Attualità

Donne: una “D” tra doveri e diritti

11 maggio 2011: una data fondamentale per l’universo femminile che fece da spartiacque all’ interno della dibattuta questione sulla discriminazione e violazione della donna e dei suoi diritti. In quella data venne creata la Convenzione di Istanbul, strumento grazie al quale fu possibile delineare un quadro normativo più dettagliato in materia. Per rendere efficace questo atto, il limite da superare era la ratifica di almeno dieci Paesi su scala mondiale; tre anni sono stati sufficienti per raggiungere e superare la soglia richiesta. La Convenzione entrò in vigore il 1 agosto 2014. Ogni articolo era un obiettivo da conquistare; in particolare il terzo attribuiva alla violenza sulla donna il titolo di atto perseguibile in quanto reato: la violazione e la discriminazione delle donne rientrano negli atti riconducibili alla violazione dei diritti umani pertanto degni di condanna. Prima dell’entrata in vigore della Convenzione del 2011, erano stati disposti già  altri strumenti attraverso i quali si era cercato di risolvere il problema della discriminazione e della violenza nei confronti degli individui di sesso femminile. Infatti, nel Preambolo della Convenzione, vengono citati gli atti promulgati in passato, tra i quali spicca la CEDAW (Convenzione Onu del 1979 sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne) che si basava sul rispetto di tre “P”, ancora, senza dubbio, valide: prevenzione, protezione e punizione.

I paesi che hanno ratificato la Convenzione (tra di essi l’Italia il 10 giugno 1985) si sono assunti un obbligo determinante: garantire alle donne la possibilità di godere dei loro diritti fondamentali. Il che implica per lo Stato l’obbligo di attivarsi per porre fine alle situazioni discriminatorie, promuovendo una rivoluzione culturale, nella quale devono spiccare i concetti di integrità psico-fisica e libertà.

Di questo e di molto altro si discuterà durante l’incontro degli Stati Generali delle Donne, che avrà  luogo il prossimo 2 dicembre nell’ Aula Foscolo dell’Università  di Pavia. Aperto a tutti, l’incontro si pone il principale obiettivo di urlare “BASTA” alle ingiustizie che avvengono quotidianamente nell’universo femminile.

D’obbligo, però, è qualche chiarimento su cosa siano gli Stati Generali delle donne. Innanzitutto, perché questo nome?

La scelta è stata dettata da ragioni principalmente storiche: in passato, in un momento o una condizione particolare (ad esempio all’avvicinarsi di una guerra o quando incombeva una crisi economica gravissima) azione fondamentale da compiere per il governo della nazione, era unire tutte le sue risorse, politiche e sociali, così venivano convocati i cosiddetti Stati Generali.

E, per le donne, è opportuno definire “urgente” la necessità di allearsi in un progetto speciale e comune, gli Stati Generali delle Donne appunto, che cerchi di trovare una soluzione a tutte le questioni irrisolte che ancora, nonostante i tanti anni di “lotta”, permangono nella nostra società. Da Roma, dove si è tenuta la prima convocazione, come un vortice, questo progetto ha coinvolto donne di tutta Italia nella battaglia per i loro diritti.

Durante l’incontro del 2 dicembre a Pavia, non mancheranno autorità  pubbliche, esperti e rappresentanti di istituzioni, testimoni che hanno vissuto sulla propria pelle esperienze di violenza e discriminazione. Importante e degna di nota, la presenza della coordinatrice nazionale dell’evento, la dottoressa Isa Maggi, da anni in prima linea per quanto riguarda le tematiche di rilevanza sociale di questo calibro.

Numerosi interventi come questo vengono organizzati nelle scuole, specialmente per gli adolescenti, affinché imparino il rispetto e non vengano “contagiati” dall’ignoranza e dall’onda di aggressività  e violenza che caratterizzano la società  di oggi. Si tratta di valori che andrebbero trasmessi ai più piccoli sin dai primi anni della loro formazione. Perfino, e soprattutto nel gioco, è già possibile decifrare comportamenti di diseguaglianza tra maschi e femmine. Chi, adulto, li circonda ha il compito di educare al rispetto di ogni persona, rimproverando lo scherno, soltanto in apparenza innocente, ma che, con gli anni, può assumere i connotati, totalmente diversi, di prepotenza e superiorità.

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