Colore della pelle? Umano.

Diverso: dal latino divertĕre, ovvero “deviare”, “volgere in altra direzione”. La stessa etimologia dell’aggettivo sottintende dunque l’esistenza di un modello, un punto di riferimento da cui un altro elemento si scosta per sua stessa natura.

Nel corso della storia, molti uomini hanno creduto di vedere gruppi d’individui divergere dalla posizione ritenuta corretta e così, fino ad arrivare ai giorni nostri, si sono dilettati a creare una serie di cartelli mentali (e non) intitolati “diverso per…” sotto cui smistare quella massa di pecorelle smarrite. Perché, se non potevano cambiare il loro colore della pelle o il loro orientamento politico, religioso o sessuale, almeno potevano segnalare loro che si trovavano sul sentiero sbagliato. Un’attenzione quasi premurosa, se non fosse che in troppe occasioni questa sottolineatura si è trasformata in guerre, repressioni e discriminazioni di ogni genere e forma.1d0c6da1340ab5b676f6b660c6953c76cL-2

Tornando all’etimologia dell’aggettivo “diverso”, è interessante notare come se ne sia fatto spesso un uso improprio. È infatti ridicolo e imbarazzante parlare di “diversità” tra uomini in senso discriminatorio, in quanto la scelta di questo termine implicherebbe la sussistenza di un paradigma di essere umano, un essere dotato di tutte le qualità migliori e in possesso della verità assoluta, da cui gli altri individui di discostano. Cosciente del disagio che lo sguardo vitreo della Barbie mi ha causato fin dalla tenera età, temo già da ora il momento in cui potrebbe palesarsi un siffatto soggetto. Tuttavia, ringraziando Dio, la selezione naturale, entrambi o qualunque altro meccanismo superiore, nessun uomo vissuto o vivente presenta queste caratteristiche, quindi decade automaticamente la possibilità di applicare un giudizio simile.

È ciò che sta dimostrando la fotografa brasiliana Angélica Dass. L’artista ha fotografato il volto di centinaia di persone provenienti da tutto il mondo, ha cercato di classificare il colore della loro pelle secondo la scala cromatica “Pantone” e ha posto ogni ritratto su uno sfondo perfettamente corrispondente al fototipo del soggetto. Il progetto, chiamato Humanae, mira a superare la classificazione schematica di pelle rossa, gialla, nera e bianca e a mostrare come la variabilità della natura superi la logica incasellante e limitante dell’uomo, il quale spesso nutre la pretesa di comprendere e di spiegare la realtà intera attraverso le categorie a lui più congeniali.bogota+collage

I soggetti immortalati (residenti in Spagna, Svizzera, Norvegia, Sud Corea, Brasile, Francia e Stati Uniti) sono tutti volontari che, venuti a conoscenza del progetto, hanno chiesto di potervi partecipare.

Commenta Angélica riferendosi al suo impegno, che ancora necessita di molto tempo per essere portato a termine: «Concepisco la fotografia come un dialogo dal particolare all’universale; come una sfida in cui i codici personali e sociali sono messi in gioco per essere reinventati, un flusso continuo tra il fotografo e il fotografato, un ponte tra maschere e identità. Per questa ragione, ho elevato il mio lavoro a strumento di esplorazione, interrogazione e ricerca sull’identità, per se stessi e per gli altri».

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