#echoes: Stromae
Anche alla musica si potrebbe applicare il detto “l’apparenza inganna”. Se ci pensate, ci sono una moltitudine di generi che riteniamo siano stati creati apposta solo per intrattenere e far divertire le persone. Generi che spaziano dall’ house alla musica dance o come vengono definiti, sottovalutandoli, musica da discoteca.
Ma come sempre la musica si prende le sue rivincite e, in questo caso, lo ha fatto con l’ascesa di uno dei migliori artisti presenti in questo periodo.
Un artista che ha saputo fondere la sua preparazione e capacità tecnica nella registrazione e nella produzione, con doti innate di performer, da vero “animale da palcoscenico”, tant’è che i suoi concerti sono tra i più ambiti e apprezzati dai fortunati che hanno avuto la fortuna di assistere ad uno di essi (e non sapete quanto vorrei essere tra quei fortunati). Ovviamente, se non si era già capito (scrivo questa frase immaginando che voi abbiate già visto l’immagine in copertina…) sto parlando di Stromae.
Pseudonimo di Paul Von Haver, Stromae con tanta gavetta si è gradualmente fatto spazio nel panorama musicale belga come cantante (da ricordare il suo primo progetto solista con il nome Opsmaestro), ma anche come produttore. Questo percorso lo ha portato nel 2010 a pubblicare il suo primo album Cheese trainato dall’ormai celebre singolo Alors On Dance che ha ottenuto un grande successo sia in terra francese, che a livello internazionale.
Il successo dell’album Cheese è dovuto alle influenze musicali con le quali Stromae ha plasmato un genere molto personale in cui si trovano accenni di musica dance, house, hip hop, afrobeat e musica d’autore francese (più volte Van Haver ha affermato di vedere in Jacques Brel uno dei suoi artisti di riferimento). A tutto questo va aggiunto che già nel primo progetto, Stromae ha trattato temi come la fede e la violenza: un percorso che nel suo secondo lavoro, il disco di cui trattiamo oggi, si palesa definitivamente.
La particolarità è che temi come questi difficilmente venivano affrontati con progetti di musica dance, come fa il cantante belga.
Con il suo talento musicale secondo a nessuno, al suo encomiabile lavoro in studio unisce una naturale predisposizione a stare sul palcoscenico (a questo proposito, per chi non conoscesse Stromae, vi consiglio di vedere qualche suo video live su YouTube, sarà un piacere per gli occhi).
Quindi, eccoci giunti all’album che mi permetto di consigliarvi, probabilmente non tanto perché non lo conosciate, ma più che altro perchè a causa del successo che ha ottenuto si conoscono solo le canzoni più famose. E ovviamente, l’album in questione è Racine Carrée.
Un album che può essere considerato come una sequenza di rappresentazioni sociali, interpretate in modo spettacolare da Stromae (i suoi videoclip sono eccezionali). Un continuo piano sequenza di sensazioni che vanno dal rapporto conflittuale tra padre e figlio (Papaoutai) alle difficoltà nei rapporti di coppia (Formidable e Tous Les Mêmes), all’indifferenza sempre ben presente davanti a razzismo, sessismo e omofobia (Batârd) e anche rispetto alla mancanza di risorse idriche in molte parti del mondo (Humain à l’eau).
Uno specchio della situazione in cui i giovani europei oggi si trovano, nella quale una serie di valori e di certezze che le scorse generazioni davano per assodate, ma che oggi non valgono più, devono essere adattate al contesto in cui viviamo o riscritte totalmente.
Un tentativo, appunto, di rappresentare l’insoddisfazione giovanile, con una nota malinconica, ma comunque intrisa di ritmo, giochi musicali e quella spensieratezza che fanno di Stromae un megafono per molti giovani in giro per il mondo.
Spero vi sia piaciuta la proposta di oggi, anche se so che molti già conoscono l’album e le sue tracce, ma è così un gran bel lavoro che non potevo esimermi dal dirvi la mia.
Buon Ascolto. Alla prossima!!