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Dai Colossal non nasce niente, dal low budget nascono i fior.

Fino a qualche tempo fa certe sequenze dialogiche erano riservate a Woody Allen e a pochi altri. Ma che so’ ‘ste “certe sequenze”?
Sono scambi di battute irreali con frasi interminabili, citazioni e citazionismi gratuiti, monologhi profondissimi o banalissimi (il passo è breve), dirompenti attacchi di intellettualismo.
Ora, come dimostra la serie web Tutte le ragazze con una certa cultura (fruibile gratuitamente su YouTube), queste sequenze sono prassi comune sulla bocca dei più divertenti protagonisti del nostro tempo (non saprei come definirli). Dopo lo Speciale TG1 sulla figura dell’hipster immagino che il termine e la categoria siano ormai in fase calante, altrimenti non si spiegherebbe perché abbia voluto occuparsene la Rai.
Non li chiamerò dunque hipster, ma giovani del nostro tempo, alternativi oppure alternativi ad altri alternativi, e così via.
Dubbi a parte, la serie è certamente uno dei pochi prodotti che circola nel panorama italiano in grado di fotografare nitidamente un certo tipo di ragazzi e ragazze d’oggi. Essendo una rappresentazione, è chiaro che si siano gonfiati d’elio gli stereotipi di ciascun personaggio proposto, ma la vocina che ne esce fuori è tremendamente vicina alla realtà delle cose e non ci si stupisce molto (e la cosa è preoccupante) delle battute e delle tipologie caricaturali presentate.
Se la Grande Bellezza ha portato sul grande schermo la crisi di mezza età (e oltre) di un uomo di 65 anni, questa serie web mostra la crisi esistenziale (talora insipida) di un giovane romano di 30 (gli anni di Luca, il protagonista).
Luca è un assistente universitario e correttore di bozze che osserva il mondo (il suo mondo) da un colle sopraelevato, contemplandolo il più delle volte, ma anche immergendovisi totalmente. Si presenta così allo spettatore: «Le ragazze che a me piacciono hanno appeso in camera almeno un dipinto di Schiele […] però le ragazze che hanno una certa cultura […] non hanno un’erezione alla vista delle carni vivide e deformi». E prosegue, poi incalza, la presentazione delle più svariate tipologie di ragazza a seconda delle preferenze artistiche. Il fatto non stupisce, come dicevo prima, ma diverte molto. Nei primi secondi di video si palesa tutto l’estro della serie web.
Vedrete quello che piace un po’ a tutti quelli con una certa cultura: inserimenti di fotogrammi e modifiche di post-produzione alla Lars Von Trier, molto postmodernismo tarantiniano e, come dicevo, battute prodotte dalla pigiatura del miglior screeplay di Woody Allen: ed è subito quotidianità.
Il gusto tarantiniano viene svelato nell’ultimo episodio, diviso in capitoli proprio come nei film con Uma e lo stuzzicadenti di Hattori Hanzō. Da Kill Bill riprende anche alcuni titoli come Faccia a faccia e Resa dei conti alla casa delle foglie blu.

Il protagonista ha un temibile avversario, l’altra metà della mela, Silvia; entrambi sono dentro e fuori da questo mondo, partecipi e osservatori.
Silvia è una che «fa l’aperitivo a Monti»: a quanto pare questo Monti è un rione romano molto “in” e molto “cool”, “in-cool” si potrebbe definire. Sul profilo Yelp di una ragazza qualunque leggo: «Adoro Rione Monti forse più di qualsiasi altro luogo sulla terra, potrei fare carte false per trovare un appartamento qui etc.». E HA detto tutto.
Le storie d’amore brevi o brevissime fra i due protagonisti, o fra loro e chi li circonda, sono i fili rossi che legano tutti gli episodi. Ogni video ha inizio con una frase ad effetto degna della migliore Scuola Holden.
Nell’ottavo e ultimo episodio i due si strappano finalmente la maschera a vicenda, si produce una sorta di catarsi:
L: «La verità è che ti riempi la bocca di banalità e di luoghi comuni perché hai il terrore di apparire normale, che poi è quello che sei, normale, una ragazza meravigliosamente normale».
S: «Il tuo problema è che sei un insicuro cronico, non credi in te stesso e giudichi chiunque perché sei diventato rancoroso. E sappi che sei inutilmente rancoroso perché il mondo non ti calcola».
Più che una rappresentazione stereotipata, a me pare proprio che questa serie web sia un esempio di quello che offre la nostra contemporaneità, assorbita e rigettata in otto episodi scritti e girati degnamente (per essere un prodotto low budget).
Merita una menzione speciale colui che, a mio parere, è la clamorosa e invisibile nemesi di Luca: « il Finto Trasandato, 30 anni, intoccabile come una canzone di Battiato». Non vi rovinerò la sorpresa, non vi dirò come viene presentato questo ennesimo caratterista.
In conclusione, Luca vincerà la sua crisi amoroso-esistenziale? Sì, lui vincerà con un gesto (non lo svelerò) di libertà, uno sprezzante slancio di vita, l’abbandono del passato e lo sguardo dritto e fiero verso il futuro che lo attende. Le note di Dalla e la sua E non andar più via serrano poeticamente questo pregiato prodotto del web.
Quando si riesce a rappresentare la realtà che ci circonda, soprattutto questa realtà tanto tecnologica quanto asettica, e lo si fa in questo modo, si è raggiunto un modello con il quale ci si deve misurare per parlare d’ora in avanti dei più o meno giovani del nostro tempo.
Consiglio la visione a tutti quelli che sentono in cuor loro di avere una “certa cultura”, ma non una cultura certa (e anche agli alternativi, sorridete di più, non prendetevi così sul serio, ragazzi)!

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