Birdmen

Duck Dodgers nel XXI secolo

Il 26 luglio 1953 Fidel Castro insieme a un manipolo di ribelli assaltava la caserma Moncada a Cuba. Tale evento, pur se conclusosi in un fallimento, dava di fatto il via alla rivoluzione cubana; il giorno precedente nei cinema americani veniva proiettato il cortometraggio “Duck Dodgers nel XXIV sec e mezzo”. Dobbiamo credere sia un caso che questi due eventi siano separati da appena 24 ore ma almeno per quanto riguarda l’anno ci permettiamo di sospettare che non si tratti di una coincidenza. I più lo ricorderanno come un gustosissimo cartone animato con protagonisti Daffy Duck, Porky Pig e Marvin il marziano ma gli intenditori sapranno invece che si tratta di un vero e proprio capolavoro di satira sociologica e politica travestita da parodia fantascientifica. A entrambe le categorie comunque è fortemente consigliata la visione in questi giorni. C’è infatti il caso (?) che i recenti avvenimenti di politica internazionale ci obblighino a una rivisitazione divertente ma disincantata della pregnante questione della deterrenza nucleare.

In un qualche angolo sperduto dello spazio siderale Duck Dodgers (parodia dell’eroe a fumetti spaziale Buck Rogers), interpretato da un Daffy Duck al massimo della forma, viene convocato dal dottor Intelligenio per discutere i dettagli di un’imminente missione. Nello specifico si tratta di “reclamare nel nome della terra” un non meglio specificato Pianeta X, ultima riserva nota della preziosissima Eludium Phosdex, la molecola fondamentale per la produzione di schiuma da barba. Una volta giunto sul pianeta, il nostro protagonista, coadiuvato dal suo fido Cadetto Spaziale (Porky Pig), si scontrerà con Marvin il Marziano, anch’esso giunto sul luogo con le medesime intenzioni. Lo scontro tra i due, sempre all’insegna della comicità più pura, vedrà un crescendo di vicendevoli minacce fino ad arrivare alla pirrica (e pirica) vittoria di Dodgers sull’avversario.

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Duck Dodgers dura sei minuti e quarantaquattro secondi ma ogni volta che lo vedo mi sembra molto, molto più lungo. Sarà forse perché è talmente farcito di tematiche, citazioni, riferimenti e (a suo modo) colpi di scena, da farlo sembrare quasi un film completo di tutto punto, non fosse appunto per l’esigua durata. O forse perché l’impatto che ebbe su di me quand’ero bambino fu tale da saziarmi ancora oggi con tutti i suoi colori, suoni, musiche ed effetti come avveniva vent’anni fa. Sia quel che sia il corto, come una minuscola matrioska, merita di essere scoperto e analizzato su più livelli, non perché si voglia arrivare a un qualche nucleo di criptica profondità trascendentale ma proprio perché nella complessa e raffinata stratificazione consiste la sua grandezza.

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Cominciamo dal titolo, il quale come accennato sopra si ricollega in maniera parodica a un personaggio spaziale dei fumetti in voga quegli anni. Quel “ventiquattresimo secolo e mezzo” però è al tempo stesso divertente e stupefacente: proprio con quel “e mezzo” Chuck Jones indica chiaramente gli anni di cui stiamo parlando e di cui vuole si parli, ovvero gli anni 50 del 900, caratterizzati come è noto da rivolte, crisi diplomatiche e tensioni crescenti tra le due superpotenze nucleari. Al secondo 00:45 notiamo che lo schermo è prepotentemente occupato da un terrificante occhio orwelliano, raccapricciante nella sua accuratezza anatomica e imponente nelle sue esagerate dimensioni, quasi a sembrare una futuristica versione dell’occhio di Sauron (Il Signore degli Anelli verrà pubblicato un anno dopo). La seriosità con la quale il Dottor Intelligenio (HI. Q in lingua originale) espone la missione a Dodgers, contrasta meravigliosamente con l’assurdità della richiesta: la conquista di un pianeta per perpetuare la produzione di schiuma da barba non è solo un espediente di comicità demenziale, ma anche una geniale critica alla società maschilista americana che vede ancora oggi nel consumo dell’ideale maschile il proprio faro di progresso. Questa intuizione geniale, tanto per avere un’idea, precede di cinque anni le ansie fallico-centriche del romanzo Red Alert di Peter George e la relativa trasposizione cinematografica di Stanley Kubrick, il Dottor Stranamore, di nove. Nella successiva sequenza del viaggio verso il Pianeta X assistiamo a uno sketch che racchiude in sé l’eloquente semplicità del rasoio di Occam (l’ordine alfabetico dei pianeti), uno scambio di battute degno del miglior Mel Brooks e una sintesi perfetta dei micro deliri di prepotenza tipici della auto narrativa americana.

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In effetti è proprio il delirio il tema ricorrente di tutto il corto, tema che si schiude in tutta la sua portata nella parte centrale dove lo scontro tra Stati Uniti (rappresentati da una goffa e autocelebrativa Terra) e Russia (notare la purpurea bandiera marziana, anche vagamente nipponica) si combatte, almeno inizialmente, a colpi di ultimatum. Quest’ultimi sono veri e propri proiettili porta-messaggi contenenti minacce che bene sdrammatizzano quella che era l’effettiva tensione tra le due superpotenze: una guerra di fatto combattuta a suon di minacce, dispiegamenti e discorsi ideologici. Più o meno quello che avviene oggi tra USA e Corea del Nord dove la lotta “a chi ce l’ha più lungo” raggiunge ogni giorno vette sempre più pericolosamente ridicole. Così come la tensione rischia di esplodere tra due (pre)potenze per quello che di fatto è uno sputo di terra (almeno se comparato al resto delle terre emerse), così la tensione effettivamente esplode tra Daffy e Marvin in una deflagrazione che lascia intatto solo un briciolo del pianeta originale sul quale Dodgers, in maniera coerentemente assurda, rivendica la propria sovranità.

Duck Dodgers in the 24th and a Half Century Screen Print by Tom Whalen duck-dodgers

Lo storico del cinema Jerry Beck colloca Duck Dodgers al quarto (meritatissimo) posto nella lista dei 50 migliori cortometraggi di tutti i tempi. Non deve stupire, come dicevo all’inizio si tratta di un capolavoro dalle molte sfaccettature ma anche se lo si guarda come prodotto di puro intrattenimento ci troviamo di fronte a un concentrato lavoro di altissima comicità. Non solo la regia di Chuck Jones ma anche la prestanza vocale dell’immenso Mel Blanc, la scrittura esplosiva di Micheal Maltese e le coloratissime musiche di Carl W. Stalling contribuiscono a renderlo pure dal punto di vista tecnico un punto di riferimento tutt’ora insuperato. Il ritorno di Duck Dodgers sugli schermi (televisivi questa volta) nel 1980 non è minimamente all’altezza del lavoro originale così come la serie animata monografica sul personaggio di 23 anni successiva, comunque di ottima fattura, non rende giustizia alla grandezza della prima apparizione. Provate anche voi a posporre alla lettura delle ultime notizie di politica internazionale la visione di questo gioiello dell’animazione americana. Vi sfido a non essere d’accordo con la caustica battuta finale di Porky Pig: “Bella roba”.

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