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Racconto di Chiara Canonaco – quarto classificato al Concorso Letterario “Vita Futura” 2023

Era una tiepida sera primaverile, l’intero quartiere giaceva quieto e deserto mentre un vento timido e sottile muoveva poco le chiome degli alberi, incorniciando la via con quel familiare rumore di foglie che si toccano e si accarezzano. Una vecchia e malandata auto girò l’angolo e iniziò a percorrere piano la strada fino a una delle villette col tetto a tegole, fece un lento e preciso parcheggio davanti al marciapiede e si spense con un tonfo scortese. Eva appoggiò prima una gamba e poi l’altra, si caricò di borse di tela pesanti e procedette lungo il vialetto fino alla porta di casa. Si fermò qualche secondo, con le chiavi strette in mano e il capo chino. Si voltò piano e passò con lo sguardo la collina, dove tra i ciliegi, si intravedeva il lento declino del sole e il suo atteso dormire. Con tre colpi la serratura scattò e la donna entrò in casa. Una volta in soggiorno, si lasciò andare pesantemente sul divano tra la stoffa e i cuscini. Sulla poltrona di fronte era seduto K2909. Eva lo guardò, e senza staccargli gli occhi di dosso, affondò una mano in una delle borse e prese una lattina di birra.

“Com’è andata al lavoro?” – chiese l’omino di alluminio. Ci fu rumore di frizzantezza, ed Eva bevve un sorso di quel veleno dorato e fresco mentre cercava di sprofondare ancora di più tra le pieghe soffici dell’imbottitura.

Lavorava in ospedale, insieme ad altre poche colleghe rappresentava l’ultimo gruppo di infermiere. Si aggirava tra i corridoi dei reparti con il carrello della colazione, il cambio di lenzuola e la bacinella reniforme per i prelievi. Si muoveva agile da stanza a stanza, portava a termine i suoi compiti in modo impeccabile e preciso. Quello stesso giorno però, in modo del tutto inaspettato, ricevette un richiamo, qualcuno la stava aspettando in Sala Conferenze. La Sala Conferenze era posizionata nell’Ala Ovest, una volta superato l’atrio centrale si percorreva un sentiero all’aperto, passando tra biancospini e magnolie, per arrivare davanti a uno degli ascensori esterni e raggiungere il sedicesimo piano.

Eva concluse il giro visite, si cambiò la divisa e una volta avvisata l’IA-piano12-AlaEst, si diresse verso l’uscita, dondolando svogliata e trascinando un po’ i piedi.

“Benvenuti nel complesso Leonardo Da Vinci, orgoglio architettonico e scientifico del Settore CO22100. La nostra struttura è composta dai Sedici Dipartimenti, luogo di cura e amore per i nostri pazienti.”

A Eva dava fastidio lo stomaco, non aveva ancora pranzato, era bloccata in fila davanti all’uscita, sotto uno dei buchi dove ogni giorno una voce metallica recitava la stessa filastrocca.

“I Dipartimenti sono gestiti dal Servizio di Igiene, dal Comitato di Attenzione all’Etica e dal Consiglio Pignolo di Gestione Economica, ovviamente sotto la supervisione del Sistema di Intelligenza Artificiale, massima autorità medica. Garantiamo esami impeccabili, diagnosi certe, terapie risolutive.”

Eva ruttò a bocca chiusa, si massaggiò la parte superiore della pancia e varcò la soglia dell’edificio di vetro. “Devo anche fare la spesa” pensò. Il parco che circondava l’ospedale, denominato “I Giardini”, era stato costruito in meno di due mesi grazie all’infallibile lavoro degli Architetti Elettronici, i quali avevano confezionato un piccolo scorcio di natura incontaminata, ricca di animali e di vegetazione i cui colori si alternavano scanditi dall’incessante passare delle quattro stagioni . La donna scelse di percorrere l’unico sentiero non panoramico, inoltrarsi tra i recinti di cavalli le avrebbe solo fatto aumentare la fame.

In Sala Conferenze l’aspettavano l’Ispettore Affari Robotici e un automa di colore azzurro, con il viso disteso e sereno. Eva conosceva molto bene quelli come lui, apparteneva a una classe di robot usata dalla Nuova Medicina, con la caratteristica di possedere dei muscoli facciali in grado di mimare perfettamente le espressioni umane. L’Ispettore iniziò a leggere da uno schermo.

“Lei è nome: Eva, cognome: Martinelli, anni: 62, professione: inferm.. sì, infermiera, abita nel settore diec..”

“Sì caro sono io, le dispiace se fumo?” – Eva rivolse un sorrisino sarcastico al robot. “Purtroppo sì, ci dispiace” rispose il robot.

L’Ispettore riprese: “Lei possiede un modello di automa Operatore Socio Sanitario classe EV, Espressioni Visibili, codice K2909, ordinato per accompagnare la sua anziana madre durante l’ultimo anno di vita. Altezza: 130 cm, colore: azzurro, funzionalità… queste sono le caratteristiche base. Procedendo, lingue parlate, capacità motorie, attività ricreative, anche qui ci siamo. C’è solo questa parte sottolineata in rosso, funzionalità aggiuntiva: conoscenza della discografia di noto cantautore, compositore, polistrumentista… periodo fine anni 60, anni 70 secolo scorso… collaborazione con noto paroliere Mogol… insomma, sua madre era una grande appassionata, ma arriviamo al punto. Sono qui accompagnato dal Robot Supervisore per consigliarle, nel massimo rispetto e discrezione possibile, di terminare il servizio di K2909, ancora in suo possesso nonostante la tragica morte di sua madre. Da quel momento, K2909 ha iniziato a mostrare segni di cedimento strutturale e scompiglio nell’algoritmo, gli esempi che le riportiamo…”

Eva smise di ascoltare. “Scompiglio nell’algoritmo” pensò. “Quale algoritmo?” le rispose una voce nella sua testa, la voce di sua mamma. La signora novantenne che abitava in una delle villette col tetto a tegole andava spegnendosi giorno dopo giorno, ma la luce che aveva negli occhi non l’abbandonò mai. Anche quando vide per la prima volta K2909, fermo sul vialetto di casa, non capì di avere davanti un autonoma. Lei guardava un bambino, un nipotino, qualcuno con cui giocare e cantare. Un amico, con cui poteva andare al fiume a seguire gli aironi, con cui poteva sdraiarsi felice sopra l’erba ad ascoltare.

“Due settimane fa, K2909 è stato intercettato mentre guidava a fari spenti nella notte. Si è schiantato contro un albero, le ha rovinato l’auto della sua famiglia, ma lei non ha preso provvedimenti.”

Sua mamma trattò Cappa come un bambino, come un essere umano. Non capiva il concetto di rete neurale, di autoapprendimento; infatti, quando l’automa si fermava e diceva ad alta voce “Ricalcolo” per aggiornare le sue conoscenze, lei pensava fosse un gioco.

“Una mattina fu trovato a vagar nella brughiera dove non si vede un passo. È stato riportato in città da un pescatore.”

Eva si ricordò dell’inverno scorso, quando mosse un poco la tendina di camera sua e vide sua mamma e Cappa fermi sotto la neve a sentirne il rumore.

“Per concludere” – si intromise il Robot Supervisore – “durante gli ultimi momenti di vita di sua madre, l’Ispettore gli consigliò di resettare le memorie apprese nell’ultimo anno per poter essere passato a un’altra famiglia. Comprendo l’inappropriatezza, dato il momento, ma K2909 lo prese a pugni solo perché è stato un po’ scortese.”

Nel mese di marzo, la mamma sentiva la fine vicina, ma decise comunque di portare Cappa ai Giardini per ricoprire di terra una piantina verde, così da far nascere, un giorno, una rosa rossa.

“Insomma, signora Martinelli, ha qualche idea del perché di questo comportamento?” “Un sottile dispiacere” – bisbigliò Eva, tra sé e sé. “Come dice?” ribatté svelto l’Ispettore. Un suono uscì dal Robot Supervisore: “Ricalcolo”.

Eva chiuse gli occhi, e quando li riaprì era nel suo salotto, gocce di birra le colavano sulla mano, Cappa di fronte che la guardava. I due occhi che la fissavano erano vuoti e freddi, erano occhi finemente progettati per comprendere i meccanismi del mondo, occhi che si spostavano svelti tra tutti i campi della scienza e dell’arte, capaci di arrivare dove l’uomo non è mai potuto arrivare; erano occhi risultanti da un algoritmo che in questo momento desideravano solo piangere. Eva rispose:

“E stringere le mani per fermare…” “Ricalcolo”
“Qualcosa che…”
“Ricalcolo”

“È dentro me…” “Ricalcolo”
“Ma nella mente tua non c’è” “Ricalcolo”
“Capire tu non puoi”
“…”

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