Schifani a Pavia: il discorso
di Camilla Pitino
Ieri giovedì 27 ottobre 2011, contestualmente all’inaugurazione dell’anno accademico da parte dell’Università, il collegio Borromeo di Pavia ha festeggiato i suoi 450 anni. Per l’occasione è stato invitato il Presidente del Senato, l’onorevole Schifani, ad inaugurare i festeggiamenti. Nel suo breve discorso, l’onorevole ha tessuto gli elogi dell’Università di Pavia e del collegio Borromeo quali istituzioni qualificate nell’ambito della cultura e del sapere scientifico. Il Presidente ha esplicitamente indicato il sapere come uno dei pilastri su cui si fonda e di cui si alimenta la nostra democrazia.
Ha continuato insistendo sull’importanza dell’Università come luogo di maturazione della capacità critica, strumento essenziale per collocare nel giusto contesto le informazioni che ci giungono dai mass media. Ha quindi mostrato come compito della politica quello di innalzare la qualità dell’istruzione e di essere a servizio dei giovani. È stato molto chiaro nel dire che i giovani sono il tesoro di una nazione, e che ogni sforzo deve essere rivolto a loro. Oltre all’importanza dei giovani e della cultura, l’onorevole Schifani ha fatto riferimento alla particolare situazione di transizione in cui ci troviamo. Ha parlato dell’attuale crisi economica, come l’ultima conseguenza di una serie di squilibri creatisi nel corso del secolo scorso. Ha indicato, come conseguenze della crisi economica, la “sindrome dell’incertezza” dei cittadini e della politica, e la “crisi della fiducia” nei confronti della classe dirigente. Per affrontare i problemi che il nuovo millennio ci ha messo di fronte, è necessario trovare nuove soluzioni di governance. A questo proposito, l’onorevole ha chiamato nuovamente in causa i giovani, indicandoli come la risorsa del Paese per affrontare le sfide del futuro. D’altra parte, il presidente del senato ha fatto riferimento a scelte dolorose che il governo dovrà avere il coraggio di prendere, per rispondere a questo momento di emergenza. L’onorevole Schifani ha concluso il suo discorso dicendo che “siamo un grande Paese, ce la dobbiamo fare, ce la possiamo fare e ce la faremo”.
Il discorso tenuto dal Presidente del Senato è stato bello: un discorso pieno di ottimismo, di amore per l’Italia, per i giovani e per il sapere. Però questa “crisi della fiducia”, come l’ha chiamata l’onorevole, non permette di lasciarsi andare a facili entusiasmi. Infatti, non è credibile un discorso del genere dopo i miserabili tagli che sono stati fatti all’Università, alla ricerca, alla scuola. Non è utopico credere ad un discorso del genere, non è da sognatori, credo piuttosto che sia da sciocchi. Non mi sento delusa, perché non mi aspettavo un discorso diverso. Ormai, siamo tutti abituati alle parole mielose, piene di ottimismo e coraggio, ma sappiamo anche molto bene che non esiste un’aderenza tra ciò che viene detto e ciò che viene fatto. La storia di questo governo mi sembra come una di quelle travagliate storie d’amore, ormai giunte alla fine. Ci hanno provato e riprovato a far funzionare le cose, a governare bene il Paese, ma non funziona, e a questo punto è chiaro a tutti. Perciò, mi sembra che tutto quello che ci sia da fare, sia avere il coraggio di lasciare. Naturalmente sarà difficile e doloroso, ma credo che sia un atto dovuto, se veramente si amano l’Italia e i giovani, futuro del Paese. Ciò di cui abbiamo bisogno è un atto di “humilitas”, una di quelle virtù tanto rare quanto preziose, che aiuti i “senatores” a lasciar spazio ai giovani, ed aiuti i giovani a non cadere negli errori dei vecchi
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Le forme rituali fanno parte del linguaggio politico, da sempre.
Una riflessione: il discorso non è poco credibile in sé, ma poco credibile in quanto pronunciato da chi, pur avendo la possibilità di stimolare uno sviluppo, ha preferito condurre (spesso anche sotto ricatto politico) una politica conservatrice anziché una politica liberale di reazione come quella promessa.
Sappiamo tutti che dobbiamo fare dei sacrifici, il problema è che quei sacrifici, fatti in un panorama conservatore e immobilista, rischiano ancora una volta di restare senza prospettiva.
Questo pezzo è pessimo: una scorata captatio benevolentiae al boss.
Coraggio è essere onesti e dire le cose come stanno. Ma come scriveva il Manzoni, chi non ce l’ha non se lo può dare. Vale pure per l’onestà.
La moderazione è un valore che pochi sanno ancora capire e apprezzare.
Questo pezzo è onestissimo. Perchè nella prima parte vi è una cronaca oggettiva dell’incontro con Schifani e delle sue parole, mentre nell’ultimo capoverso vi è un giudizio personale dell’autrice dell’articolo la quale critica le parole del Presidente del Senato.
Non so in base a cosa dici che sia pessimo…
Caro Francesco, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.
Questo pezzo è pessimo:
“La storia di questo governo mi sembra come una di quelle travagliate storie d’amore, ormai giunte alla fine. Ci hanno provato e riprovato a far funzionare le cose, a governare bene il Paese, ma non funziona, e a questo punto è chiaro a tutti. Perciò, mi sembra che tutto quello che ci sia da fare, sia avere il coraggio di lasciare.”
Hanno provato e riprovato ad affossare il sistema economico produttivo e ce l’hanno fatta alla grande (con la gioiosa partecipazione di malavitosi ed evasori fiscali e, soprattutto, la condiscendenza del popolo bue): andare pubblicamente a prendere in giro le vittime di questo crimine generazionale è la classica beffa seguente al danno. Semplicemente intollerabile, altro che “storia d’amore travagliata”.
Chi li ha tagliati, i fondi alla Ricerca e all’Università? I cinesi?
Un discorso del genere fatto di fronte a una platea di studenti francesi avrebbe causato la rapida fuga dell’oratore seguito da fischi e lanci di verdura andata a male. E’ bene ricordarlo, perchè solo chi viaggia è a conoscenza delle realtà diverse e possibili.
Ovvio che non sia così: nessun governante “prova e riprova ad affossare il sistema economico produttivo” del proprio stato a meno che non sia un imbecille, il problema è ovviamente ben più complesso. Poi si vuole fare del qualunquismo e buttare tutto in vacca, lo si può fare, ma non giova a nessuno. Credo personalmente che la redattrice abbia posto un problema con umiltà, senza pretendere che la propria idea passasse come verità assoluta, come invece sembra fare lei. E infatti chiama la gente “popolo bue” escludendosi da esso per ignote ragioni.
La locuzione “storia d’amore” è una metafora sciolta nel resto della frase: “ci hanno provato […] ma non ci sono riusciti”. Cercare di far passare l’idea che sia una sorta di elogio è un falso ideologico.
Per quanto riguarda le reazioni dei francesi, beh, mi vanto di essere abituato a contestare una idea prima che una persona. E lanciare verdura marcia contro un presidente del senato (ruolo di garanzia) mentre dice “i giovani sono il tesoro della nazione, ogni sforzo deve essere indirizzato a loro” sarebbe stupido e controproducente.
Concordo con Giovanni.
L’articolo, dal punto di vista tecnico, è scritto bene.
Puoi criticarlo dal punto di vista dei contenuti; la redattrice, nella seconda parte dell’articolo, ha scritto un capoverso soggettivo – di opinione – che può non essere condiviso, ci mancherebbe.
Però considera che Inchiostro è un giornale apolitico e apartitico dove ogni redattore può esprimere liberamente – e a titolo personale – il proprio pensiero. Questa penso sia un requisito fondamentale di un giornale universitario; come è fondamentale la critica, purchè fatta con i giusti toni.