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Arcadia Comix – Intervista a Ivo De Palma

Lo scorso fine settimana, al multisala Arcadia di Melzo, si è tenuta la prima edizione dell’Arcadia Comix, festival dedicato al fantastico e alla cultura pop in generale. Ospite dell’evento Ivo de Palma, doppiatore italiano di serie animate, televisive e videogiochi, nonché storica voce di Pegasus de I Cavalieri dello Zodiaco. Dopo aver tenuto una conferenza sugli aspetti tecnici del doppiaggio, De Palma mi ha gentilmente concesso un po’ del suo tempo per una chiacchierata sul suo lavoro e le sue idee in proposito:

 

Qual è la parte che le piace di più del suo lavoro?

Bella domanda. Sono varie le parti belle. Intanto c’è questa cosa del “quel personaggio lì parla con la tua voce”, ed è una magia che incanta ancora adesso che è passato tanto tempo dalla prima volta. E poi mi piace che la voce si incarica di trasmettere molto più di quello che strettamente e materialmente dice. Il nostro lavoro paradossalmente, ed è questo il bello appunto, è che impariamo a dire bene le cose per far arrivare tutte quelle altre che non diciamo ma che devono arrivare.

Cosa deve fare un buon doppiatore per rimanere tale?

Un buon doppiatore, è auspicabile, deve lavorare spesso. Un po’ come andare in bicicletta o nuotare. Poi c’è una maturazione personale e una crescita, anche solo per il fatto che l’età avanza e questo ti apre a nuove vie e tipologie di personaggi. È una crescita continua e, a meno che uno non rimanga fermo per tre anni, se lavora di continuo rimane bene in allenamento.

Spesso si accusa il doppiaggio di rovinare il prodotto originale. Quali sono gli accorgimenti stilistici e linguistici che adoperate per rendere massimamente giustizia al prodotto originale?

Intanto c’è da dire che qualche volta la gente se la prende col doppiaggio quando invece i problemi sono altri, e cioè di adattamento e traduzione. Bisogna capire bene in questi casi qual è il bersaglio della critica, ad esempio a volte una cattiva traduzione. L’originale comunque sarà sempre imbattibile per il fatto che quella voce arriva da “lui”, da egli stesso che sta parlando. Una voce tra l’altro che è inserita perfettamente nella colonna sonora e nei rumori di fondo. Noi lavoriamo di più in verticale: incidendo la voce in studio, lavoriamo di più sugli aspetti psicologici della voce e i non-detti. In questo senso cerchiamo di supplire al fatto inevitabile che non siamo stati noi a fare la scena cercando di aggiungere quel surplus di introspezione psicologica che la registrazione in studio permette.

Lei ha detto durante la conferenza che spesso, nell’animazione, lavorate con prodotti già finiti e completi, a differenza dei doppiatori originali, i quali, non raramente, incidono la voce prima ancora che l’episodio stesso sia disegnato. Per la sua esperienza, cosa è meglio? Lavorare su un prodotto già finito o su uno che ancora deve essere realizzato?

Beh chiaramente su un prodotto che deve ancora essere animato il grande vantaggio è che non hai il sincrono in mezzo ai piedi, e questo ti dà più libertà di recitazione. Ma a volte il gusto del lavoro del doppiatore è quello di adeguarsi a un prodotto che è già finito. Noi lo guardiamo in originale e cerchiamo di coglierne gli aspetti più pregnanti. In questo modo quindi possiamo dare un risultato che, secondo me, confrontato con l’originale è quanto meno adeguato.

Lei ha lavorato anche nel mondo dei videogiochi. Cosa ne pensa della relazione di amore/odio tra cinema e videogiochi e, se c’è, pensa si tratti di una relazione proficua?

C’è da dire che io non sono un videogiocatore, anche se in effetti la mia voce è spesso presente nei videogiochi. Certamente i repertori dei videogiochi si avvicinano di più a certi repertori cinematografici, in particolare del cinema d’azione. Si ha a che fare con personaggi che hanno più la mia età invece che vent’anni. Mentre invece in una sitcom trovi solo giovanissimi. E quindi in qualche modo esiste una similitudine tra i due mondi che di fatto tiene ancora in gioco quei doppiatori che non hanno più vent’anni.

Qual è il lavoro/serie alla quale è più affezionato e perché?

Sembrerò banale se dico i Cavalieri dello Zodiaco ma è così. È la serie che è durata di più e poi quell’universo lì da qualche anno è ancora in pista, quindi chiaramente ci sono molto affezionato. Ma ci sono stati altri personaggi che mi sono piaciuti. Peccato però che siano durati tredici o ventisei episodi. Mi sarebbe piaciuto che durassero molto di più ma io non ci potevo fare niente. I Cavalieri dello Zodiaco hanno segnato la mia carriera e sono arrivati quando proprio avevo bisogno di questo tipo di personaggi, per far vedere quello che avevo imparato e la mia abilità. Negli ultimi anni son tornati e mi hanno dato modo di dimostrare che valgo ancora (ride, ndr).

Cosa consiglia ai giovani che vogliono avvicinarsi alla sua professione?

Tanta motivazione e soprattutto tanta preparazione. Il livello di qualità minima per entrare si è alzato parecchio da quello dei miei tempi. Questo perché è un lavoro che piace a molti. Quindi serve tanta “capa tosta” e buone capacità di partenza. Poi uno può darsi una scadenza e decidere che entro sei mesi o un anno lo trasforma in un lavoro. E, proprio per la dedizione che vi si richiede, è bene pianificare prima altre eventualità come una laurea o un parto.

Un’ultima domanda: dove potremmo sentirla in futuro?

Sono ancora molto attivo in Naruto (Gai Maito). Per il resto sono un po’ meno presente negli anime e nelle serie animate in generale ma mi si trova nel web e nelle fiere appunto.

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