiaramente come farà a realizzarlo. Si accenna solo all’aumento nelle scuole dell’ educazione fisica e degli insegnanti di sesso maschile. Oltre a tali provvedimenti, verrà presumibilmente potenziata la censura di uomini dagli stili e comportamenti troppo effeminati.

In generale dunque, la Cina è una nazione a maggioranza di popolazione maschile che sta facendo di tutto per dare una definizione di virilità, modi di essere e di pensiero associati culturalmente all’uomo. A differenza di Stati dall’approccio meno autoritario però, questa definizione viene imposta, non proposta, ai suoi cittadini.

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