Anteprima – Hitchcock
di Silvia Piccone
Cosa succederebbe se qualcuno di veramente bravo decidesse di adattare per il cinema una storia altrimenti destinata a giacere tra le impolverate rimanenze di vecchie librerie reparto horror di serie B?
Esce in Italia il 4 Aprile e sarebbe da non perdere: un film biografico diretto da Sacha Gervasi che racconta quel momento di passaggio importante nella vita di un artista che da buon regista, di lì a poco sarebbe diventato il tondo profilo più immortale del cinema di tutti i tempi: Alfred Hitchcock.
Da esordiente giovane e scalognato (sono note le sventure che lo afflissero durante la lavorazione del suo primo film, girato per buona parte in Italia, delle quali parlò anche nella famosa conversazione-libro avuta con l’amico Truffaut) a uomo cinico ed apparentemente misogino. Un percorso di vita complesso, così come la sua fragile ed al contempo supponente personalità affiancata per tutta la carriera da una grande donna da lui sempre apparentemente un poco bistrattata: la sua collaboratrice, montatrice e sceneggiatrice Alma Reville, unico e lungo amore di una vita.
Non sarebbe facile per nessuno realizzare un film sull’intera vita del maestro: anche in questo caso la trama si concentra su un particolare periodo della vita di Hitchcock, quello corrispondente alla pre produzione, produzione e post produzione di Psyco.
Siamo in pieno periodo americano per il regista britannico che ha diviso la sua carriera tra la propria patria (dagli anni Venti ai Quaranta) e l’amata-odiata Hollywood (dai Quaranta ai Settanta): una Hollywood non ancora in grado di fidarsi ciecamente di un artista volubile, mai ingabbiato in un genere particolare dunque imprevedibile soprattutto per la legge del sacro botteghino – spietato termometro dell’America del cinema – dal cui giudizio nessuno si è mai saputo sottrarre.
Ma così come non fu un marito facile per la santa moglie Alma, nel film mai sessualmente desiderata all’interno di un rapporto inglese pudico e represso nella camera dai letti divisi e la carta da parati fiorita, anche come regista Sir Alfred ebbe di che discutere con i grandi studios che volevano censurarlo. Unico regista al mondo probabilmente capace di girare i propri film in modo tale da consentire un unico montaggio possibile, quello già diabolicamente presente fin da prima dell’inizio delle riprese nella sua mente, sfuggendo ad ogni taglio di sorta da parte di produzioni mai disposte al rischio e troppo restrittive per un eccelso sperimentatore come lui.
Anthony Hopkins gelido e quasi perfetto in un ruolo non facilmente riproponibile, anche nelle cadenze dei dialoghi e nella presenza statuaria di un uomo autoritario e talvolta pauroso, affiancato dalle belle e fintamente vuote Scarlett Johansson e Jessica Biel, vere e proprie Hitchcock blondes sofisticate e terrorizzate.
Come da copione, anche questo film, dopo aver ricevuto una nomination agli Oscar, non si è aggiudicato alcun premio, così come non vinse mai nessun Oscar a suo tempo Hitchcock stesso, pur diventando uno dei geni cinematografici più ricordati della storia.