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Dove va l’Università

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Intervista a Michele Orezzi (foto) del Coordinemento per il Diritto allo Studio, UDU e Consigliere d’Amministrazione dell’Università di Pavia.

di Erica Gazzoldi

Il 27 ottobre 2009, il Consiglio d’amministrazione dell’università ha accettato di rimborsare la quota d’iscrizione ai test d’ingresso di Biotecnologie e Scienze motorie (30 euro). Infatti, i richiedenti, oltre duecento, erano in numero leggermente inferiore rispetto ai posti disponibili ed il test non ha avuto luogo. Ora, dovranno presentarsi in segreteria con l’apposita domanda indirizzata al rettore e la cedola che attesta l’avvenuto pagamento.

Se il rimborso è stato ottenuto, ciò si deve al Coordinamento per il diritto allo studio – UDU, storica lista di rappresentanza universitaria pavese che, tramite il suo rappresentante in CDA Michele Orezzi, ha ottenuto il rimborso.

[Inchiostro] Michele, hai affermato che “era doveroso restituire agli studenti i soldi versati per coprire le spese di un servizio di cui non hanno usufruito”. Ciò è indubbio. Hai aggiunto che il Coordinamento per il diritto allo studio è contrario a qualunque barriera posta contro l’accesso al sapere. “Battaglie pratiche” come quella per il rimborso della quota d’iscrizione quanto potrebbero contribuire alla lotta contro il numero chiuso?

[Michele Orezzi] La “battaglia” per il rimborso vinta può influire poco sulla “guerra“ contro il numero chiuso che l‘Unione Degli Universitari fa in tutti gli atenei italiani da anni. Le tasse d’iscrizione ai test servono solo per scoraggiare le richieste d’ingresso. Quanto ai corsi di laurea specialistica, c’è un margine di miglioramento per le tasse inutili di iscrizione ai colloqui d’accesso e abbiamo già presentato una mozione per l’estinzione.

[I.] Più estesamente, qual è la vostra idea di università?

[M.O.] L’UDU vuole un’università: senza barriere d’ingresso; di qualità; democratica; libera e pubblica. Gli ultimi due punti sono quelli che ci sta più a cuore ribadire in questo periodo. Il carattere pubblico e la libertà dell’università, che si riflettono nella libertà di ricerca e dell‘organizzazione didattica, sono i due punti principali messi sotto scacco dalla legge 133, dal decreto legge 180, nonché dal nuovo DDL Gelmini, presentato ed approvato dal Consiglio dei Ministri il 23 ottobre 2009. Il Coordinamento per il diritto allo studio, si batte per conservare e migliorare il sistema di diritto allo studio in Italia, perché ci sia vera equità sociale nel mondo della formazione e quindi davanti alla pubblica istruzione non possano più incidere le differenti condizioni familiari e sociali tra gli studenti.

[I.] Quanti condividono il tuo sostegno all’accesso libero al sapere, in CdA?

[M.O.] Praticamente, nessuno o per lo meno hanno tutti altre priorità. Il problema è l’idea di università : per noi non è un’azienda, non è una marionetta in mano ai privati ed all’interesse delle aziende. L’università deve essere il luogo principale di formazione, di diffusione del sapere, un posto in cui si fa ricerca libera, che è la madre del progresso. Una ricerca non condizionata dagli interessi dei privati. Deve essere uno dei più importanti luoghi di formazione del cittadino, dove ognuno può costruirsi una coscienza critica e dove l‘università può veramente funzionare come ascensore sociale. Un sistema universitario in cui non funziona bene il diritto allo studio è un sistema “bloccato”, dove un operaio non può pensare di “avere il figlio dottore”.

[I.] Hai detto che la ricerca libera è la “madre del progresso”. Cosa intendi, esattamente?

[M.O.] Mi piace pensare che l’università sia il luogo fondamentale del progresso; tutto il mondo universitario dovrebbe contribuire ad esso. Partendo da quello culturale: l’Italia è il Paese europeo con la minor percentuale di laureati; in questo, siamo inferiori anche alla Grecia ed alla Spagna. E, nonostante ciò, siamo l’unico paese in Europa dove proliferano le facoltà a numero chiuso. L’università deve contribuire al progresso sociale ed a quello della formazione, pronti per il mondo del lavoro. Il progresso culturale passa anche dal vivere la città universitaria in ogni sua sfaccettatura, cosa difficile da pensare se non con un accesso alla cultura privilegiato per gli studenti: biblioteche, musei, teatri con sconti e spazi universitari e cittadini a disposizione degli studenti. Il progresso, come detto prima, è soprattutto quello della ricerca scientifica, che è strettamente legato al progresso della tecnologia: nuovi farmaci, cure mediche, energia, ogni ramo dell’ingegneria; quando tutto questo patrimonio del lavoro in università rimane pubblico, questo è il vero investimento per il progresso di uno Stato. Detto investimento, con i tagli all’università, alla ricerca, con l’apertura alle fondazioni (secondo la legge 133) ed ai privati in CdA (secondo il nuovo DDL), viene messo in discussione e questi tagli sono in forte contraddizione rispetto agli aumenti di investimenti nell’università di tutti gli altri paesi europei.

[I.] Nel 2007, Elena Fava (consigliere Cda – UDU) aveva proposto di abolire la tassa d’iscrizione al colloquio per i corsi di laurea specialistica. Se tale richiesta venisse formulata quest’anno, quante possibilità avrebbe di essere accolta?

[M.O.] Ho effettivamente ripresentato questa proposta, fatta da Elena nel 2007, nel CDA dell‘università di settembre. Ora, è in fase di valutazione da parte degli amministratori dell’università, restiamo fiduciosi di poter estinguere quella che riteniamo una spesa assolutamente non giustificata e di conseguenza non accettabile.

[I.] Per finire: cosa ne pensi del DDL Gelmini?

[M.O.] Il DDL Gelmini è un enorme, ulteriore passo verso un’idea di università che il Coordinamento per il diritto allo studio – UDU ripugna. Questo modello era già chiaro con la legge 133 e viene molto ben delineato con detto DDL e la legge-delega sul diritto allo studio, che non deve essere riformato o delegato al governo. Per tutelare e far funzionare il diritto allo studio, inizialmente, c’è solo bisogno di aumentare i fondi per coprire al cento per cento le richieste di borse di studio in Italia e successivamente iniziare a pensare ad un innalzamento delle fasce ISEE. Non servono riforme spot dove si dice di premiare il merito con un test a crocette nazionale. Il diritto allo studio deve essere garantito come da Costituzione, non vinto come un premio tramite un test che assomiglia molto ad una schedina. Per quanto riguarda le modifiche della “governance d‘ateneo” presenti nel DDL, si toglie potere al Senato accademico, dando le competenze di ricerca e didattica al CdA. Quest’ultimo è ridotto da 26 a 11 membri; la rappresentanza degli studenti passa da 3 a 1, quella del personale tecnico-amministrativo scompare e non è prevista nemmeno per specializzandi e dottorandi. Nel “nuovo” CdA, è previsto che almeno il 40% dei membri siano persone esterne al mondo accademico, quindi tecnici, amministratori o peggio privati. Ciò porterà drammaticamente al condizionamento di questi ultimi sulla ricerca e la didattica universitaria . Il Senato accademico avrà pochi poteri e sarà tolta tutta la rappresentanza di facoltà oggi garantita con la presenza di tutti i presidi, rinforzando invece il potere del rettore e dei membri del CdA, che non saranno più soggetti ad elezione diretta. Sarà anche possibile avere un rettore esterno all’ateneo.

L’università è una risorsa importante per i privati, che si aspettano, però, un profitto personale da ogni investimento. Preserveremo sempre il carattere pubblico dell’università, che deve guardare al bene collettivo e non ai profitti personali delle aziende. Rifiutiamo ora -e lo faremo sempre- un’università che dà meno voce agli studenti ed a tutte le altre componenti accademiche per rinforzare le posizioni dei baroni ed apre un più potente Consiglio d’Amministrazione ai manager ed ai privati.

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