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Erdoğan contro Macron: interessi politici e lotte di civiltà

Il Primo Ministro francese Emmanuel Macron il 24 ottobre ha annunciato in diretta nazionale una lotta contro i separatismi che attentano all’unità della Francia, con un riferimento particolare al radicalismo islamico. L’annuncio è avvenuto in seguito all’omicidio del professore Samuel Paty, decapitato per aver mostrato in classe – durante una lezione di educazione civica – alcune vignette su Maometto. Brahim Chnina, padre di una studentessa, ha cominciato una campagna online contro il docente, causando una reazione a catena sfociata nell’omicidio di Paty. L’intero Paese è sceso in piazza per protestare contro l’integralismo islamico e Charlie Hebdo, il giornale satirico vittima a sua volta del terrorismo per lo stesso motivo, ha ripubblicato le vignette che nel 2015 l’avevano messo nel mirino degli estremisti.

Il discorso di Macron ed in generale il comportamento della Francia non hanno però avuto solo reazioni positive. Una parte significativa del mondo musulmano è in fermento: in Palestina ci sono state proteste davanti all’ambasciata francese, in Bangladesh le piazze sono piene e si bruciano le effigi del premier, il Presidente della Turchia Erdoğan ha insinuato che Macron abbia “problemi mentali”. Diversi Paesi come la Turchia, il Pakistan e gli Emirati Arabi stanno già parlando di un boicottaggio delle merci francesi.

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Una vignetta raffigurante Macron viene bruciata a Baghdad (foto via DPA)

La “Laicité” ed il contesto francese
Macron ha parlato di “separatismo”, ma davvero vi è un problema di ghettizzazione della popolazione musulmana?
In effetti, nel 2002 un collettivo di professori francesi scrisse Les Territoires perdus de la République, un libro in cui le loro esperienze come docenti venivano descritte sottolineando come le periferie e gli ambienti pubblici/scolastici di certe aree (ma soprattutto certe fasce della popolazione) fossero sempre più distanti dalle istituzioni. Buona parte dei docenti si autocensura preventivamente, proprio per evitare controversie. Una commissione francese speciale ha pubblicato il report “Laicità e Repubblica”, sottolineando come la popolazione musulmana non fosse propriamente integrata e denunciando la formazione di un comunitarismo ostile alla Repubblica e ai suoi valori.

La storia francese è forse quella che in Europa è più legata al contatto col mondo islamico: l’Algeria non era una semplice colonia, ma parte integrante del territorio della Francia Metropolitana e la Francia continua a mantenere una strettissima influenza sull’ex colonie in Africa, in particolare di tipo linguistico-economico, dalla francophonie (l’insieme delle popolazioni che parlano francese) a una politica estera a volte molto controversa. Inevitabilmente questi fenomeni hanno avuto varie conseguenze, da un forte contrasto con popoli e culture differenti a una notevole immigrazione proveniente dal Nord Africa. Ciò ha causato anche gravi diseguaglianze sociali, in particolare nelle tristemente famose banlieues, le periferie francesi. Povertà e differenze culturali rendono inevitabilmente questi luoghi terreni fertili per la radicalizzazione, sia politica che religiosa.

Parlando di numeri: secondo l’Institut français d’opinion publique, un istituto di ricerca statistica, la popolazione francese sotto i 25 anni sarebbe per un 10% (arrotondando per eccesso) musulmana, mentre la stessa popolazione musulmana è al proprio interno relativamente anziana (l’84% ha più di 50 anni).
Pur non essendo presente uno scenario da sostituzione etnica (la teoria del complotto sulla scomparsa degli europei spesso sostenuta dall’estrema destra) si presentano forti problematiche, soprattutto di carattere comunitario.
Molti Paesi, come la Gran Bretagna, utilizzano esplicitamente un approccio comunitarista con gli immigrati, ed in particolare con i musulmani: hanno delle scuole a parte. Questo approccio tuttavia è discutibile, in quanto non consente una grande integrazione, ma esattamente l’ opposto. Sarebbe inoltre inconcepibile in Francia: fin qui i dati ed i valori citati sono stati presi da agenzie o gruppi esterni perchè in Francia non esistono censimenti su base religiosa o etnica, è direttamente il Ministero dell’Interno a tener conto dell’origine degli abitanti. La concezione della Nazione fin dalla Rivoluzione non è su base etnica, lo Stato-Nazione si identifica con la cittadinanza. I giacobini furono i primi nazionalisti francesi, e furono sempre loro a introdurre il suffragio universale e l’abolizione delle discriminazioni su basi etniche e religiose: stabilirono l’emancipazione ebraica, la parità per i protestanti e l’abolizione della schiavitù.

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(Foto di Dmitry Kostyukov per il New York Times)

Mentre è vero che il razzismo ed il nazionalismo etnico sono malattie endemiche in tutti i Paesi, l’idea stessa della Francia nasce dalla cittadinanza, non dal sangue – infatti è anche uno degli Stati dove vige lo Ius Soli e non lo Ius Sanguinis. La Francia è allo stesso tempo anche la patria del sovranismo: la volontà popolare è l’unica vera forma di riconoscimento del potere.
Non meno difficoltosa per la società francese sarebbe l’attacco al concetto di Laicité, il laicismo di Stato, un valore irrinunciabile per l’identità nazionale. Fin dal 1905 lo Stato e le organizzazioni religiose in Francia sono stati profondamente separati e nessun leader, non importa quanto conservatore, ha potuto impunemente imporre un indirizzo religioso allo Stato. Il problema è però che fin da Napoleone le comunità religiose sono sì autonome, ma sotto la guida della comunità religiosa organizzata, diventata ora una difficoltà per lo Stato di fronte ad un comunitarismo sempre più marcato.

Interessi politici e lotte di civiltà
Questo non è solo un conflitto morale: è possibile che Macron voglia sottrarre voti alla sovranista Le Pen, mentre Erdoğan ha una politica incentrata proprio sul sedurre i membri più religiosi della Turchia e ne vuole probabilmente trarre un vantaggio all’interno della comunità islamica in generale, con un bel guadagno in politica estera. Il presidente turco ha del resto già tentato di ampliare la propria influenza fra i musulmani degli altri Paesi, e non è l’unico in questo gioco: lobbies di tutte le correnti ideologiche e di tutti gli interessi economici e politici acquistano e sponsorizzano contenuti per i propri fini.
Questo però amplifica le tensioni gli interrogativi che la nostra società ci pone, facendoci chiedere il ruolo del denaro, del potere e del fanatismo di fronte al desiderio di libertà e dignità personale. Temi come multiculturalismo, identità e libertà d’espressione ancora continuano a non dare risposte soddisfacenti per tutti, in particolare di fronte a un dibattito pubblico sempre più radicalizzato e a un mondo sempre più in conflitto.

(La foto in copertina è di Emrah Gurel, via Associated Press)

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