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Billy Milligan vs Kevin Crumb, ovvero quando la realtà supera la fantasia

di Cristina Spinetti

Era il 1981 quando Daniel Keyes scrisse Una stanza piena di gente. Il libro ripercorre la vita di William Stanley Milligan, conosciuto come Billy Milligan, diventato famoso per il suo disturbo di personalità multipla, oggi ribattezzato Disturbo dissociativo dell’identità (DID): dentro di lui convivevano 24 personalità differenti. Nel 1977 Milligan fu accusato di aver rapito, violentato e rapinato tre studentesse universitarie, da qui prese il via una lunga e travagliata vicenda giudiziaria.

Billy Milligan
Billy Milligan

Inutile dire che ai tempi la medicina e la psicologia si accostavano a questo tipo di disturbi in un modo molto diverso da adesso, lo stesso disturbo di personalità multipla non era ancora del tutto riconosciuto. Milligan passò così tutta la vita a lottare non solo contro la sua malattia, ma anche contro un sistema sanitario che spesso gli faceva del male anziché aiutarlo. In questo contesto si inserisce la figura di Daniel Keyes, famoso scrittore statunitense che prese a cuore le disavventure di Milligan, ne ripercorse la storia e la riportò in questo libro. Il romanzo corre su tre binari: la storia di Billy, le vicende giudiziarie e quelle mediche.

La particolarità della sua vita e un concatenarsi di situazioni resero Milligan un fenomeno fortemente seguito dalla stampa e dalla popolazione statunitense, rendendolo forse il più famoso caso di DID.

Inutile dire che Kevin, il protagonista dell’ultimo film di Shyamalan (Split) sia estremamente ispirato alla figura di Milligan, come ha dichiarato il regista stesso in alcune interviste. Non solo perché anche lui ha 23 personalità (sì, Milligan ne ha 24, ma la 24esima, come vedremo, si differenzia fortemente dalle altre) ma anche perché le sue identità hanno caratteristiche simili a quelle di Billy, nascono anche loro da traumi infantili e soprattutto parlano utilizzato gli stessi termini.

In Split Kevin ci parla di una stanza dove ogni persona (sia lui sia Milligan non accettano il fatto che le personalità che si manifestano al loro interno siano parte di un unico individuo) è seduta su una sedia. In mezzo a questa stanza c’è un fascio di luce e quando qualcuno “entra nella luce” si manifesta attraverso Billy, agisce tramite il suo corpo e comunica con chi gli sta attorno, il tutto mentre le altre personalità “dormono”. Questa è esattamente la descrizione che Milligan ha dato di sé stesso.

Molto simile è anche la gerarchia interna delle personalità. Durante il film non vedremo tutte le identità di Kevin, ma possiamo facilmente capire che tre di queste non sono ben volute, per qualcosa che hanno fatto o per quello che dicono e pensano, mentre una sola personalità può decidere chi può andare nella luce e chi no.

Il protagonista Kevin Crumb interpretato da James McAvoy
Il protagonista Kevin Crumb interpretato da James McAvoy

Per Milligan funzionava allo stesso modo. Delle sue personalità i dieci potevano entrare nella luce, ma solo se l’identità che era in quel momento al comando lo permetteva (il leader cambiava se Billy si trovava in un momento di pericolo o in un periodo di tranquillità) altri tredici erano gli indesiderabili, personalità che avevano compiuto azioni che andavano contro le regole che i ventitré avevano stabilito, e che quindi avevano perso la possibilità di entrare nella luce. Negli ultimi anni è emerso anche il maestro, una personalità che rappresenta il mix di tutte le altre, l’unico che sa tutto e che può controllare tutto, nonché colui che ha permesso a Keyes di scrivere il libro. In mezzo a tutte queste identità, quella iniziale, il povero Billy, “dormiva”. Gli altri lo tenevano in uno stato di incoscienza per impedirgli di tentare il suicidio, come faceva ogni volta che dopo un periodo di confusione riusciva a riprendere coscienza di sé, ritrovandosi in luoghi e tempi sconosciuti con il terrore di aver fatto del male a qualcuno.

È chiaro che non si può paragonare ciò che può dirci un libro di più di 500 pagine con quello che possiamo vedere in un film di due ore, ma nessuna sceneggiatura potrà mai arrivare alla perfetta costruzione della vera storia di Milligan.

Shymalan ha preso la storia di Billy, ne ha riutilizzato le regole, si è ispirato alle caratteristiche delle sue personalità e ha messo in scena una cosa molto diversa, ma che corre su dei binari pericolosamente vicini. Pericolosamente perché per chi, come me, ha letto il libro la sensazione di deja-vù è accompagnata durante il film da un costante senso di incompletezza. Conoscendo bene le personalità di Billy, sono sicura di avere messo dentro ai personaggi di Split un sacco di cose che non c’erano. Sarei curiosa di poter capire il livello di lettura di questo film che può avere una persona che ancora non ha letto il libro di Keyes, probabilmente sarebbe come se avessimo visto due film diversi.

Una stanza piena di gente è la versione romanzata della sceneggiatura di una storia perfetta, piena di mistero, curiosità, emozione e tristezza. Le ventiquattro personalità di Milligan spaziano fra differenti età, sessi, orientamenti sessuali, caratteristiche fisiche, luoghi d’origine, interessi. Ognuna di loro disegna, ma ciascuna disegna soggetti diversi dagli altri, sono tutte intelligenti ma di intelligenze differenti, c’è un bambino di otto anni che non parla, una bambina di tre anni che disegna farfalle, un forzuto uomo di origine slava, un intelligentissimo inglese, una ragazza lesbica, un ebreo ortodosso, e mi fermo qui per non svelarle tutte. La mente di Billy ha creato dentro di sé un sistema di difesa nei confronti degli abusi subiti tanto elaborato quanto perfetto e nessuna sceneggiatura può arrivare a un tale livello di complessità e perfezione.

Sono tanti i parallelismi che possiamo trovare tra il libro e il film. In entrambi si parla di abusi subiti durante l’infanzia, in entrambi c’è una personalità estremamente intelligente che tiene tutto sotto controllo, c’è anche una personalità femminile forte e indesiderata, abbiamo poi la personalità di un bambino, ci sono i disegni, la gerarchia, la promiscuità sessuale, il divieto di toccare le donne, e tutto viene a galla dopo il rapimento di tre giovani ragazze. Poi la storia vera prende la sua strada tra processi, ospedali psichiatrici, tentati suicidi, crisi, misteri e rivelazioni che si concludono con l’arrivo del maestro, una specie di identità suprema e benevola. Il film invece si spezzetta mettendo un po’ di Billy in altri personaggi e creando una sua mitologia cupa lontanissima da ciò che troviamo nel libro. Split si avvia verso una conclusione estremamente diversa se non addirittura opposta rispetto a quella che è stata la vita di Milligan, morto di cancro nel 2014 dopo un’esistenza passata a entrare e uscire dagli ospedali psichiatrici, in balìa delle cure e della sua lotta per riprendere il totale controllo di se stesso.

Split è un film interessante, Kevin è un personaggio ben fatto, l’attore (James McAvoy) è bravissimo, ma ciò che di più curioso vediamo in lui è semplicemente un eco della vera storia di Billy Milligan. Quando la realtà supera la fantasia.

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