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Assange contro tutti: i nuovi sviluppi del caso WikiLeaks

di Francesco Iacona

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Nel numero di Inchiostro di questo mese viene pubblicato un articolo intitolato “Il caso WikiLeaks: tra scandalo e libertà di informazione” in cui abbiamo raccontato brevemente la storia di quello che può considerarsi sicuramente il sito web più discusso del momento, i cui contenuti hanno causato scandali e timori a livello mondiale. Abbiamo quindi formulato una riflessione sulla legittimità della diffusione di tali contenuti e sui limiti eventuali che regolano, o dovrebbero regolare, la libertà di informazione tanto acclamata da Julian Assange, attivista australiano nonché fondatore e maggior esponente di WikiLeaks.

Adesso riteniamo di dover completare e aggiornare le informazioni sulla vicenda, che nel frattempo ha avuto ulteriori sviluppi.

In seguito a un mandato di cattura internazionale, emesso il 18 novembre 2010 dal tribunale di Stoccolma, Assange è stato arrestato il 7 dicembre nel Regno Unito dopo essersi consegnato di sua spontanea volontà alle autorità britanniche.

Le imputazioni emanate nei suoi confronti sono: stupro, molestie sessuali e coercizione illegale, per aver costretto a rapporti sessuali non protetti due donne svedesi, Anna Ardin  e Sofia Wilén.

Il motivo dell’arresto, perciò, non concerne, almeno ufficialmente, le responsabilità di Assange riguardo al putiferio diplomatico creato tramite WikiLeaks, ma eventi della sfera privata. Infatti, al momento del mandato d’arresto, non esisteva alcuna prova a suo carico che non fosse la testimonianza delle due donne. Il provvedimento, pertanto, desta sospetti, soprattutto se si considera la coincidenza temporale con la rivelazione da parte di WikiLeaks di informazioni che, secondo il Pentagono, rappresentano «un tentativo irresponsabile di destabilizzare la sicurezza globale» .

Assange rimane in carcere sino al 16 dicembre, quando viene rilasciato grazie alla cauzione di duecentomila sterline pagata dai suoi sostenitori. Questa sua liberazione comporta delle restrizioni: gli arresti domiciliari e l’obbligo di portare un braccialetto elettronico in modo da essere sempre rintracciabile.

Nel frattempo che gli avvocati di Assange e il tribunale decidevano sulla sua scarcerazione, c’era chi lavorava per far pagare a Mr. WikiLeaks tutti i danni creati.

Nel mese di dicembre, infatti, la Svezia presenta una richiesta di estradizione alle autorità britanniche per poter processare Assange riguardo all’accusa di stupro mossa dalle due donne. Nello stesso tempo anche il governo americano richiede la sua estradizione, della quale ha discusso con il governo svedese. Perciò, si fa largo l’ipotesi di una doppia estradizione: prima in Svezia e poi negli USA.

Negli Stati Uniti Assange verrebbe incriminato per spionaggio, reato riguardante la pubblicazione nel web di documenti riservati e segreti. In questo caso, secondo i suoi legali, egli potrebbe rischiare addirittura di essere condannato alla pena di morte o alla detenzione nel carcere di Guantanamo.

La difesa del fondatore di WikiLeaks è a doppio binario. Da un lato si basa sulla contestazione della liceità della richiesta di estradizione da parte del governo svedese e dall’altro sulla considerazione che se Assange finisse nelle mani degli americani, magari passando prima dalla penisola scandinava, potrebbe essere sottoposto a pene che  violerebbero la Convenzione Europea dei Diritti Umani.

L’esito della vicenda si scoprirà tra il 7 e l’8 febbraio 2011, giorni nei quali il tribunale di Londra ha fissato l’udienza in cui si dovrà decidere sull’estradizione dell’imputato.

Lo scenario internazionale di questa storia è ancora più ampio di quanto sembri. Assange in questo momento si trova agli arresti domiciliari nel Regno Unito, mentre Svezia e, soprattutto, Stati Uniti chiedono la sua testa. Ma non è finita qui, perché c’è un altro Stato coinvolto che potrebbe creare problemi giudiziari ad Assange: l’Australia, ovvero il suo paese d’origine.

Il 29 novembre, infatti, il ministro della giustizia di questo paese, Robert McClelland, dichiara che l’Australia è intenzionata ad investigare sulle attività di diffusione di informazioni riservate da parte di WikiLeaks e del suo fondatore perché tali attività comporterebbero la violazione di numerose leggi dell’ordinamento giuridico australiano. McClelland, inoltre, non esclude la possibilità del ritiro del passaporto australiano ad Assange.

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