Blade Runner 2049: più umano dell’umano

Sono passati 30 anni dall’avventura del cacciatore di replicanti Rick Deckard e della bella replicante Rachael, il mondo in cui Ridley Scott ci aveva introdotto nel 1982 è totalmente cambiato. Nella Los Angeles del 2049 l’agente K, interpretato da Ryan Gosling, è un replicante di nuova generazione che da’ la caccia ai vecchi modelli Nexus 8 che hanno cercato di liberarsi da quella società che li rendeva schiavi. Però le sue indagini porteranno alla luce un segreto che può sconvolgere tutti gli equilibri apparenti tra gli umani e i replicanti.

Da questo punto inizia il sequel diretto dal regista Denis Villeneuve che parte fin da subito con l’intenzione di creare una pellicola che non sia una “replica” di quella originale, ma che allarga gli orizzonti del genere SCI-FI. Infatti Blade Runner 2049 ha una struttura molto diversa rispetto al film dell’82: si è voluto dare più spazio allo snodo narrativo al quale ha contribuito Hampton Fancher, già co-sceneggiatore del primo Blade Runner. Il film vuole essere più diretto verso lo spettatore srotolando verità  senza troppi fronzoli, nel farlo però perde molta di quella poesia presente nella pellicola originale; sono quelle questioni mai dette apertamente, i dubbi esistenziali sul mondo e sulla propria umanità  che formano l’anima unica e indelebile dell’universo creato da Ridley Scott.

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Dal punto di vista tecnico invece il film di Villeneuve può vantare una qualità  altissima sotto tutti i punti di vista: le inquadrature sono molto pulite e precise, riescono a catturare l’emozione di ogni scena del film minuto dopo minuto. La scenografia, elaborata dal già premio Oscar Dennis Gassner, riesce a riportare fin nei minimi dettagli quel mondo di cui ci siamo innamorati nell’82, riuscendo però a cambiarlo, a renderlo più attuale evidenziando in modo velato la continua contaminazione asiatica e l’influenza russa sempre più presente nella società occidentale. Il 2049 appare più cupo e vuoto rispetto al 2019, dove in una sola inquadratura si inserivano una miriade di oggetti, edifici e persone che riempivano la scena in modo impeccabile. Le tonalità e i colori sono regolati ad opera d’arte dal prossimo (si spera) premio Oscar per la fotografia Roger Deakins che ha reso questo film un vero e proprio capolavoro visivo, uno spettacolo per gli occhi. Il direttore della fotografia riesce a catapultarci da un ambiente all’altro con una luce e dei colori puliti che rispecchiano perfettamente quel futuro ideale e minimalista presente nell’immaginario collettivo. Dalla fredda e piovosa Los Angeles, citando molto bene quella del 2019, alla desolata e nostalgica Las Vegas che sembra riprendere i colori della saga di Mad Max.

blade4La pellicola è ricca di personaggi molto interessanti, purtroppo alcuni tra questi non vengono sviluppati molto bene a causa di una mancanza di background nelle loro storie. Bisogna prima di tutto fare i complimenti a Ryan Gosling che ha interpretato magistralmente un ruolo molto difficile, il suo è un personaggio che noi spettatori accompagniamo durante la narrazione alla scoperta delle sue emozioni. L’espressività di questo attore è riuscita a trasmettere sensazioni genuine che vengo amplificate dall’eccellente colonna sonora composta da Hans Zimmer, Jòhan Jòhannsson e Benjamin Wallfisch. Gli archi riescono a dare la giusta angoscia e drammaticità alla scena mentre i suoni elettronici sembrano quasi provenire dal futuro, il mix di queste sonorità rende la pellicola psichedelica e allo stesso tempo molto realistica. L’interpretazione di Harrison Ford invece, sebbene sia stata breve rispetto ai 163 minuti di film, riesce a mostrare al pubblico un volto nuovo dell’agente Deckard e dello stesso Ford che ci si immedesima come icona di un’epoca passata e nostalgica che però rimane essenziale per potersi volgere verso il proprio futuro. Da premiare anche il ruolo delle attrici Ana de Armas e Mackenzie Davis che riescono ad impersonificare rispettivamente l’anima e la perfezione fisica dell’uomo in una scena in cui i personaggi di Joi e Mariette si fondono per creare un momento di pura sensualità e finzione.

Le uniche note negative che si riscontrano sono la perdita di quel lato filosofico e poetico sacrificati per la scorrevolezza della narrazione del film e il personaggio di Neander Wallace che risulta molto macchiettistico e sconnesso, sebbene Jared Leto abbia fatto una bella interpretazione. Scelta del regista che lo differenzia dal lavoro di Scott, ma allo stesso s’impone una limitazione inutile. Con questo però bisogna dire che lo spettatore può assistere al miracolo del Cinema, perché molti fan, me compreso, avevano paura che Villeneuve potesse rovinare una pietra miliare del genere fantascientifico. Il risultato è del tutto opposto, infatti Blade Runner 2049 è un film tecnicamente impeccabile dal punto di vista visivo e uditivo, anche se purtroppo non riesce a sfiorare l’unicità della prima pellicola che ha segnato un’epoca.

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