Attualità

Editoriale / Noi credevamo

 

di Giovanni Cervi Ciboldi

 

Qualcosa non torna, qualcosa fa pensare, di fronte di una massiccia operazione libertaria quale il decreto c.d. “Crescitalia” sarebbe dovuto essere, e invece non è stato. E’ l’ostentata soddisfazione dei grandi partiti, un compiacimento che testimonia quanto l’immobilismo sociopolitico ed economico italiano sia ancora dietro l’angolo, quanto ancora – per non scontentare troppo – si scelgano i mali minori.
Le liberalizzazioni promosse dal governo sono state le minime possibili. Si stenta anche a chiamarle liberalizzazioni, visto che allungare i fili ai burattini non significa sottrarli alle mani dello stato burattinaio. Pressoché parodiche diventano così le esultanze, da parte delle forze politiche, per la manovra di un governo che prende decisioni che in altri paesi sarebbero date per scontate.
Un esecutivo che si trova ad operare in un così breve lasso di tempo non può sferrare colpi definitivi al terzo mese di mandato: non con una così piena agenda. Si tratta di mediare con i partiti, di pattuire fino a che punto è possibile scontentare le basi elettorali senza subirne le conseguenze.
Ma non si può nemmeno aspettare troppo. Perché se ad oggi tutti hanno appoggiato il governo, domani – davanti a prese di posizione tanto necessarie quanto disincantate – tutti potrebbero condannarlo. Il motivo è semplice: non è possibile una rivoluzione se chi sostiene i rivoluzionari risponde a necessità conservatrici. Sarebbe come se Danton e Marat fossero stati appoggiati dal Re. Il parlamento non è conservatore a priori, lo è per ragioni intrinseche di sussistenza: le elezioni tra un anno invitano alla moderazione, l’elettorato conta ancora sul potere oppositivo della propria rappresentanza. Da qui il limite implicito all’attuale esecutivo: se si tira troppo la corda, la corda si spezza.
Va da sé che questo, agli occhi di tutti i partiti, non deve accadere. Non solo perché è preferibile arrogare il peso dei sempre più difficili obiettivi ad altri, ma anche per mero spirito di conservazione, visto che fino ad ora non hanno avuto altro spazio che quello necessario per annuire all’ordine di non contestare le decisioni governative. Poca roba.

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