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Banalmente… Doctor chi?

di Claudia Preda

Quando alle 17 e 16 del 23 novembre 1963 BBC One mandò in onda per la prima volta Doctor Who, nessuno pensava di avere per le mani nulla di più di un semplice programma educativo mirato alle famiglie, nemmeno gli stessi creatori. In effetti, che cosa ci si poteva aspettare da uno show volto principalmente a riempire lo slot tra i programmi serali e i risultati calcistici? Ora, esattamente cinquant’anni dopo, le avventure del Dottore costituiscono il programma fantascientifico più longevo e affermato della storia della televisione (alla faccia di Spock, Kirk e McCoy), con tanto di Guinness World Record ad attestarlo, tre spin-off e milioni di fans che si apprestano a festeggiarlo questo 23 novembre. Ma facciamo un passo indietro e poniamoci l’inevitabile domanda: chi è, di fatto, questo Dottore?

Originario del pianeta Gallifrey, il Dottore è l’ultimo dei Signori del Tempo, un essere ormai millenario che viaggia con diversi compagni d’avventura tra spazio e tempo con il T.A.R.D.I.S., una macchina del tempo. A causa di un circuito mal funzionante, questa macchina ha perennemente le sembianze di una cabina del telefono blu della Polizia Britannica del 1963, ormai diventata simbolo del telefilm insieme al Sonic Screwdriver, lo strumento multi-funzione del Dottore. Ogni volta che sta per morire, un Signore del Tempo può rigenerarsi e cambiare se stesso sia nell’aspetto esteriore sia in diversi tratti del carattere: il Dottore è stato quindi interpretato da undici attori diversi, mentre il Dodicesimo verrà introdotto nello speciale natalizio e sarà interpretato da Peter Capaldi, il cui annuncio è stato scherzosamente – ma forse non troppo – definito la versione nerd dell’elezione del Papa.

Per celebrare l’anniversario verrà mandato in onda in 76 Stati (in Italia su Rai 4) e verrà proiettato in 3D in diversi cinema l’episodio speciale The Day of The Doctor. Purtroppo non sarà presente nessun Dottore delle 26 stagioni dell’era “classica”, ovvero quella andata in onda dal 1963 fino alla pausa iniziata nel 1989. Tuttavia potremo vedere due delle incarnazioni più amate della serie lanciata nel 2005: il Decimo di David Tennant – che molto probabilmente rimarrà sempre il mio preferito – e l’Undicesimo di Matt Smith, accompagnati rispettivamente da Rose Tyler (Billie Piper) e Clara Oswald (Jenna-Louise Coleman). Con loro rincontreremo anche l’ignota passata rigenerazione, interpretata da John Hurt, che rappresenta un Dottore che porta sulle spalle il peso di un segreto terribile. Quest’avventura è caratterizzata da una multipla storyline: il 2013 vede qualcosa di terribile risvegliarsi nella National Gallery, nella Londra del 1562 è in corso un complotto omicida e, contemporaneamente, la Guerra del Tempo (evento appartenente a un passato da cui il Dottore ha disperatamente cercato di fuggire) raggiunge la sua disastrosa conclusione. Il Dottore, dopo aver posto fine personalmente alla Guerra e aver causato l’estinzione dei Signori del Tempo e della loro nemesi, i Dalek, bloccò infatti l’intero periodo nel tempo. Ora tuttavia si vedrà costretto ad aprire il lucchetto e ad affrontare tutto ciò che esso contiene.

Mi è stato domandato perché Doctor Who piaccia così tanto e che cosa spinga le persone ad amarlo, nel vero senso della parola, nonostante gli effetti speciali che possono lasciare a desiderare ed episodi che, in alcune occasioni, sfiorano il trash. Migliaia di persone possono avere motivi diversi, ovviamente, che spaziano dal semplice amore per la fantascienza alla sensazione che può regalare un programma che guardavi quando avevi sei anni e non sapevi nulla della vita, passando per il brivido regalato dai Weeping Angels e il fascino di un Signore del Tempo che aborre la violenza. Personalmente credo che il Dottore e i suoi compagni incarnino tutto questo, ma anche qualcosa di molto più complesso. Doctor Who è forse un po’ l’emblema della televisione escapista, in quanto permette agli spettatori di viaggiare tra tempo e spazio e di sentirsi parte di una storia più epica di quella che vivono tutti i giorni. Essi si lasciano trasportare dal Dottore, esattamente come i compagni si fanno trascinare da un millennio all’altro. Egli simboleggia tutto ciò che è sconosciuto e, proprio per questi motivi, terribilmente e pericolosamente affascinante. Allo stesso tempo, tuttavia, l’unico motivo per cui questo essere centenario riesce a non estraniarsi completamente dal proprio lato umano sono proprio le persone di cui si circonda. Esseri umani dalle vite semplici che anelano all’avventura e a una vita meno ordinaria, ma che – nonostante l’immensità dell’Universo − riscoprono la persona che li ha sempre amati o il lavoro che hanno sempre sognato ma, soprattutto, ritrovano comunque se stessi capendo di essere molto di più di quanto avessero mai creduto di essere. D’altronde, Doctor Who può far riflettere su faccende straordinariamente reali. Insegna che «in 900 anni di tempo e spazio non ho mai incontrato qualcuno che non fosse importante», insegna che i libri sono l’arma più potente dell’Universo e insegna che qualsiasi cosa ti accadrà, per quanto spiacevole, non cancellerà mai le esperienze positive che hai vissuto.

Quindi, se capitaste a Londra in quel periodo non stupitevi se vi capitasse di imbattervi in persone con buffe sciarpe colorate, cappotti fin troppo lunghi o strani aggeggi luminosi. Non spaventatevi se qualcuno vi dovesse dire con un’espressione straordinariamente seria «Don’t blink», non sbattere le palpebre. Non sorprendetevi se, arrivando all’aeroporto, doveste trovare numerosi Cybermen aggirarsi per il Terminal, come accadde lo scorso luglio a Heathrow. Il cinquantesimo anniversario sarà indubbiamente l’occasione per diverse generazioni di unirsi e celebrare quello che per loro sarà sempre molto di più di un semplice personaggio di finzione con due cuori e una stramba cabina blu.

3 pensieri riguardo “Banalmente… Doctor chi?

  • Viviana

    Ciao, personalmente non ho idea del perchè la maggior parte della gente trovi Doctor Who affascinante, ma posso dirti perchè IO l’adoro.
    Il primissimo episodio che ho visto l’ho fatto un po’ sotto pressione delle amiche, una serie con mostri, alieni e un tizio che viaggia nel tempo facendosi chiamare “Dottore”? Era tutto fuorchè il mio genere. Ma, andando avanti con gli episodi e con le serie, ho iniziato ad apprezzarla e capirla, a distinguere perfino il contribuito che i vari protagonisti danno al personaggio. Perchè, al di fuori di effetti speciali e quant’altro, è la storia il punto forte di questa serie. Gli episodi, all’apparenza scollegati, in realtà seguono un filo logico che si dipana attraverso le serie e i vari dottori e il mostro o l’alieno di turno in realtà forniscono dozzine di spunti di riflessione che inducono chi la guarda a porsi, esattamente come il Dottore, ma soprattutto i suoi/le sue compagne, certe domande, a mettere in dubbio quello che viene comunque preso per vero e a distinguerlo da quello che è giusto. Doctor Who parla di vita, di morte, di bene, di male, di verità, ma anche di errori, di sentimenti. Alcune frasi mi sono rimaste molto impresse e penso lo resteranno sempre, come l’espressioni di sorpresa del Decimo di fronte alle infinite possibilità degli esseri umani o, in uno degli episodi preferiti (il doppio episodio “Natura umana”), le riflessioni che la versione umana del dottore – temporaneamente costretto a mischiarsi ai “mortali” e a diventare come loro – si pone, riflettendo sulle domande del “vero” Dottore e, in particolare, su sui errori.
    Perchè, malgrado tutto e chiunque sia a interpretarlo, il Dottore mi piace perchè, pur essendo il più alieno degli alieni, in fondo è anche immensamente umano: nel suo sbagliare, nel suo provare sentimenti, nel morire pur di salvare la compagna che ha giurato di proteggere. In poche parole, ci dà speranza, ci fa credere che non tutto è perduto, che anche il più insignificante di noi, nel quadro generale, è importante quanto il re della galassia più potente. E, citando il Decimo, “that’s amazing”…

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    • Ciao Viviana.
      La sua umanità e il suo amore per il genere umano sono decisamente alcuni dei tratti migliori dello show. Ma, forse, amo ancora di più il fatto che abbia bisogno dei companions per tenersi ancorato a tutto questo, per evitare di sprofondare nella parte più oscura di se stesso.
      Concordo davvero su tutto quello che hai detto.
      Grazie per il commento! 🙂

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      • Viviana

        Beh, sono loro che lo rendono umano, senza i compagni sarebbe solo un “uomo” solo sperduto nell’universo. Sono loro a tenerlo ancorato alla vita, come del resto dici te.
        Grazie a te 😉

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