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Deep learning e smart aging: ricerca e innovazione a Pavia

Pavia è sempre stata una città fervente dal punto di vista culturale, come testimoniano i nomi di numerose vie, intitolate a studiosi e scienziati, e le targhe delle aule dell’università, tra i cui banchi si sono seduti letterati e intellettuali di grande calibro. Al giorno d’oggi, questo clima è ancora presente e abbraccia tutti gli ambiti, da quello letterario a quello medico, da quello delle scienze a quello più prettamente tecnologico.

E proprio quest’ultimo aspetto abbiamo approfondito noi di Inchiostro, intervistando Mirto Musci, assegnista di ricerca nel dipartimento di Ingegneria Informatica, che si sta occupando di un progetto che punta a realizzare un piccolo dispositivo in grado di rilevare automaticamente e con precisione le cadute delle persone fragili.

Deep automatic fall detection”: in che cosa consiste e quale è lo scopo di questa ricerca?

Lo scopo è quello di migliorare la qualità della vita delle persone anziane, e in generale delle persone con fragilità, attraverso una segnalazione istantanea e automatica in caso di cadute accidentali. Ciò è possibile grazie ad un sensore indossabile “intelligente” che può essere nascosto in un braccialetto o in un bottone.

Si parla di “deep” come abbreviazione di “deep learning”, una tecnica di intelligenza artificiale che è esplosa in ogni ambito scientifico e tecnologico da qualche anno a questa parte, e che permette di analizzare i dati in maniera “intelligente”, con una precisione prima impensabile. In questo progetto, la “rete neurale” creata con questa tecnica analizza in tempo reale i dati raccolti da accelerometri e giroscopi montati all’interno del dispositivo indossabile, e decide “autonomamente” e senza intervento umano se la persona che lo indossa è caduta o meno. In caso affermativo, i dati vengono inviati ad un’infrastruttura web gestita da un soggetto privato o da un ente assistenziale, che può mettersi in comunicazione con il diretto interessato, contattare parenti e care giver o richiedere, nei casi più preoccupanti, diretta assistenza medica. Questa infrastruttura permette dunque un monitoraggio costante 24 ore su 24 e nel pieno rispetto della privacy del singolo.

Chi fa parte del team?

Il progetto di ricerca è stato finanziato dalla regione Lombardia ed è stato avviato un anno e mezzo fa, durerà sino alla fine del 2019 e vi partecipano professori e ricercatori pavesi, dottorandi e tesisti magistrali, il laboratorio di Computer Vision, a cui afferisco anche io (e che si occupa dello sviluppo degli algoritmi di intelligenza artificiale); il laboratorio di Microcalcolatori; il laboratorio di Robotica; la STMicroeletronics, azienda leader nell’ambito della componentistica elettronica; la ST, che fornisce l’hardware, i sensori e il supporto tecnico; una serie di piccole e medie imprese che si occupano dell’infrastruttura web attraverso la quale passa la comunicazione tra il dispositivo e gli operatori umani che andranno poi a gestire le emergenze.

Come funziona la parte pratica della ricerca?

Per “addestrare” la rete a distinguere i segnali associati alle cadute da quelli associati ad attività quotidiane come camminare, salire le scale, sdraiarsi sul letto, è necessario raccogliere dei dati. Ovviamente non si possono ottenere da cadute reali mettendo a rischio la salute di persone fragili, e dunque si procede grazie alla simulazione su materassi da parte di giovani volontari. I ragazzi indossano dei dispositivi identici a quelli del prodotto finale, solo che in questo caso non servono per riconoscere le cadute ma si limitano a registrare dati. Nel frattempo noi ricercatori registriamo un video in modo da poter associare ciascuna attività quotidiana e ciascuna caduta ad un preciso tracciato dell’accelerometro. Una volta “viste” tutte queste registrazioni, e se è stato correttamente programmato, l’algoritmo sarà in grado di riconoscere automaticamente le cadute.

Attualmente, la raccolta dati va avanti anche grazie alla collaborazione delle ragazze e dei ragazzi del Collegio Nuovo e del Collegio Ghislieri.

In quali altri ambiti potrebbe essere usato questo tipo di tecnologia?

I dispositivi indossabili esistono già e vengono usati per monitorare vari aspetti della salute della persona, all’interno di una nuova branca scientifica che prende il nome di “smart aging” e che si basa sull’evidenza che la popolazione mondiale è composta da un numero sempre maggiore di anziani e dunque anche la richiesta di assistenza aumenta. Attraverso questi dispositivi possono essere monitorati, ad esempio, il battito cardiaco e il livello di insulina. Probabilmente in futuro avremo sui nostri corpi decine di dispositivi molto piccoli che controlleranno i parametri vitali! E dietro ognuno di questi dispositivi ci sarà un algoritmo di deep learning.

Un traguardo che vorremmo raggiungere nei prossimi anni è quello del monitoraggio della riabilitazione fisica, cioè vorremmo creare un’infrastruttura completa per aiutare i fisioterapisti nel loro lavoro. L’algoritmo impara quello che è “l’esercizio di riabilitazione perfetto” e, ogni volta che il soggetto lo ripete, il dispositivo registra una serie di parametri e assegna un punteggio di performance. In caso di deviazioni troppo forti dalla norma, l’intera esecuzione viene inviata sul web al personale medico competente, che può decidere di intervenire direttamente o solo per via telematica. In questa maniera un singolo fisioterapista può seguire molti più pazienti con meno spesa per la struttura sanitaria, in maniera personalizzata per ognuno e riservando un intervento diretto solo ai casi che ne hanno davvero bisogno.

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