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Diritti gay, un approfondimento: Guardatevi intorno: Le Cose Cambiano

 Introduzione

Come certamente saprete (se non lo sapete, rimediate al link del numero cartaceo di Novembre ), Inchiostro n°136 ha trattato come argomento principale quello dei diritti LGBTQ* in Italia. Nell’editoriale, si parlava di far “dialogare a distanza” persone con opinioni diametralmente opposte. In quel caso, una versione ridotta dell’intervista a Filippo Savarese, portavoce di Manif pour tous Italia, era affiancata a brani tratti dal libro Love Song di Federico Novaro.
Abbiamo deciso di approfondire l’argomento, proponendovi l’intervista completa a Savarese e le risposte a domande in parte analoghe che abbiamo posto a Chiara Reali, coordinatrice di un importante progetto per il contrasto dell’omofobia e l’autoaffermazone delle persone LGBTQ*, Le Cose Cambiano Italia.

 

Intervista a Chiara Reali, coordinatrice del progetto “Le Cose Cambiano”

Inchiostro – “Le Cose Cambiano”: qual è la genesi e lo scopo dell’associazione?

Chiara – Il progetto nasce negli Stati Uniti nel 2010 in seguito al suicidio di alcuni ragazzi vittime di bullismo omofobico, allo scopo di rassicurare le adolescenti e gli adolescenti che le cose sarebbero cambiate, per invitare loro a tenere duro e a chiedere aiuto; per ricordargli che non sono soli. Da allora, nel mondo, sono nati una decina di progetti analoghi, tra cui “Le cose cambiano”. Lo scopo viene raggiunto in un modo molto semplice: attraverso la condivisione delle testimonianze di adulti LGBT (e non solo) che decidono di raccontare la propria storia e di lanciare così un messaggio di speranza.www.lecosecambiano.org è online dal maggio del 2013: nell’ottobre dello stesso anno una raccolta omonima di testimonianze scritte è uscita in coedizione Isbn Edizioni e Corriere della Sera.

I non-sostenitori della legge sul matrimonio gay sostengono che la vostra posizione non tuteli i diritti dei bambini: “i figli non sono “diritti” ma persone, esseri umani con propri diritti individuali”, tra cui il diritto di avere una madre e un padre. Come vi ponete di fronte a questa obbiezione?

Abbiamo dalla nostra parte quarant’anni di ricerche della comunità scientifica internazionale: l’orientamento sessuale dei genitori non ha conseguenze negative sulla crescita dei figli. Di recente l’Ordine nazionale degli psicologi ha risposto alla Ministra Lorenzin, che sosteneva che “tutta la letteratura psichiatrica, da Freud in poi, riconosce l’importanza per il bambino di avere una figura paterna e materna per la formazione della propria personalità”, ricordando che “tali asserzioni sono prive di fondamento empirico e disconoscono quanto appurato dalla ricerca scientifica internazionale. Un bambino che cresce in una famiglia con uno o due genitori gay non corre alcun rischio specifico. Adulti coscienziosi e capaci di fornire cure, che siano uomini o donne, eterosessuali o omosessuali, possono essere ottimi genitori. Non sono né il numero né il genere dei genitori – adottivi o no che siano – a garantire di per sé le condizioni di sviluppo migliori per i bambini, bensì la loro capacità di assumere questi ruoli e le responsabilità educative che ne derivano”.

Inoltre un riconoscimento delle famiglie omogenitoriali non farebbe che tutelare quei diritti che, in questo momento, sono negati: e sono negati proprio ai bambini. Il genitore non biologico, a tutt’oggi, è considerato dalla legge un estraneo.

Parlando di numeri: il sondaggio Demos sul “gradimento politico Renzi” ha mostrato le percentuali sull’appoggio ai matrimoni gay nel governo. Si parla di “contro” al 70% Lega Nord e Fratelli d’Italia e un netto 92% di Ncd e Udc. Si parla di 74% pro di Sel, 72% M5s, 64% FI di 64%. Che stupisce è la posizione del Pd con solo il 56% favorevoli al matrimonio. Come vi ponete di fronte a questi numeri? Su chi sapete di poter contare al governo per un appoggio deciso e decisivo?

Se si vanno a guardare i dati relativi alla popolazione italiana (per esempio l’ultimo sondaggio di Demos sul tema) si vede chiaramente che l’opinione pubblica sta cambiando: nel giro di poco più di un anno i “sì” al matrimonio tra persone dello stesso sesso sono cresciuti di più di dieci punti percentuali. Crediamo che la politica non possa non prendere atto di questa apertura.

Cosa ne pensate del ddl Scalfarotto?

Molto rumore per nulla: è più di un anno che è fermo; se non fosse per le Sentinelle, nessuno se ne ricorderebbe (e le Sentinelle se lo ricordano male).

In reazione proprio a questo decreto anti-omofobia si è scatenata l’onda delle sentinelle. Come vi siete posti nei confronti di questo tipo di manifestazione?

Ci siamo limitati a osservare quello che sta succedendo: purtroppo molto spesso nel tentare di rispondere alle loro manifestazioni si finisce solo per dare loro più risalto di quanto ne meriterebbero (o ne avrebbero senza il nostro aiuto involontario). D’altra parte l’insuccesso della loro mobilitazione nazionale il 5 ottobre parla chiaro, così come l’inconsistenza delle loro rivendicazioni. L’omofobia non è un’opinione.

Inchiostro n°136 ha publicato una delle foto di una mostra fotografica dal titolo “Lesbica non è un insulto”. Che percezione c’è all’interno della comunità gay invece di termini quali “frocio” o “checca”?

Non diamo un’accezione, ma diamo volentieri una definizione prendendola in prestito dall’introduzione a “Le cose cambiano” scritta dal professor Vittorio Lingiardi, psichiatra, psicoanalista e ordinario alla facoltà di Medicina e Psicologia de La Sapienza: l’omofobia è disagio, svalutazione e avversione, su base psicologico-individuale e/o ideologico-collettiva, nei confronti delle persone omosessuali e dell’omosessualità stessa. Sistema di credenze e stereotipi che mantiene giustificabile e plausibile la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale. Uso di un linguaggio o slang offensivi per le persone gay e lasebiche.

In tutto il mondo occidentale, le unioni gay, i matrimoni gay, le adozioni gay sono sempre più frequentemente riconosciute dai governi. Perché l’Italia finora ha fatto un percorso diverso?

 Non credo ci sia una risposta univoca: e però al di là delle risposte più scontate, quelle sulla presenza del Vaticano, per esempio, secondo me sarebbe importante riflettere sulla visibilità delle persone gay e lesbiche in Italia e sul ruolo che questa visibilità ha nella lotta per ottenere diritti. Per quanto negli ultimi anni le cose stiano decisamente cambiando e sempre più persone stiano iniziando a metterci la faccia. Quando mi capita di lavorare nelle scuole, molto spesso ragazze e ragazzi non sanno citarmi che Tiziano Ferro, quando chiedo loro se conoscono delle persone famose e dichiarate. E anche quando parliamo della loro vita di tutti i giorni, delle persone con cui sono in contatto quotidianamente – che si tratti della famiglia o della scuola – la risposta spesso non cambia. Tante volte chi parla di diritti LGBT non pensa alle persone per cui questi diritti sarebbero importanti, ma ragiona per stereotipi che, queste persone, deumanizzano. Ecco, questa secondo me può essere una delle risposte possibili.

Durante il Nostrano Festival le Badhole hanno affermato che “l’invisibilità è un’altra forma di omofobia”. Legato a questo sorge dunque la domanda: perché di fronte alle lotte gay non si sono schierate, dichiarandosi, grandi personalità pubbliche e vip italiane?

Perché la visibilità non viene percepita ancora come importante, perché spesso ci si trincera dietro a risposte come “è una cosa privata” senza capire che non lo è, per niente. Ma anche perché spesso ci sono pressioni esterne, se fai coming out smetti di lavorare. Anche se poi magari non succede davvero. Mi viene in mente il coming out di Carlo Gabardini, che ha creato per noi quella meraviglia di video che è “La marmellata e la Nutella”: nella lettera che ha scritto a Repubblica poco più di un anno fa scrive, Io della mia omosessualità non parlo mai perché penso che non sia una notizia. Ma se la non-notizia di esser gay, nel momento in cui viene dichiarata da tutti i gay, può salvare anche solo un ragazzo dal proprio proposito di suicidio, beh, allora lo dico: io sono gay.

E poi penso a quello che sta succedendo negli Stati Uniti, ai coming out degli ultimi due anni nel mondo dello spettacolo e dello sport: decine e decine. E mi dico che presto sarà così anche da noi.

Chi invece si è esposto sono i sindaci: Pisapia e Marino hanno deciso di trascrivere i matrimoni. Cosa ne pensate di questa formula? E cosa ne pensate invece della proposta di Renzi sulle unioni alla tedesca (a cui però la Germania è giunta già nel 2001)? Qual è invece la vostra proposta, il vostro modello di matrimonio egualitario? E, infine, “meglio un uovo oggi o una gallina domani?”: meglio le trascrizioni e le unioni civili subito oppure un pieno matrimonio egualitario in prospettiva?

Quando i sindaci hanno iniziato a ribellarsi, è stato bellissimo: qualcuno su Facebook paragonava questa pacifica insurrezione alla scena finale dell’Attimo Fuggente, quella in cui tutti salgono in piedi sul banco, e mi sembra un paragone azzeccatissimo. È un primo passo, necessario: perché aiuta a dare visibilità alla questione (e alle persone! Pensate alle immagini delle trascrizioni di Roma, iconiche) e perché crea un ulteriore vuoto che va colmato con la legge.

Quanto al resto, ti rispondo dicendoti quello che penso io, Chiara: penso che il matrimonio sia un diritto che, in questo momento, è invece un privilegio, perché non è esteso a tutt*.

Conoscete “Manif pour tous” , movimento francese di risposta alla legge “Mariage pour tous” e portato in Italia? Come vi ponete di fronte a questa, come alle altre associazioni di difesa della famiglia “tradizionale”?

Conosciamo sì, e come ci dovremmo porre? La famiglia tradizionale non esiste, basta guardarsi intorno; e come ci si può dire a difesa della famiglia quando è proprio a delle famiglie che si vogliono togliere dei diritti?

 

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