Contro ogni fondamentalismo: G.B. Montini riparla a Pavia
di Erica Gazzoldi
Il 25 settembre 2012 è cominciata l’attività culturale del Collegio S. Caterina da Siena. Si è offerto un argomento d’eccezione: la pubblicazione delle lettere giovanili di G.B. Montini, futuro papa Paolo VI. Il Carteggio I (1914-1923) è stato curato dal prof. Xenio Toscani, ex – borromaico. Proprio una visita all’Almo Collegio Borromeo avrebbe suggerito a Paolo VI l’idea di fondare un istituto femminile simile: appunto, il S. Caterina da Siena. Nell’anno accademico in corso, ricorre il suo quarantennale. In ottobre, cadrà anche il cinquantesimo anno dall’apertura del Concilio Vaticano II, concluso da papa Montini.
La presentazione del carteggio è stata organizzata in collaborazione con il M.E.I.C. (Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale). Lettere scelte dall’epistolario sono state declamate da Giulia Marziali, alunna del collegio e allieva della scuola di recitazione legata al Teatro Fraschini. Avrebbe dovuto accompagnarla Chiara Locatelli, purtroppo indisposta in seguito all’impegno profuso nell’XCool.
Mons. Gianfranco Poma ha aperto la serata con cenni alla personalità di G.B. Montini. Si tratta d’una figura poco conosciuta, soprattutto per quanto riguarda i suoi anni giovanili. Mentre Benedetto XVI ribadisce i “valori non negoziabili”, Paolo VI era il “Papa-Amleto”, sempre impegnato a rimettersi in discussione. Profondamente agostiniano, cercava Dio nell’interiorità dell’uomo. Come “esperto di umanità” si presentò all’ONU. In famiglia, fu a contatto con l’élite culturale cattolica dell’epoca. Poté condurre gli studi seminariali da privatista, a causa della salute cagionevole. Ciò lo scampò dall’isolamento intellettuale imposto agli altri futuri sacerdoti. Il seminario di Brescia gli fornì le pubblicazioni moderniste, alle cui tematiche sarebbe rimasto sensibile. Papa “laico”, in un certo senso, improntò la fede al dialogo, alla ricerca di Dio negli irripetibili incontri con gli altri uomini. Atteggiamento opposto a quello di certo cattolicesimo fondamentalista, che si straccia le vesti davanti a un vescovo solidale con i musulmani e traccia binari passando sopra l’uomo. Recrudescenze che obliterano l’unica roccia su cui si fondò Paolo VI: la necessità di testimoniare un Dio-amore. Il Carteggio documenta il suo impegno nell’ “Associazione Alessandro Manzoni”, composta da studenti cattolici al passo con la migliore cultura europea. Ne emerge la necessità di “restare studenti”, appassionati e disinteressati. È accorato l’invito, rivolto ai laureati, a formare un’aristocrazia intellettuale che arricchisca le menti degli italiani. Difficile essere ottimisti in questo senso, date le ben più amene preoccupazioni della nostra classe dirigente. Ma rimane l’influsso esercitato da Montini e dalle sue riforme. A lui si deve l’abolizione dell’Indice dei Libri Proibiti. Insieme ai ragazzi della FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana), delineò, nel “Codice di Camaldoli”, i principii che sarebbero stati della Costituzione italiana.
In un periodo che è di crisi in molti sensi, in cui è acuta la tentazione di arroccarsi sotto bandiere o dimenticare ogni fondamento culturale, ben venga la riscoperta di questo umanista. Il suo pensiero travalica i luoghi comuni che oppongono la fede alla ragione, l’identità cattolica al dialogo. Non c’è da stupirsi che sia stato dimenticato, nell’era dei cuochi di “verità”. Ma questa –direbbe qualcuno- è un’altra storia e andrà raccontata un’altra volta.
Giovanni Battista Montini – Paolo VI, Carteggio I (1914-1923), a cura di Xenio Toscani, Istituto Paolo VI – Brescia, Edizioni Studium – Roma, 2012.