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Onde: Artrum, i cortometraggi del Festival di Torino

Untitled (Human Mask)Pierre Huyghe, 2015

Tehran-GelesArash Nassiri, 2015

ChoquesSophia Al Maria, 2015

Artrum, ovvero, una selezione di sei cortometraggi come sottocategoria della sezione Onde. A ispirare il nome, la parola scritta e ripetuta dal Danny di Shining: redrum, che letta al contrario significa “omicidio” (in inglese murder). I tre titoli più interessanti di questa sottocategoria sono, invece, immuni a qualsiasi percorso di lettura a ritroso che tenti di ricomporne le rispettive realtà, come è evidente soprattutto in Untitled (Human Mask), inquietante fotografia di una Fukushima apocalittica devastata dall’incidente nucleare, la cui intera vita sembra essersi condensata nell’ibrida figura di una scimmia con maschera umana, unico e disorientato essere vivente in un mondo senza Storia slegato da qualsiasi prospettiva temporale, mosaico di orrore senza possibilità di soluzione. Anche Tehran-Geles si presenta come un inestricabile puzzle i cui tasselli sono letteralmente sovrapposti uno sull’altro: sulle riprese aeree dell’occidentale Los Angeles scorrono le voci degli abitanti dell’orientale Tehran, che vediamo nel finale, mentre tempi e luoghi si confondono dando corpo e voce a un altro ibrido; soluzione analoga a quella scelta da Sophia al Maria in Choques, retto interamente da un montaggio convulso, ritmicamente in sintonia con suoni e immagini dei festeggiamenti di una Doha dopo la notizia dell’assegnazione dei Mondiali di calcio del 2022 al Qatar e delle proteste contro la Fifa scoppiate a San Paolo nel 2014.

Tre storie di città senza narrazione, tre geografie immaginarie fuori dal tempo e dallo spazio, congelate nella fissità di una memoria disorientata dagli eventi.

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