Scienza

“Eppur si muove”: la storia di un (quasi) matematico e delle sue rivoluzioni, Galileo Galilei

Roma, 12 aprile 1633. Qui ha inizio il celeberrimo processo contro una delle menti più brillanti che il nostro paese abbia mai dato alla luce, processo che si concluderà alcune settimane più tardi, precisamente il 22 giugno, con la condanna al carcere per Galileo Galilei, la sua abiura e la nomina a libro proibito della più rappresentativa opera dello scienziato, il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo.

Ma facciamo un passo indietro: Galileo Galilei nasce a Pisa nel febbraio 1564 in una famiglia dalla condizione non particolarmente abbiente ma che riesce comunque, nel 1580, a consentirgli l’accesso all’Università di Pisa, dove si iscrive alla facoltà di medicina.

Galileo però inizia presto a mostrare interessi differenti e, insoddisfatto, abbandona gli studi clinici per avvicinarsi alla matematica, a cui si dedica, sempre presso l’Università di Pisa, a partire dall’estate del 1583. Tuttavia, anche presso questa facoltà, Galileo non riuscirà a laurearsi: gli studi verranno infatti interrotti a causa degli svariati interessi dello scienziato, che si sposterà quindi a Firenze per occuparsi di meccanica ed idraulica. Numerose saranno le scoperte del giovane Galilei: a soli ventuno anni illustrerà la teoria dell’isocronismo del pendolo, e successivamente sarà in grado di ottenere una soluzione al problema della corona di Erone.

Tra il 1589 e il 1592 Galileo riuscirà ad ottenere una cattedra di matematica presso l’Università di Pisa, e successivamente si sposterà a Padova, dove resterà fino al 1610. Gli anni trascorsi presso la Repubblica di Venezia saranno interessati da una intensa attività di studio e di ricerca, che lo porterà a perfezionare il cannocchiale, strumento già conosciuto in area fiamminga, che gli permetterà di osservare i quattro satelliti di Giove. La scoperta verrà annunciata in una delle principali opere galileiane: il Sidereus nuntius, edito nel 1610, in cui Galileo ammetterà, per la prima volta, le proprie posizioni vicine al copernicanesimo. Proprio a causa della dimostrazione della veridicità dell’eliocentrismo, già dall’anno successivo, la curia romana inizierà a sospettare di Galileo, arrivando a richiamarlo già una prima volta proprio nel 1611. Nonostante questo, con il trattato Il saggiatore (1623), Galilei continuerà a sostenere la causa copernicana e, nello stesso anno, con l’ascesa al pontificato di Urbano VIII, conoscenza personale di Galilei, dichiarerà apertamente le proprie tesi. Per questo, penserà di convogliarle in quella che diventerà, in seguito, la sua opera più celebre e che sarà edita nel 1632: il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo.

Nel Dialogo, Galileo inserisce il resoconto degli studi di una vita, uniti alle riflessioni sul metodo e alle considerazioni filosofiche dell’autore stesso. Già dalla copertina, Galilei mostra l’intenzione di rendere ben chiaro il significato dell’opera al lettore: tre sono i personaggi che appaiono sulla scena, dei quali i due raffigurati lievemente in disparte, dai tratti riconoscibili, sono Tolomeo ed Aristotele, che fino ad allora erano state considerate le auctoritas insindacabili dell’astronomia, e il terzo, ben distinto, è invece Niccolò Copernico, rappresentato con le fattezze di Galileo stesso. Protagonisti del dialogo sono invece Giovanni Sagredo, nobiluomo veneziano, intimo amico del Galilei, che rappresenta un ideale interlocutore secentesco ben disposto verso le argomentazioni del copernicanesimo; Filippo Salviati, astronomo fiorentino di orientamento eliocentrico; e Simplicio, personaggio fittizio dal chiaro schieramento geocentrico-aristotelico. Il Dialogo articola il proprio racconto attorno a quattro giornate, durante le quali i tre personaggi discutono le proprie tesi astronomiche, ma non solo; saranno infatti discusse anche teorie quali la relatività galileiana e la teoria delle maree. Predominanti risulteranno Sagredo e Salviati, capaci di evidenziare la validità delle tesi copernicane e il cieco dogmatismo alla base delle teorie geocentriche. Nel Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, Galileo illustra i caratteri della metodologia da lui utilizzata, basata sulla replicabilità dell’esperimento: è il metodo scientifico, cuore della scienza moderna. Celebre, in questo ambito, è il famoso esperimento del Gran Naviglio, che Galilei utilizza, per mezzo delle parole di Salviati, per introdurre il concetto di relatività e assenza di moto assoluto. Fondamentale, in questo senso, è l’analisi scientifica del dato ottenuto, che deve essere ricavato, secondo l’autore, da “sensate esperienze e necessarie dimostrazioni”, espresse tramite la chiarezza del linguaggio matematico. È infatti fondamentale per Galilei l’aspetto quantitativo: egli non vuole scoprire la causa dei fenomeni, ma si focalizza sui meccanismi, sulle dinamiche che li caratterizzano, indirizza la propria attenzione sul come e non sul perché.

Edito il Dialogo, Galilei si troverà nei guai: convocato a Roma sul finire del 1632, verrà poi processato nella primavera dell’anno successivo e condannato ad abiurare le proprie tesi in favore della teoria geocentrica di stampo aristotelico-tolemaico, pena il carcere del Sant’Uffizio, che gli verrà risparmiato solo a causa della vecchiaia. Dopo aver pronunciato la celebre frase “Eppur si muove”, che forse è soltanto leggenda, l’ormai anziano Galilei vedrà mettere all’Indice l’opera di una vita, mentre sarà costretto agli arresti domiciliari. Morirà l’8 gennaio 1642.

Galileo è oggi sepolto presso la Basilica di Santa Croce a Firenze, soltanto nel 1992 la Chiesa Cattolica ha ammesso l’ingiustizia della condanna galileiana, poiché dettata da “un’indebita commistione di teologia e cosmologia pseudo-scientifica e arretrata.”

 

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