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“Better Call Saul”: via alla quarta stagione

IMG_7698Il 7 agosto, in un’afa estiva che non è riuscita a sopire l’entusiasmo per l’evento, ha debuttato in esclusiva Netflix la première  della quarta stagione di Better Call Saul, acclamato spin-off  dell’ancora più acclamata Breaking Bad: la serie TV per antonomasia, frutto delle fatiche di Vince Gilligan e Peter Gould. Un insieme maestoso, organico e adrenalinico che, lungo cinque stagioni, ci ha fatto seguire col fiato sospeso la discesa nelle tenebre di Walter White (Bryan Cranston; meglio noto al grande pubblico, in precedenza, come “il papà di Malcom“), malato terminale fattosi kingpin  della droga.

Avviandosi ora alla sua quarta stagione, Better Call Saul  non pare più tanto distante dalle glorie della serie originale: forte, oltretutto, dell’esperienza della stessa, di cui pure costituisce un prequel.

Ambientata in quella Albuquerque (New Mexico) che di Breaking Bad  ha costituito il palcoscenico pressoché esclusivo, Better Call Saul  ha per protagonista Jimmy McGill (un bravissimo Bob Odenkirk): avvocatucolo irlandese formatosi per corrispondenza, propenso più a scappatoie al limite della legalità che a grandi manovre da tribunale. Un ciarlatano inoffensivo e di buon cuore, che impallidisce di fronte ai signori della droga di cui si troverà a curare gli interessi in Breaking Bad. Con un nome diverso: Saul Goodman, il Saul del titolo.

A tale premessa si riconducono gli assunti dello spin-off. Better Call Saul  è la storia di come Jimmy McGill diventa Saul Goodman. Da piccolo avvocato di provincia ad avvocato del Diavolo (di provincia). Una trasformazione snodatasi lungo tre stagioni, e destinata a durarne ancora due: sarà con l’avvento della quinta, forse, che la farfalla del crimine potrà finalmente uscire dal suo bozzolo, lasciandosi alle spalle le relazioni che l’hanno ancorata alla sua serie per tuffarsi nel più cupo universo di Breaking Bad.

Come si è comportata la serie, finora?

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L’elevata, elevatissima direzione artistica di Better Call Saul  (paragonabile – se non addirittura superiore, in determinati frangenti – a quella della serie madre) è stata affiancata da un comparto narrativo di tutto rispetto. Una ragnatela di incontri, eventi e flashbacks  che, oltre a mostrarci l’evoluzione di Jimmy, ci ha permesso di seguire in assoluta compiutezza il percorso di diversi altri personaggi. Veterani di Breaking Bad  e icone indiscusse del grande pubblico quali Mike Ehrmantraut (Jonathan Banks) e Gus Fring (Giancarlo Esposito) sono stati affiancati da new entries come Chuck McGill (Michael McKean) e Ignacio “Nacho” Varga (Michael Mando; per chi mastica videogiochi, il Vaas Montenegro di Far Cry 3): neofiti caratterizzati e ben riusciti; ultimi ma non superflui tasselli di un mosaico destinato a ingrandirsi ancora.

Rivolgendoci ora, in conclusione, solo a chi le prime tre stagioni le ha già viste: dove avevamo lasciato tutti costoro, alla fine della terza?

IMG_7699Jimmy, messo alle strette da Chuck per la sua mancanza di professionalità e l’esibita illegalità dei suoi numerosi escamotages, ha evitato di farsi ritirare la licenza di avvocato esponendo al mondo l’apparente falsità della singolare, debilitante fobia di Chuck, quella per i campi elettromagnetici. Il loro rapporto, già conteso tra i poli di rancore e premura fraterna, non ha potuto che uscirne infranto. E Chuck, persa anche la sua quota nel prestigioso ufficio che ha contribuito a fondare (Hamlin, Hamlin & McGill), è caduto in uno stato catatonico. A pochi metri di distanza da una lampada a gas, c’è da dire: causa dell’incendio che, di lì a poco, è divampato per la sua abitazione, illuminandola a giorno.

Altrove, Mike e Gus sono andati a intessere rapporti sempre più stretti, gettando le basi per l’infallibile partnership lavorativa che li caratterizzerà in Breaking Bad. E il primo risultato di tale collaborazione non si è fatto attendere: con l’aiuto del gangster rivale Nacho, preoccupato dalle indiscriminate tendenze omicide del suo datore di lavoro, Mike e Gus hanno causato un attacco cardiaco a Hector “Tio” Salamanca (Mark Margolis), spietato boss del cartello messicano e patriarca di una famiglia di soli killer. Forse proprio l’attacco che, all’alba di Breaking Bad, avrà costretto Hector su una sedia a rotelle, con una smorfia perenne sul volto e un campanello fin troppo trillante sotto le dita.

Che dire. Questa quarta stagione ne avrà, di cose da dire.

Stay tuned. Con Jimmy, e con noi.

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