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Oltre L’Eden, Surrealismo e Nouvelle vague

Siamo nel 1970, sono ormai dieci anni che la Nouvelle vague francese si è affermata presso il pubblico e la critica come uno dei movimenti di punta del Cinema mondiale. Alain Robbe-Grillet, scrittore e saggista, ha avuto modo di approcciarsi al Cinema sin dal 1961, come sceneggiatore di L’année dernière à Marienbad, di Alain Resnais, ed è già autore di tre lungometraggi quando si affaccia per la prima volta al colore. Autore più associato alla cosidetta rive gauche di registi come il sopracitato Resnais, Chris Marker e Agnès Varda, rispetto ai più giovani orbitanti intorno al Cahiers du Cinéma (Godard, Truffaut, Rivette, Rohmer e Chabrol), realizza con il suo primo lavoro a colori, L’Eden et après, un’opera per certi versi esemplare del Nuovo Cinema francese. Oltre l’Eden, questo il titolo in italiano, combina una serie di figure retoriche cinematografiche comuni a Godard, quanto allo stesso Resnais, elementi metalinguistici ed un gusto tutto personale di ascendenza surrealista. Interessato ai temi della sessualità e dello scenario onirico, tanto da spingerlo nel 2006 a realizzare un film, il suo ultimo, intitolato Gradiva (C’est Gradiva qui vous appelle), dove riprende una figura appartenente ad un romanzo Wilhelm Jensen, reso celebre da un saggio di Freud, Delirio e sogno nella “Gradiva” di Jensen, Robbe-Grillet realizza un viaggio allucinanto, onirico, che prende le forme della messa in scena teatrale. L’Eden non è altro che un bar, ci viene introdotto da dei lunghi titoli di testa narrati da una voce extradiegetica che, oltre a presentarci gli autori dell’intera opera, inframezza indizi tematici. Mentre ci viene mostrato quello che sembra un cantiere e la facciata dell’Eden, la voce si alterna tra un costumista, un attore e altre “sentenze”: “architettura”, “scrittura”, “oggetti taglienti”, “materie viscose”, “sangue che cola”.

vlcsnap-2018-01-31-15h51m28s519E di sangue ne cola parecchio, dentro L’Eden, è chiaro, succedono fatti quanto meno particolari. Locale caratterizzato da pareti di solo colori primari, tanto da farlo sembrare tappezzato da una tela di Mondrian, e specchi che ne dilatano gli spazi. L’Eden è il punto di ritrovo di un gruppo di studenti intenti a mettere in scena una serie di rappresentazioni di estrema crudezza: stupri, punizioni fisiche, umiliazioni. Nel labile concetto di realtà, sempre pronto a degenerare in allucinazioni, siano esse provocate da una droga, come in una scena del film, o assulutamente spontenee, la rappresentazione slitta spesso nel surreale, e vedrà i giovani protagonisti mettersi gli uni contro gli altri per il possesso di un quadro che li porterà fino in Tunisia. Senza indugiare oltre sulla trama, la quale lascio scoprire a voi, tra gli interni dell’Eden e le strade dei villaggi tunisini si staglia uno spettacolo visivo di notevole impatto. Volto tutto al minimalismo, la pellicola si sostanzia di solo colori primari, rendendo un colpo d’occhio vivido, quasi accecante; i forti contrasti tra il rosso del sangue e il bianco delle mura, tra il cielo e il pallore di un’abitazione tunisina si imprimono prepotentemente sulla retina.

vlcsnap-2018-01-31-15h53m12s561Continuando la dissertazione sulla stilistica non possiamo non notare la compostezza della costruzione interna dell’immagine, l’attenzione alle geometrie inquadrate in modo quasi pittorico. Sul montaggio ritroviamo quelle figure tipiche della Nouvelle vague, non mancano long-take in carrellata attraverso le stanze dell’Eden, così come si ricorre al jump-cut per ripetere, in una specie di reiterazione dell’immagine, una scena onirica che si compie in modo plastico solo dopo un continuo “singhiozzare”. E, se parliamo dell’onirismo del film, non possiamo che fare accenno all’immaginario, in un certo senso sconcertante, diviso tra cura stilistica e crudezza della rappresentazione, con sferzate verso il feticismo, che si sostanzia di donne ingabbiate e bendate.

vlcsnap-2018-01-31-16h04m18s496In buona sostanza il film non si caratterizza per un’originalità sorprendente, le scelte sono mutuate dalle ormai consolidate coordinate stilistiche, ma, tramite quell’elemento surrealista che lo contraddistingue, e l’assoluta perizia nell’utilizzo di quelle ben note figure retoriche del Nuovo Cinema, si ritaglia il suo posto di rilievo nella Storia cinematografica.

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