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Califfo chi?

Il ricordo più nitido della figura del Califfo risale forse a quel bruco blu annoiato, comodamente adagiato su un fungo dall’aria vagamente velenosa. Quel bruco rispettava gli stereotipi tipici legati al concetto di “Oriente”: fumare la lunga pipa di un narghilè, espirare anelli di fumo (e ogni tanto qualche lettera o disegno), le babbucce con la punta ricurva e un modo di parlare sgrammaticato, ermetico che lasciava la biondissima e dolcissima Alice alquanto perplessa. Il Califfo in realtà è ben altro. Sarebbe bello se fosse (e fosse stato) così semplice!

La parola Califfo viene dall’arabo khalīfā, “colui che succede a”, “colui che prende il posto di”. Il Califfo è dunque il Vicario per eccellenza, ma di chi? In realtà di Maometto. Il suo ruolo, la sua funzione e la sua importanza variano molto a seconda di quale interpretazione viene data loro, visto che alla base non esiste una definizione esatta, nemmeno nel Corano.

Il problema della scelta di un successore si pose al momento della morte del Profeta, nel 632. Finché egli era in vita, sintetizzava in sé tutte le funzioni, politiche o religiose che fossero, in quanto era il Prescelto. Ma quando venne a mancare non aveva lasciato eredi maschi e di fatto non esistevano metodi per eleggerne o sceglierne uno nuovo. Nell’immediato, un collegio di esperti della religione decise che il criterio di scelta sarebbe stato quello elettivo. Perciò Abū Bakr al-Sadiq, uno dei più fedeli compagni e amici di Maometto, fu nominato Primo Califfo. Dopo di lui vennero ‘Umar, ‘Uthmān e ‘Alī. Insieme sono ricordati come i 4 “Califfi Ben Guidati”; erano stati tutti dei compagni di vita nonché amici di Maometto (‘Alī  in realtà era anche suo genero, dato che ne aveva preso in sposa la figlia Fātima).

Le uniche informazioni codificate circa il ruolo del Califfo a quell’epoca ammontavano al fatto che dovesse essere un mandato pubblico di origine divina, il cui scopo era la protezione e l’applicazione della legge coranica (shari’a): chiunque ne fosse depositario era perciò la guida (imām) della Comunità (umma). In origine dunque “Califfo” e” Imam” non erano due cariche distinte e indipendenti, erano la stessa, e appartenevano all’ambito divino del proteggere e assicurare il bene dei credenti.

Nel 656, il Terzo Califfo ‘Uthmān fu assassinato e la successione divenne più complessa. ‘Alī riteneva che alla sua morte Maometto avesse chiaramente indicato un criterio generazionale familiare per determinare il suo vicario. Secondo questa interpretazione, il Califfo non poteva essere che ‘Alī stesso (al di là di questo, ‘Alī era comunque stato riconosciuto Califfo). Ma Mu’awiya, il governatore di Damasco nonché stretto parente di ‘Uthmān, ritenne che proprio la giustificazione del carattere generazionale avesse portato Alī ad ordinare l’assassinio di ‘Uthmān, e per questo motivo non poteva essere eletto. Mu’awiya e ‘Alī si affrontarono in numerose battaglie, fino a che il secondo non venne a sua volta assassinato (in circostanza mai veramente chiarite). La sua morte segnò la definitiva rottura della umma; dapprima unita, adesso si ritrovava divisa in due: da un lato stavano i musulmani sunniti, guidati dal nuovo Califfo Mu’awiya; dall’altro i musulmani alidi (che prenderanno il nome di sciiti nel IX secolo), i quali riconoscevano solo l’autorità dei figli e discendenti di ‘Alī, che definivano le proprie guide come Imam (N.B.: questo non significa che nell’Islam sunnita la figura dell’imam non esista, tutt’altro, è colui che nella comunità ristretta è incaricato, per merito personale e per conoscenza religiosa, di guidare la preghiera più importantenella moschea, quella del venerdì).

Questo breve excursus storico permette di capire la complessità nel definire i contorni di una carica tanto importante. A plasmarne i confini sono stati però due fattori: l’evoluzione storica in generale e l’interpretazione personale del proprio ruolo da parte del Califfo stesso. Per fare un esempio, ‘Uthmān riteneva che la figura del Califfo fosse quella di un primus inter pares (più o meno). Si comportava unicamente come una guida, una funzione che secondo lui apparteneva in ultima istanza alla comunità stessa. Altri, come i “Califfi legittimi” per esempio (chiamati in questo modo dai sunniti in quanto successori dinastici di Mu’awiya) si vedevano più come dei re, e in quanto tali si ritenevano giustificati ad accumulare ricchezza e potere.

Con l’estendersi lento e progressivo in tutto il globo, verso popolazioni sempre diverse e con tradizioni autonome, le figure politiche e religiose si sono lentamente e progressivamente evolute. Il Califfato di derivazione divina si trasformò sempre di più nel potere dell’arbitrarietà; gradualmente dunque da secolare divenne temporale. Per farla semplice, il Califfo da carica religiosa divenne sempre di più una carica politica.

Tornando un attimo sull’accezione originaria, quella per cui il Successore era il maggior custode della scienza religiosa e guida della totalità dei credenti, se ne può dedurre che nel Dar al-Islam (Casa dell’Islam, termine che indica sia l’estensione geografica dei territori musulmani che l’unione complessiva dei credenti) di Califfo ce ne potesse essere uno solo. Anche in questo caso però la pratica contraddice la teoria. Durante il Califfato Omayyade (dinastia creata da Mu’awiya a Damasco), e anche durante quello successivo degli ‘Abbasidi (con capitale Baghdad), ne esisteva in contemporanea un secondo con capitale a Cordoba, in Spagna, che resistette fino al 1031 (per poi disintegrarsi in una moltitudine di regni musulmani indipendenti). Senza dimenticare che, in parallelo i musulmani sciiti erano guidati dai loro Imam, anch’essi depositari in origine dello stesso potere e sottoposti alla stessa evoluzione temporale.

La dinastia ‘abbaside iniziò a declinare tra il X e XI secolo: nessun Califfo riusciva in nessun modo a mantenere la pace nei propri regni. Il potere esecutivo fu dunque demandato a una nuova figura: il Sultano, dall’arabo sultān, “autorità”, “forza”. Egli era il signore della guerra, capace in teoria di riportare l’accordo tra le fazioni in lotta. Di fatto però finì per assorbire il potere politico del Califfo, sancendone così il tramonto. L’istituzione del Califfato tuttavia non rese l’anima in modo rapido e indolore, tutt’altro. Davanti alla pressione sempre crescente delle forze sultaniali, riesumò tutta una serie di giustificazioni religiose che riportavano la figura del Califfo a essere al pari dei 4 Ben Guidati. Dunque, nel momento del trapasso, l’istituzione, che fino a quel momento era stata una commistione di realtà politica e religiosa, fece prevalere il suo carattere puramente religioso come criterio capace di instaurare nuovamente la fiducia necessaria al popolo per preferirlo al Sultano. In altre parole, meglio il Califfo religioso del Sultano politico e militare.

Ma il destino del Califfato era scritto: fu definitivamente cancellato quando i Mongoli saccheggiarono Baghdad nel 1258. Da quel momento non ci furono più Califfi nell’area mediorientale. Fino ad oggi. Fino ad Abū Bakr al-Baghdadi.

L’auto-proclamazione di Califfo (in teoria carica elettiva o ereditaria) sembra volersi inserire in due caratteri specifici dell’istituzione stessa. Da un lato, la volontà di porsi in totale e completo antagonismo alle declinazioni sciite della religione musulmana, riprendendo dunque la figura sunnita rispetto a quella sciita dell’Imam. Dall’altro lato, sembra che al-Baghdadi abbia voluto scegliere questa istituzione nel suo senso di autorità massima. Con il grande proliferare di gruppi musulmani salafiti, integralisti, riformisti, jihadisti (che dir si voglia) in tutta l’area del Vicino e Medio Oriente, il Califfo ha voluto porsi al disopra degli altri. L’ISIS o Daesh, sarebbe dunque più religiosamente autorizzato a portare avanti la sua conquista e la sua lotta, maggiormente giustificato di altri come al-Qāida, al- Nusra o ancora i Mujāhidīn del Pakistan e i Talebani dell’Afghanistan. Un terzo elemento specifico può essere quello della valenza universale della carica del Califfo, che non si limita alla sua area geografica di residenza ma considera il mondo intero. Al-Baghdadi infatti, per quanto sia ora in Iraq e in Siria (con qualche ramificazione sempre più forte in Libia) ambirebbe a diventare la guida e il capo, religioso, di tutti i musulmani sunniti.

Per concludere, torniamo sul semplice: l’attuale Califfo al secolo si chiamerebbe Ibrahim Awad Ibrahim al-Badri, ma la denominazione che invece si è scelto è quella di Abū Bakr, secondo voi perché?

Ammettetelo che vi sareste volentieri fermati alla puerile semplicità del Brucaliffo!

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