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ANTEPRIMA: Narcos, la terza stagione

Abbiamo guardato in anteprima le prime quattro puntate della terza stagione di Narcos.

La paura più grande è stata disattesa: senza Wagner Moura (Pablo Escobar), può funzionare, e anche bene.

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Abbiamo visto in anteprima le prime quattro puntate di Narcos, la terza stagione attesissima, pure con grande preoccupazione. La dipartita di Wagner Moura nel grasso e sdraiato Pablo Escobar (prevedibilissima per via di quella grande entità spoilerante quale la Storia) ha difatti indotto a più di qualche perplessità. Partiamo dalla questione più importante: Tu Yo sarà ancora la canzone d’entrata? E saranno ancora le scene da mocumentary a fare da sfondo alle note latino-americane? Ci sarà ancora la macchina infuocata a conclusione, con quel suo scoppiettio familiarissimo da caminetto e tazza di tè? Sì (grazie a Dio), sì e no. Nel senso che non skipperete neppure questa volta la sigla, che cercherete di carpire il più possibile da quel quasi servizio da telegiornale e che la macchina esplosa delle prime due stagioni scompare: i più attenti ricorderanno che l’immagine ricorrente in fondo ha richiamato un punto narrativo centrale della serie e si pensa che, nuovamente, il nuovo frame serva a richiamare un luogo del season finale: una montagna di soldi brucia incessante.

Domanda seconda: riusciranno i fratelli Gilberto Rodríguez Orejuela Miguel Rodríguez Orejuela a sobbarcarsi con merito l’eredità? Rispondiamo sì, certamente, e diremo di più: Miguel, il fratello “silenzioso” dei due, scatena nello spettatore una curiosità irrefrenabile, nonostante il ruolo un po’ in ombra delle precedenti stagioni. Gli occhi malinconici, la voce profonda, forse un amore impossibile.

Ci sbilanciamo: il primo episodio (“di transizione”, “introduttivo”) è una perla. Poco meno di un’ora che scorre con grande facilità e con pause molto calibrate: i Fratelli Rodríguez, Pacho e Londoño, la cupola criminale del Cartello di Cali, possiedono il più grande impero economico mai costruito, ma con la morte di Escobar lo stato della Colombia e la DEA hanno puntato il dito contro di loro, dovranno perciò elaborare una strategia, un piano che possa tirarli fuori da quell’enorme gogna internazionale che alla fine aveva condannato anche il primo re della droga. Numerosi i nuovi personaggi, alcuni incuriosiscono molto, altri in realtà li ricordiamo ai margini delle scorse stagioni, ed emergono in uno slancio di vita fuori dall’anonimato. Tra questi anche uno sfavillante Miguel Ángel Silvestre che qualcuno ricorderà per il suo Lito in Sens8.

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E l’agente Peña? Costantemente minacciato da coloro che conoscono i suoi passati rapporti coi Los Pepes, è apparentemente impossibilitato a muoversi, portato in secondo piano. Ma l’episodio primo esordisce proprio coi suoi teneri baffi, la sigaretta e il bicchiere costantemente in mano. La scelta di regia è una chiara comunicazione: sarà ancora lui uno dei protagonisti, nonché la voce narrante. Ma non diciamo di più.

Non mancheranno il denaro, le scene adrenaliniche degne del miglior Breaking Bad, le belle donne, le grandi feste, le grandi uccisioni. Non mancheranno neppure i dannatissimi gringos, pronti a tutto per mettere le mani nel potenzialmente fruttuosissimo mercato della Colombia. Non mancherà quella dose di magia che tanto ci ha fatto innamorare.

«Il realismo magico si verifica quando in un’ambientazione realistica e minuziosamente dettagliata s’introduce un elemento troppo strano per essere credibile […] Non per niente il realismo magico è nato in Colombia». La cinepresa aderisce ad una realtà cruenta, ad una storia di distruzione, droga, morte, talmente estranea dalla nostra realtà che proprio la violenza diventa l’elemento poco credibile.

Il succo? Non crucciatevi. Grazias Chris Brancato, hai giocato ed hai vinto la scommessa, per ora: è sempre Narcos, non abbiate paura.

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