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Caro Ministro, riprovi alla prossima sessione

di Irene Doda

Si riaccende la fiamma della protesta studentesca. Questa volta oggetto dell’attacco è il decreto Profumo, che sarà varato il prossimo 21 febbraio. Il decreto è controverso, discusso a lungo nella Conferenza Stato-Regioni. In generale tuttavia si inserisce in quella triste tradizione del nostro Paese che tende a considerare la Scuola e l’Università come isole di recupero-crediti, bacini da cui attingere risorse semplicemente tagliando fondi. Spesso, come in questo caso, si usa il diversivo della meritocrazia, che però nient’altro è che uno specchietto per le allodole.
Cosa prevede il decreto: una restrizione dei requisiti economici di accesso alle borse di studio. Anche se le borse verranno aumentate di numero (da 117.000 a 140.000 circa), la fascia ISEE massima per l’accesso è stata abbassata. Questo ovviamente penalizzerà le famiglie del ceto medio, non abbastanza indigenti da rientrare nei limiti della fascia, ma nemmeno così benestanti da non sentire il peso del mantenimento di un figlio agli studi universitari. In più sarà introdotta una differenziazione nei criteri di accesso, su base regionale. La fascia massima nelle regioni del Nord è di 20.000 euro, in quelle del Centro di 17.150, al Sud di 14.300. Questo, oltre a contrastare con il trend europeo (in quasi tutti gli stati si prevede un criterio unico), non favorirà l’istruzione universitaria del Mezzogiorno: anzi, gli studenti, per avere maggiore possibilità di  ottenere borse, tenderanno ad iscriversi agli atenei del Nord. Viene introdotta una stretta sui criteri di merito (i cui dettagli sono spiegati nel comunicato ufficiale della Rete Studenti Universitari). Il valore effettivo delle borse di studio sarà inoltre ridotto dal punto di vista monetario, e ancora una volta a spese degli studenti più deboli: le Regioni aumenteranno infatti la  trattenuta sulle quote destinate a coloro che usufruiscono di alloggi e servizi mensa gratuiti.
Le note tragicomiche non mancano. Lo status di fuorisede è ora definito in base non più alla distanza geografica, ma al tempo di percorrenza dei mezzi pubblici: una variabile assolutamente non prevedibile, per un milione di motivi (e se si perde la coincidenza? E se, come ogni inverno, le ferrovie sono in tilt a causa della neve?). Altra norma incomprensibile è quella che fissa un’età massima per il conseguimento della borsa (e gli studenti lavoratori?)
Meritocrazia? Forse. Certo non possiamo sapere in anticipo quali saranno gli effetti di un decreto-legge. Quello che ci si chiede è perché ogni volta che in Italia si parla di merito lo si associa a dei tagli lineari ai fondi per l’istruzione. Il nostro è un Paese con gravi carenze nell’ambito della promozione delle eccellenze (basti guardare gli sconsolanti dati sulla fuga dei cervelli): ma sempre più spesso la meritocrazia da obiettivo da perseguire, si trasforma in scusa da sbandierare.
Bocciato, Ministro. Ci riprovi alla prossima sessione.

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