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CINQUE CHE PIÙ CINQUE NON SI PUÒ: BUONGIORNO EUROPA LEAGUE

La situazione è molto particolare, quindi proviamo con un esempio.
Avete presente il classico zio semi-sconosciuto e insopportabile che si annida tra il parentado a ogni festa, ricevimento o anniversario? Ecco, proprio lui: immaginate che un giorno si presenti al vostro cospetto, magari a Natale, con un gigantesco regalo, solo e soltanto per voi. Lo scarterete e ci troverete dentro tutto quello che avete desiderato.
Siete stati dei bravi bambini e quello zio così petulante e insopportabile alla fine ha estratto il coniglio dal cilindro, anzi, il cilindro dal coniglio.
E così facendo vi ha salvato il Natale, già, proprio lui: quello di cui a mala pena ricordavate il nome e che mai avevate sopportato.
E sapete perché l’ha fatto? Perché lui è l’unico che poteva farlo.

L’italiano, lingua alquanto rappresentativa del nostro popolo, offre un particolare proverbio, che può fare al caso nostro: “Chi disprezza compra”.
Vero. Anche se, in alcuni casi, siamo noi a essere “acquistati”, attratti e soggiogati da ciò che credevamo disprezzare. Si fa di necessità virtù, è l’arte di arrangiarsi, è ciò di quanto più italiano ci sia.

Quindi ci si ritrova a osservare (anzi, a guardare con piacere) il nostro calcio spadroneggiare in Europa League. Quella “coppetta” da noi tanto bistrattata e indesiderata (esattamente come il nostro zio) ha iniziato a regalarci soddisfazioni (non sono pacchetti di Natale, ma di questi tempi ci si accontenta).
“Ripiego”, “piccola Europa”, “competizione inutile”, etc. Imbarazzata e offesa prima, riscoperta e incensata oggi. Senza alcuna via di mezzo.

coppanelcampo

Dunque, oggi, esattamente, cosa sarebbe l’Europa League?
Per il calcio europeo, per il nostro calcio, per le nostre squadre?
Andiamo con ordine.

Nel 2009 l’Europa League sostituisce la pensionata Coppa UEFA. Sin dalle prime battute, le squadre italiane, più schizzinose di Cracco in un fastfood, la snobbano. Senza se e senza ma. Un po’ perché è considerata un impiccio al campionato, un po’ perché non reputata poi tanto prestigiosa e un po’ perché, comunque, in quel periodo le nostre squadre a entrare in Champions erano ben quattro. Dunque, magari anche giustamente, l’Europa League era considerata un fallimento, senza appello alcuno.

Tuttavia, le cose cambiano. Per noi e per tutti.
Il nostro calcio (così come molte piccole realtà, o grandi club entrati in difficoltà) si è visto via via ridimensionato nel corso degli anni. Sceicchi, la (programmata) rinascita del calcio tedesco e l’Atletico di Simeone (per citare una delle sorprese degli ultimi anni) hanno contribuito.
Questi fattori sono stati fondamentali al nostro decadimento, ci mancherebbe, anche se l’ago della bilancia è stata l’incapacità del nostro calcio in Europa.
(Cosa aveva in più il Galatasaray che cacciò fuori dalla Champions la Juve di Conte? La Roma poteva evitare di prenderne sette dal Bayern?)

Avviene, dunque, una qual certa convergenza delle squadre europee, dai club più importanti alle realtà più piccole, nel tentativo di ottenere visibilità e successo in Europa. Quella più piccola, quella dove tutti (o quasi) possono competere.
In un calcio “a due velocità”, dove i pesci piccoli non possono in alcun modo competere (quantomeno economicamente) con gli squali del mercato, l’Europa League è linfa vitale.

I club italiani non fanno eccezione. Anzi. Passati dall’essere indomabili cicale a quiete formiche, è dal duro lavoro e dal sacrificio che riparte la corsa all’Europa.
Tante parole, ma per molto tempo nulla di nuovo all’orizzonte.

E poi quest’anno…
Fiorentina, Inter, Napoli, Roma e Torino.
Cinque che più cinque non si può. Quasi un terzo delle squadre partecipanti alla competizione.
L’Italia si appresta a iniziare gli ottavi di Europa League al gran completo. Favoriti o non, squadre con più possibilità o meno, rimangono comunque rappresentanti (alcuni più di altri) in grado di arrivare fino alla fine.
Ma andiamoci piano e cerchiamo di analizzare la situazione.

Draw of the round of 16 of the UEFA Europa League

Napoli – Dinamo Moskva

A inizio stagione il Napoli non c’era. Adesso c’è. Adesso no. A volte sì. Forse. Boh.
Opinioni del tutto personali: mercato invernale ottimo (Gabbiadini è un giocatore formidabile) e allenatore giusto al posto giusto (coach con l’esperienza europea di Benitez ce ne sono pochi in circolazione).
Squadra scostante (soprattutto in difesa), ma in grado di giocarsela con chiunque. Soprattutto in una serie a due partite. Inoltre, il San Paolo sarebbe un ostacolo per qualunque squadra, a qualsiasi livello: la vera arma in più insieme ad Higuain.

Zenit – Torino

Chiamatelo “miracolo”, “impresa”, “colpo di fortuna” o “up set”. Dite ciò che volete, ma ricordatevi che state parlando del più grande colpo di scena dei sedicesimi: il Torino che passa contro il Bilbao.
Ho sempre avuto un’attrazione fatale per il sistema e la relativa solidità mentale (se volete chiamatela compattezza o senso di appartenenza alla squadra) dei club allenati da Ventura. Pensateci, è quello a fare tutta la differenza: non c’è il grande nome (come, per esempio, Hulk o Witsel degli avversari), nemmeno il capitale da spendere nel mercato (in media, il valore dei ventitré giocatori nella rosa dello Zenit è di 8,69 milioni di euro; quello dei venticinque del Torino 2,31) e nemmeno uguaglianza di piazzamento nel rispettivo campionato (i russi sono primi per distacco nella Prem’er-Liga russa).
Fattibile, difficile, impossibile? Nessuno conosce il destino del Torino; poco, ma sicuro, è che i granata venderanno cara la pelle. E Villas-Boas lo sa.

Wolfsburg – Inter

Partiamo dal principio.
Da una parte abbiamo un’ottima squadra, dinamica, con una società in grado di programmare e investire sui giovani.
Dall’altra parte della barricata una squadra in crisi nera fino allo scorso anno e con un nuovo allenatore nel nuovo anno.
(Se permettete un appunto, non vedo come la situazione si possa definire risolta o con l’esonero di Mazzarri, o con l’arrivo di Mancini, o con entrambe).
Inoltre, il presidente Thohir, insieme al suo staff, si è dimostrato totalmente incapace di gestire le vicende societarie: ad esempio, quando Guarin (eterno scontento) non andò alla Juve per merito dei tifosi scesi in piazza, o meglio, armati di centoquaranta caratteri su Twitter. Senza poi dimenticarsi del recente “caso Icardi”. Oppure, ancora, parlando di Vidic: firmato in estate al massimo salariale della società (e, dunque, credo io, assegnandogli il ruolo di leader della difesa) solo per essere accantonato dall’allenatore preso in corso d’opera.
Per l’Inter, il cui andamento era (è e sarà, per questa stagione) palesemente sotto le aspettative (a torto o ragione, io non saprei, di chi aveva tali aspettative, personalmente incomprensibili), l’ostacolo non è tanto rappresentato dal Wolfsburg, quanto più dal totale disastro della gestione societaria di quest’anno, se non delle ultime stagioni. L’unica scusa accettabile, in questo caso, è il fatto di avere come avversario una delle pretendenti al titolo. Forse, la vera favorita.

Fiorentina – Roma

Allora, per quanto mi riguarda, ho una sola certezza e un paio di considerazioni.
Di una sola cosa sono sicuro: dopo la fine del turno, alla luce di questa estrazione, le cinque italiane saranno di certo almeno quattro. (Qui inizio e concludo ogni pronostico)
Premesso l’ovvio, mi sbilancio: Roma e Fiorentina possono arrivare in fondo. La prima ha l’organico (forse, sulla carta, il migliore della competizione), l’altra è la squadra (in questo momento) che gioca il più bel calcio in Italia. I giallorossi hanno sofferto contro il Feyenoord, comprensibilmente, vista la difficile vigilia delle due partite della serie; la Viola, invece, forse anche sottovalutata dall’avversario, ha dimostrato enorme compattezza in Europa, eliminando il Tottenham (altra candidata alla vittoria finale). Oggi Firenze respira un’aria diversa rispetto a Roma e, anche grazie all’arrivo di Salah, la squadra toscana sembra aver colmato le difficoltà in zona gol.
Di certo, questa partita è il principale palcoscenico per il buon calcio e per quello italiano (e quanto raramente le due cose coincidano è davvero deleterio).

Un’occasione per loro così come per noi. E per tutti quei club che non possono competere economicamente con i grandi colossi, ma hanno comunque una buona squadra, magari una cultura vincente, o più semplicemente voglia di vincere.
È forse questo (almeno personalmente) il bello dell’Europa League: per una volta, la classe operaia può andare in paradiso.

Nel dubbio, in Italia, aspettano.
Sappiatelo.

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