Cultura

I diversi volti della Sikelìa

Terra di agrumi e di ulivi, del mare e del sole, di contraddizioni, di tradizioni le cui origini affondano in storie tramandate nei secoli e che hanno delineato i tratti di un popolo variegato. Secondo la leggenda tre ninfe vagavano per il mondo, raccogliendo sassi e frutti succulenti, fin quando giunsero in una parte del mondo ricca di sole e profumi e iniziarono una danza. Ognuna si posizionò in tre diversi punti e lì vi gettarono quanto raccolto. Quelle tre parti divennero i tre vertici di un triangolo che forma l’isola della Sicilia. L’abbondanza e la floridità hanno da sempre denotato l’isola, che per le sue caratteristiche è stata meta di desiderio e conquiste di vari popoli, che hanno imposto il loro controllo, lasciando del loro passaggio tracce preziose.

Quei tre punti della Sicilia sono oggi divisi, separati dalla forza indomabile della natura e da quella sudicia del potere. Il 2015 ha visto infatti la decadenza fisica dell’isola, che neanche di fronte all’Etna, il vulcano attivo più alto d’Europa, si è mai piegata, ma che innanzi all’ingordigia del potere ha visto separare le braccia che la tenevano unita. Crolla il viadotto Himera sull’A19,  autostrada che collega Palermo a Catania; un frana blocca l’A18, autostrada che collega Messina a Catania; l’A20, autostrada che collega Messina a Palermo, dopo 30 anni di lavori, è rischiosa e dissestata. Crollano strade e ponti, il sistema idrico è pessimo ed inquinato in alcune zone, ma il problema è a monte, nella gestione di appalti e messa in sicurezza, nella prassi di ricevere molto e spendere poco per i lavori, a prescindere dal partito che intasca, rilevando invece la brama di denaro che non distingue tra sesso, razza, religione, età, nazionalità. Nessuna discriminazione! Tutti sotto lo stesso tetto del potere per il potere. Quasi da ammirare per la loro coesione, per eliminare differenze, ma uniti verso un unico obiettivo: il potere. Insomma un esempio di cooperazione. Oltre le grandi arterie bloccate, il resto non gode di buona salute. Basta guardare in alto mentre si guida in una galleria (magari non il guidatore) per vedere che gli aereatori non funzionano, che l’illuminazione stradale è scarsa, che i treni, i cui percorsi furono definiti tra l’ottocento e il periodo fascista, impiegano tempi biblici per brevi distanze. Una volta mi trovavo su un treno che all’improvviso si fermò. Guardai fuori dal finestrino e notai un gruppo di capre che attraversava i binari lungo una strada di campagna, immersa tra l’oro delle spighe di grano.

Nonostante il potere cerchi di disgregare ciò che resta dell’isola, molti dei suoi abitanti e non solo hanno deciso di utilizzare quei doni delle ninfe e dar loro nuova vita. La creatività e l’innovazione, idee di giovani che osservando la preziosità di ciò che li circonda, hanno messo nero su bianco dei semplici pensieri, dandone forma. Un’azienda dagli scarti di agrumi, semi, polpa, bucce, potrà ottenere energia elettrica, biometano. Una start-up sviluppa filati innovativi e vitaminici dagli agrumi. Progetto ideato da due ragazze catanesi che collaborano con il Politecnico di Milano. Chi decide di sviluppare le potenzialità della terra, puntando su una straordinaria innovazione: produzione di avocado. Progetto ideato da un ragazzo che dopo un viaggio decide di piantare alberi di avocado del Guatemala alle pendici dell’Etna. Una start-up, invece, produce olio e altri prodotti derivanti dalla canapa.

Una variegata realtà composta da chi si lascia sedurre dal denaro, accecato dalla smania di avere di più e chi invece, come Ulisse che, passando davanti l’isola delle Sirene, non cade in loro potere, resta inerme innanzi al richiamo del guadagno facile. Non sarebbe forse creativo recuperare il ruolo delle leggendarie ninfe, portando in giro per il mondo le idee e i prodotti, sviluppando ciò che di buono la terra dona?

Oriana Grasso

studentessa della facoltà di giurisprudenza 5 anno INTERESSI: cultura, storia, benessere.

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