Attualità

Dietro il fumo di Tahrir

di Federica Mordini

 

“Ho appena ricevuto una chiamata da un amico che si trova all’ Ospedale da campo. Quattro corpi senza vita sono appena arrivati. Morti per colpi di arma da fuoco della polizia”, “Siamo accecati e soffocati dai lacrimogeni”, “Oh mio Dio, secondo Al Jazeera ci sono undici morti”. Cairo, domenica 20 novembre, questi sono solo alcuni dei tweet che impazzano sulla mia bacheca di Twitter. Si tratta di ragazzi egiziani che mandano messaggi direttamente dalla piazza attraverso i loro cellulari, per documentare come loro, manifestanti, sono attaccati dalle forze di polizia inviate dal governo militare.

Alla luce degli ultimi scontri al Cairo, la reazione dell’esercito nei confronti dei manifestanti in piazza Tahrir mi ricorda un famoso romanzo di Marquez: “Cronaca di una morte annunciata”. La reazione troppo benevola dei militari, che ai tempi della caduta di Mubarak entrarono in città senza reagire ma, al contrario, festeggiando con la folla in giubilo, lasciava presagire una futura presa rapida e forte del potere. E così è stato.  Strano come il popolo si sia fatto abbindolare da quei sorrisi e da quegli incitamenti, dimenticando che l’esercito è sempre stato la mano di Mangiafuoco attenta nel tirare abilmente e a suo favore i fili del suo burattino.

Come si legge nelle pagine di Facebook più autorevoli, gli egiziani hanno deciso di scendere di nuovo in piazza il 18 novembre per chiedere al governo militare di lasciare il potere e per manifestare contro l’entrata in vigore di un documento sovra-costituzionale proprio alle porte delle prime vere elezioni del dopo-regime, previste per il 28 novembre.

Quasi un anno è trascorso da quegli intensi e violenti 18 giorni che hanno portato alla caduta dell’ultimo faraone, ma niente sembra essere cambiato. Lo dicono i tweet: Corruzione, scarsa libertà di espressione e il potere accentrato nelle mani di pochi sono ancora una costante in Egitto, che sembra non riuscire a liberarsi di organi ancestrali attaccati al capezzolo del paese.

La storia si ripete. Quello che però rassicura gli animi è la costante forza di volontà degli egiziani, la voglia di libertà e di giustizia, che li porta, ancora una volta, a strappare a suon di canti e manifestazioni pacifiche ciò che dovrebbe essere loro di diritto. Non importa quanti feriti, quanti morti, quanti colpi vengono inferti, i giovani di piazza Tahrir non rinunciano al loro sogno e rispondono a suon di tweet così: “U can set fire to the tents, but U can’t burn a revolution. U can blind people’s eyes, but not their vision. This is a revolution.”

Potete bruciare le nostre tende, ma non potete bruciare  una rivoluzione. Potete accecare gli occhi delle persone, ma non la loro visione. Questa è una rivoluzione.

 

Ndr. Gli scatti sono di @mosaaberizing, un coetaneo che sta partecipando alle manifestazioni. Le foto documentano la marcia pacifica verso piazza Tahrir di venerdì.

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