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“Codice Criminale” non sarà perfetto, ma è efficace

Il film del 2016 Trespass Against Us, uscito nelle sale italiane col nome di Codice Criminale, è la prima pellicola di Adam Smith. Il regista britannico dimostra di avere delle buone qualità, presentandosi con un prodotto interessante, a tratti ambiguo, ma strutturato con intenzioni chiare.

La sceneggiatura, scritta da Alastair Siddons, che lascia allo spettatore il compito di intuire le dinamiche senza preamboli esplicativi, segue le vicende della famiglia Cutler, da anni ai margini della società irlandese, dedita al crimine di professione. Chad (Michael Fassbender) vorrebbe garantire un’istruzione e un futuro ai suoi due figli, abbandonando la tradizionale vita precaria che suo padre, Colby (Brendan Gleeson), difende tenacemente.
trespass-against-us-michael-fassbender-brendan-gleeson-900x0-c-defaultIl film gioca sul contrasto generazionale fra due modelli (di rapporto con la tradizione) incomunicabili. Quello che quindi sembra presentarsi come l’ennesimo action movie si rivela un interessante tentativo di portare il genere ad un livello superiore, aggiungendo una forte componente antropologica, che a tratti fa da padrona, ma che non sempre riesce a distinguersi con originalità.
Gli inseguimenti in auto, le rapine e gli scontri occupano una grossa fetta della narrazione, ma ad essere veramente attraenti sono i ritratti dei protagonisti. Fassbender e Gleeson divertono e si divertono, interpretando due personaggi colmi di ambiguità, ignoranti e surreali. Meno convincenti sono invece alcuni personaggi secondari che, nelle loro pur brevi apparizioni, a volte sono guidati dalla sceneggiatura verso battute stereotipate e scontate. I contrasti etici e gli snodi cruciali della trama sono inoltre affrontati senza la dovuta profondità, con soluzioni non eccessivamente esaltanti, a tratti quasi banalizzanti e prevedibili.

Dal punto di vista tecnico, invece, Smith mette in gioco lo stile acquisito da esperienze disomogenee: dagli episodi delle serie tv, ad esempio Doctor Who (tre episodi diretti nel 2010), ai videoclip musicali e i documentari, fra cui spicca il live album dei My Chemical Brothers Don’t Think (2012). Ne risulta una regia non sempre coerente con sé stessa, per lo più ipercinetica e vibrante, ma che a tratti rallenta molto, alternando quindi picchi stilistici speculari. Per descrivere l’approccio di Adam Smith si potrebbe inoltre parlare di “essenzialità”: essenziale è la colonna sonora, composta da pochi temi e usata con parsimonia; essenziale è anche la cura per la scenografia e le inquadrature, entrambe abitate da una sorta di caos, adatto a far empatizzare con quella che è la condizione dei protagonisti e a dare un senso di realismo alle immagini. Lo stile registico, infatti, sembra ricalcare quello dei reality, con un utilizzo frequente della camera a mano, tanto che sembra quasi di essere di fronte ad un falso documentario.nintchdbpict000269236877-e1474642378957

Codice Criminale è quindi una pellicola non perfettamente compatta e con qualche difetto da smussare, ma perfettamente in grado di intrattenere e far riflettere su di una realtà sociale ai più ignota. Ci sono quindi dei buoni presupposti per pensare che in futuro godremo di produzioni di alto livello da parte di Smith e Siddons. La visione della pellicola è consigliata, se possibile, in lingua originale, poiché sono presenti moltissime espressioni linguistiche peculiari impossibili da rendere efficacemente con la traduzione.

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